Fantasia, erudizione, tecnica e piacere. Sono i quattro elementi che caratterizzano oggi l’esperienza gastronomica de I Pupi a Bagheria (Palermo), ristorante di Tony Lo Coco e Laura Codogno, marito e moglie, rispettivamente chef e responsabile di sala del locale all’ombra delle settecentesche mura della suggestiva Villa Palagonia. Cuoco esperto e di personalità, Lo Coco si conferma tra i più bravi, stagione dopo stagione, a rinnovare intenzioni e idee consolidando un’identità umana e culinaria che, col passare del tempo, è diventata vero e proprio sigillo di garanzia.
La predisposizione dello chef bagherese è quella di saper distillare nei piatti, grazie a uno stile unico e personale, la sua conoscenza di tradizioni e storie. Il risultato è una cucina che celebra il territorio, diretta, fine, curata nei dettagli e che non perde di vista gli obiettivi principali: divertimento e piacere di chi si accomoda al tavolo.
Divertimento e piacere che deliziano fin dagli amuse bouche: Taco con formaggio di capra girgentana e gelatina di bitter Campari, Noodles fritti con crema di broccolo in tegame, Biscotto salato con salsa di bottarga e succo di yuzu, Chips di patata (a forma di Pupo) con limone candito, Vellutata di fagiolo “badda” con crema di verdure spontanee e croccante di anacardi, Scarola croccante con sarde e finocchietto, Cocktail di insalata contadina con estratto di arancia, cipollotto scalogno e olive e il Finto panino con milza “maritata”.
Superbo il primo antipasto:
Quenelle di scampi crudi con salsa di broccoletti, broccoletti fermentati, finger lime, cialde di sedano croccante e aria di bisque di scampi, elegante incontro di mare e terra, comfort e acidità; segue il
Finocchio fermentato con gelatina di arance, aringa leggermente affumicata, olive bianche disidratate, caviale e salsa al vino bianco, rivisitazione di un classico di Trinacria. Molto interessante
Il riccio nel suo fondale marino: sabbiolina di grano Tumminia, spugne di salicornia e prezzemolo, guscio di riccio fritto con polpa di riccio crudo, di lunga persistenza, dalle texture terrose con vigorose sensazioni iodate; buono il
Macco di fave con stracotto di vitello, croccante di ceci, rughetta selvatica e foglie d’argento.
Dedicati allo
sfincione, sorta di pizza alta e soffice tipica dello street food locale, sono i
Plin ripieni di ricotta e tuma serviti su vellutata di cipolla stufata, salsa all’acciuga, e pan grattato abbrustolito, incedere goloso e intenso di morbidezze, croccantezze e affumicature; d’alta scuola il vibrante
Tortello di ragù di pesce con caciocavallo, verdure amare e brodo di gallina, ben costruito, tecnico e armonico per consistenza e sfumature umami.
La Seppia sporca necessita di una premessa dello chef: «I pescatori di questa zona spesso cuocevano le seppie appena pescate direttamente sulla carbonella senza pulirle e senza eviscerarle. Aggiungevano olio, limone e il piatto era pronto – e conclude – Era economico e sostenibile perché della seppia non veniva buttato niente».
Dalla narrazione a un piatto eccellente:
Seppia cotta su carbone di legno di ulivo, flambata sulla parte superiore, ripiena con “caponata bianca” di carciofi, capperi e mandorle, guarnita con salsa all’acciuga, sale di Mothia, latte di mandorla e nero di seppia. Superlativo, rotondo e allettante per aromaticità, profondità e per un’appassionante scia dolce.
Complessa e intrigante, tra tante creazioni più comode, la Guancia brasata con polpo murato, bieta flambata e salsa di loto fermentata; chiusura in festa con la Mousse di cioccolato fondente con vaniglia, crumble di frutti di bosco e gelato di fava tonka.
Tony Lo Coco è abilissimo nel racconto di territori e tradizioni siciliane, ancor più palermitane, con un linguaggio assolutamente al passo coi tempi: tutte le produzioni partono da materie prime preferibilmente autoctone e, attraverso tecniche classiche e moderne, si trasformano in capolavori di gusto e di equilibrio. È una cucina siciliana contemporanea, razionale, di straordinaria forza evocativa ed emotiva che coccola ed entusiasma l’ospite dall’inizio alla fine del viaggio.
In evidenza la proposta di vini al calice divertente e ricercata tra le 1300 etichette selezionate dal bravo Andrea Prizzi, da due anni sommelier della struttura.

Quenelle di scampi crudi con salsa di broccoletti, broccoletti fermentati, finger lime, cialde di sedano croccante e aria di bisque di scampi

Il servizio degli amuse bouche

Finocchio fermentato con gelatina di arance, aringa leggermente affumicata, olive bianche disidratate, caviale e salsa al vino bianco

Il riccio nel suo fondale marino: sabbiolina di grano Tumminia, spugne di salicornia e prezzemolo, guscio di riccio fritto con polpa di riccio crudo

Macco di fave con stracotto di vitello, croccante di ceci, rughetta selvatica e foglie d’argento

Plin ripieni di ricotta e tuma serviti su vellutata di cipolla stufata, salsa all’acciuga, e pan grattato abbrustolito

Tortello di ragù di pesce con caciocavallo, verdure amare e brodo di gallina

Seppia cotta su carbone di legno di ulivo, flambata sulla parte superiore, ripiena con “caponata bianca” di carciofi, capperi e mandorle, guarnita con salsa all’acciuga, sale di Mothia, latte di mandorla e nero di seppia

Guancia brasata con polpo murato, bieta flambata e salsa di loto fermentata

Mousse di cioccolato fondente con vaniglia, crumble di frutti di bosco e gelato di fava tonka