27-06-2023

Il riscatto della Capitanata: visita al pastificio pugliese che autogestisce l'intera filiera

L'antica Daunia, un territorio con molte difficoltà, dove l'azienda di Cerignola Arteagricola ha investito con coraggio e determinazione, ma anche con un approccio etico e sostenibile

Le spighe di grano Senatore Cappelli

Le spighe di grano Senatore Cappelli

«Pensa, credi, sogna e osa. E qualunque cosa tu faccia, falla bene». La frase è di Walt Disney e contiene tutto il senso dell'esistenza e l'invito a non fare mai meno del proprio meglio. Potrà sembrarvi curioso ma questo concetto si può ritrovare in Arteagricola, azienda pugliese di Cerignola (Foggia), specializzata nella produzione di pasta e farine da grani antichi, prevalentemente Senatore Cappelli, originario di questi luoghi. Per caso scopro che quella pasta, in piccoli quantitativi, arriva a Parigi a Eurodisney, una delle fantasiose case proprio di Walt Disney, a conferma che se semini bene nulla è impossibile. Ho visto Walt Disney nella favola di Arteagricola mentre le menti che l'hanno "disegnata" si sono ispirate ad un pensiero di Enrico Mattei: «L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono». Che, a pensarci bene, è uno stimolo a sognare e osare, insieme.

Massimo Borrelli e Savino Del Vecchio

Massimo Borrelli e Savino Del Vecchio

Arteagricola, nata nel 2007, ha una storia coraggiosa: ha costruito una visione di futuro in un distretto come quello della Capitanata, terra scippata alla sua vocazione, ferita da una desertificazione in espansione progressiva all'ombra dei relitti industriali che avevano impoverito i campi e incrementato l’esodo umano. Terra, non dimentichiamocelo, dove la criminalità organizzata resta tuttora una piovra spavalda che non arretra i suoi tentacoli. Senza il coraggio di non aver paura e l'amore appassionato per la terra dove sono appoggiate le proprie radici, Arteagricola non sarebbe nata. «Sono cresciuto – spiega il fondatore e Ceo Massimo Borrelli, classe 1971 – con l'amore viscerale per il mio territorio, come mi ha insegnato papà licenziatosi dalla Fiat perché non riusciva a stare lontano dalle sue origini. Nel tempo ho maturato l'idea che ognuno di noi può e deve contribuire al miglioramento dell'ambiente in cui vive. Ma da soli è impossibile costruire qualcosa di grande, occorre fare squadra inseguendo un obiettivo comune. Ognuno con le proprie competenze e professionalità, ma con la certezza di essere complementari l'uno all'altro. Non a caso abbiamo iniziato a sognare Arteagricola io e il mio amico Savino Del Vecchio nel 2006 in una serata di birre e grappa in un pub di Manfredonia...».

Una storia di imprenditoria etica

Arteagricola

Arteagricola

L'entusiasmo di Massimo è contagioso: laureato in legge, non ha mai indossato la toga ma l'università gli ha insegnato «il metodo per trovare le cose quando mi servono» e poi ci hanno pensato le teorie di rigenerazione agroecologica dei suoli del parigino Istitut de l’agriculture durable e del premio Nobel Rattan Lal a dargli le chiavi e le illuminazioni per osare e vedere oltre e dentro l'impossibile.

E in quel impossibile diventato possibile, abbiamo voluto entrarci anche noi per vivere quella che è innanzitutto una storia di imprenditoria etica, nata per non tradire mai ciò da cui tutto parte e dove tutto torna: la terra. Massimo ci guida in questa favola catturandoci per i concetti che ritornano frequentemente dialogando con lui: «Il valore di un'azienda agricola è la terra». «Mettere al centro la terra ha migliorato il grano». «Devi prenderti cura della terra, del lavoro, del capitale». «Io non voglio dare lezioni a nessuno ma custodire la tradizione».

Massimo Borrelli

Massimo Borrelli

Nulla è stato facile, ma le sfide complicate sono quelle più belle: trasformare quotidianamente un problema in un'opportunità è uno stimolo, soprattutto «in un territorio dove il tasso e la ferocia della criminalità sono pazzesche. Ma con orgoglio possiamo dire di non aver mai subito né intimidazioni né sgarbi: diversamente da ciò che ci aspettavamo il territorio è orgoglioso di quello che facciamo. Agli inizi nessuno avrebbe scommesso su di noi, ci davano dei matti e noi stessi qualche volta ce lo siamo detti. Ma oggi siamo un esempio e un serbatoio di forza lavoro. Siamo partiti in 2, poi sono arrivati Pasquale, Carlo, Claudio... Oggi siamo una famiglia in continua crescita. Crediamo e investiamo molto sui giovani, anche grazie alla collaborazione con 2 istituti che si appoggiano a noi per l'alternanza scuola e lavoro. Martina, la nostra agronoma, ha 25 anni ed è uscita proprio da quella esperienza».

Uno per tutti, tutti per uno

L'azienda si estende su 900 ettari coltivati a cereali, non i soliti ma quelli di una volta: dal grano duro Cappelli al grano tenero Solina. E poi lino, segale, orzo, pisello, ceci, farro. L'orgoglio è anche quello di aver restituito 300 ettari all’agricoltura locale, prendendosi cura di terreni che non erano più coltivabili. «Sì – ricorda con commozione Massimo - , abbiamo iniziato ribaltando le certezze in atto che parlavano di una terra che poteva dare poco o niente anche per l'assenza di acqua. Siamo partiti rilevando una seminatrice abbandonata perché non sapevano utilizzarla, abbiamo dato il via ad un esperimento nelle peggiori condizioni possibili, ma ci eravamo stufati di sentire la nostra gente lamentarsi senza fare nulla per rialzare la testa. Papà e i nonni mi hanno sempre insegnato che bisogna assumersi il dovere di portare la croce, prendendosi il rischio che si possa cadere».

La verità è che quando Arteagricola nel 2007 viene fondata alle spalle ci sono già almeno 5 anni di studio e di ricerca e la squadra che la battezza è responsabile e motivata: oltre a Massimo, c'è il fratello Gennaro, la sorella Laura («lei non è l'unica donna nella società ma un maschio alfa», scherza), l'amico Savino Del Vecchio, esperto consulente ambientale, riscopertosi appassionato agricoltore e Matteo Conteduca, storico agricoltore del territorio. «Per noi – sottolinea Massimo – il concetto di pasta è esclusivamente artigianale: conta la qualità più che la quantità perché l'obiettivo è preservare sapori e saperi antichi. E poiché per produrre pasta buona occorrono solo grano e acqua abbiamo fatto una scelta precisa. Coltiviamo a Cerignola ma abbiamo posizionato il nostro pastificio e il molino a 70 chilometri di distanza: a Candela, sui Monti Dauni, dove possiamo utilizzare l'acqua prelevata direttamente dagli Appennini. Il nostro motto è dal campo alla tavola perché abbiamo l'autogestione totale della filiera: dalla produzione dei semi alla molitura delle farine, fino alla realizzazione dei vari formati trafilati al bronzo e caratterizzati da un'essicatura che non supera mai i 32° per un tempo che va dalle 24 alle 72 ore, a seconda del formato e dello spessore della pasta. Il tutto per non alterare la qualità originaria della semola e non disperdere nulla dei valori proteici, nutrizionali e organolettici tipici del grano duro. Noi non importiamo da altri un solo chicco di grano. Finito il nostro grano, finita la nostra pasta. Ne produciamo 16 quintali al giorno e non si può andare oltre».

Non solo: «Da noi si semina esclusivamente su sodo per non alterare le proprietà della terra, i nostri terreni non sono pettinati e per il rispetto della biodiversità tendiamo a non ripetere mai le stesse colture ma a procedere con la semina di varietà e tipologie sempre diverse così da crescere sempre più rigogliose, secondo le indicazioni di Rattan Lal. Optiamo per semi autoctoni perché si adattano meglio al suolo e il suolo a loro. E poi rilasciamo sul terreno i residui colturali e concime organico autoprodotto perchè tutto ciò che è uno scarto per noi è una risorsa che restituirà alla terra più di quanto ci ha già dato». Una rivoluzione che gira intorno a un seme: questa è davvero una favola di azienda. Con me, sono certa, sta sorridendo compiaciuto anche Walt Disney.

Il seme della rivoluzione

Arteagricola è talmente rivoluzionaria da distinguersi come esempio unico in Italia: l'azienda è completamente autosufficiente non solo nella produzione delle materie prime e nella loro trasformazione, ma anche sotto il profilo energetico e termico, grazie a un futuristico impianto di biogas a nullo impatto ambientale, capace di pompare 15 mila kW al giorno. Arteagricola ci ha creduto così tanto che non si è fatta scoraggiare neppure dalle estenuanti lungaggini burocratiche. «E' un impianto integralmente alimentato dai sottoprodotti della lavorazione agricola e agroalimentare dell’azienda – spiega Borrelli - , in grado a sua volta di produrre non solo energia e termica ma materiale organico ad alto potere fertilizzante che reimmettiamo nel terreno. Per metterlo a regime ci sono voluti 38 nullaosta da 38 enti diversi. È stato autorizzato nel settembre 2009, iniziato a costruire da subito ed entrato in funzione il 21 dicembre 2010. Prima di arrivare a questa data abbiamo percorso 600 mila chilometri in due anni, visitando i progenitori dello stesso impianto costruiti in Baviera, poi Trentino, Lombardia e Piemonte. Abbiamo partecipato a convegni e studiato testi. Infine ci siamo assunti il rischio di costruire per primi in Italia un impianto di biogas dalle caratteristiche uniche, epicentro di un modo di fare agricoltura pioneristico. Un solo dato: abbiamo sottratto all'ambiente circa 40 mila tonnellate di scarti annuali, ottenendo autosufficienza energetica elettrica e termica, nonché economica». Massimo fatica a parlare di soldi perché le rivoluzioni, si sa, scoppiano più per un'ideale che per un rendiconto economico. L'investimento iniziale per costituire l'azienda agricola è stato di 15 milioni di euro, il fatturato annuale è di 2 milioni di euro («potremmo moltiplicarlo per quattro volte, invece procederemo un passo alla volta senza scorciatoie»), per andare a regime ci vorranno forse 20 anni. Crederci e osare. Punto. E a capo, perché non è finita qui.

Dal campo alla tavola: tutto in un QR

Ogni confezione di pasta è accompagnata da un codice QR che ne racconta l'intera storia: dove e quando sono stati messi a dimora i grani (dal lotto di produzione alla geo localizzazione del campo), la storia e la crescita completa del seme (semina, maturazione delle spighe, raccolto) fino alle analisi multi residuali e nutrizionali estese e a ogni singola fase di lavorazione. Non la semplice tracciabilità imposta per legge ma una sorta di patto etico solidale tra azienda e consumatore che può leggere tutto il mondo che sta dentro a ogni singolo maccherone, fusillo, orecchietta, spaghetto, bucatino integrale («Siamo gli unici a produrlo»)... E attenzione perché le menti di Arteagricola sono un divenire senza sosta e, ne siamo certi, qualche altro formato è già allo studio, ma sempre con gli stessi valori sostenibili, buoni, sani e tramandati. Già, perché la memoria è fondamentale per custodire il futuro. C'è una curiosità che rallegra l'economia domestica: 100 grammi di secco crescono almeno 2,2 volte dopo la cottura. Con le debite proporzioni un piatto di pasta costa come una tazzina di caffè. Per scelta questa pasta non la trovate sugli scaffali della grande distribuzione, ma sul portale e-commerce di Arteagricola (www.arteagricola.it, maccheroni e spaghetti i più richiesti), nelle piccole botteghe di quartiere che sanno selezionare e raccontare i prodotti rari ma anche in qualche cucina stellata che si è innamorata a prima vista del concetto "dal campo alla tavola", come è successo a Viviana Varese.

Mauro Petronella

Mauro Petronella

Tutto il buono e sostenibile che troviamo nella paste Arteagricola si sta allargando ad un progetto più ampio legato agli stessi principi che abbiamo imparato a conoscere: e così ecco che anche il pane, grazie ad un rete di artigiani del territorio, diventa Pane agricolo, tracciato in ogni sua singola forma, impastato esclusivamente con lievito madre, realizzato solo con grani antichi per preservare il gusto della tradizione e il rispetto della salute. Tra i primi a crederci c'è stato il giovane Mauro Petronella, terza generazione di panettieri ad Altamura, la città del pane. Lui, proprio come la squadra dell'azienda di Cerignola, ha scelto di dare un valore differente al pane, allontanandosi dalla più facile strada di quello che fanno tutti per incamminarsi su una strada di valore e di valori. «Ho sbagliato tanto -racconta – per non sbagliare più. Ed ora quei semi di grano antichi danno al mio pane il profumo che cercavo». Nel pieno rispetto della terra e persino per la felicità di Andy Warhol che disse: «Avere la terra e non rovinarla è la più bella forma d'arte che si possa desiderare».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Paola Pellai

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Paola Pellai

giornalista professionista, nata in un'annata di vino buono. Ha spaziato in ogni settore, dallo sport alla politica perché far volare in alto la curiosità è il sistema migliore per non annoiare e non annoiarsi. Non ha nessuna allergia né preconcetto alimentare, quindi fatele assaggiare di tutto. E se volete renderla felice, leggete il suo libro di fotostorie, Il tempo di uno sguardo

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