Seconda giornata di incontri, dialoghi e approfondimenti presso l'Istituto Professionale Enogastronomia Ospitalità Alberghiera Sandro Pertini di Brindisi, che ha accolto la quinta e penultima tappa del del ciclo Puglia, Identità e Storie di Gola, parte di un’attività pluriennale di valorizzazione dell'enogastronomia pugliese.
Dopo Brindisi il gran finale sarà a Taranto, i prossimi 5 e 6 dicembre. Oggi vi proponiamo invece degli estratti dagli interventi dei sei relatori di questa seconda giornata, mentre a questo link trovate la cronaca della prima giornata.
Il disegno dell’ospitalità secondo ALMA. Giacomo Bullo, Communication Manager, ALMA, Colorno (Parma)
Il compito di rompere il ghiaccio e aprire la seconda giornata brindisina è stato affidato a un professionista abituato ad avere a che fare con i giovani studenti, in qualità di responsabile della comunicazione della scuola di cucina
ALMA, la più importante scuola di alta formazione del nostro paese.
Giacomo Bullo ha preso la parola rivolgendosi così a un pubblico che ben conosce: «Il lavoro di ALMA è soprattutto dialogare con voi, con i giovani che si accostano alle professionalità della cucina e dell'ospitalità».
Azzardo è stata una delle parole chiave del suo intervento, a simboleggiare il coraggio quasi avventato con cui è nata ALMA, una scuola di alta formazione fondata a Colorno, in provincia di Parma, in una struttura, che fa parte della Reggia di Colorno, per molti anni lasciata in stato di abbandono, dopo essere stata adibita per decenni a manicomio. Un azzardo che però ha interpretato le esigenze di un mercato alla ricerca di un approccio nuovo, dinamico, alla formazione. Nel 2003 si individuò nel maestro
Gualtiero Marchesi la figura ideale per svolgere il ruolo di rettore della scuola e dal 2004 iniziarono i corsi. Se in quel primo anno gli allievi furono solo tredici, da allora al 2022 sono stati dodicimila gli studenti che si sono diplomati, con una percentuale di successiva occupazione nel settore enogastronomico pari al 95%.
Villaggio è stata un'altra parola chiave dell'intervento di
Bullo, usata per indicare l'unione di diverse specializzazioni manifatturiere sotto lo stesso "cappello" tematico, come succede con il concetto francese
village ouvrier. Questa unione è ben rappresentata dalle diverse specializzazioni che vengono offerte dalla didattica di ALMA: cucina, pasticceria, arte bianca, sala e sommelerie, management. «Quando inizierete a fare esperienze lavorative in questo settore, capirete che queste diverse professionalità sono tutte collegate tra loro ed è importante che si parlino, che collaborino», ed è questo lo spirito con cui ALMA ha costruito la propria proposta didattica. La valorizzazione delle professioni del mercato enogastronomico passa anche dal
Premio MAM, che celebra i Maestri d'arte e Mestieri ed è promosso dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Nel campo dell’enogastronomia sono 13 i Maestri premiati, ad ogni edizione, in altrettanti ambiti, selezionati da una commissione di esperti ALMA che, insieme alla Fondazione, ha ideato il Premio: «Artigiani del gusto che meritano di essere riconosciuti per le loro competenze e sapienze». Infine
Giacomo Bullo ha anche raccontato di
Life Climate Smart Chefs, progetto europeo di ALMA è partner, finanziato dal Programma LIFE dell’Unione Europea, che vuole generare nuove consapevolezze circa l'emergenza climatica, per portare a scelte maggiormente sostenibili nell'interpretazione della propria professione.
Storia di un successo: “Marzapane” il sapersi ripensare. Mario Sansone, Marzapane, Roma
Le successive lezioni della mattina hanno presentato agli studenti dell'
Istituto Sandro Pertini di Brindisi tre diverse storie professionali, tre percorsi umani che hanno portato al successo e alla realizzazione di progetti ambiziosi e di qualità. Il primo dei tre protagonisti che abbiamo ascoltato è stato
Mario Sansone, patron del ristorante
Marzapane di Roma, un imprenditore della ristorazione che ha saputo costruire un'insegna di grande fascino, dimostrando anche la capacità di cambiare nel tempo, adattandosi alle circostanze, agli obiettivi che si è prefissato, alle situazioni che ha dovuto affrontare. La storia di
Marzapane inizia nel 2013, quando
Sansone lascia il ruolo di responsabile food di
Eataly Roma, e passa da una allora appena 22enne chef spagnola, con alle spalle esperienze importanti nella cucina d'autore iberica, ma sconosciuta in Italia:
Alba Esteve Ruiz. Il successo del ristorante non tarda ad arrivare, ma l'eccessiva esposizione crea un graduale scollamento tra le intenzioni di
Sansone e quelle della sua chef. Nel 2018 avviene la separazione:
Esteve Ruiz lascia il ristorante e
Sansone affida a due cuochi,
Francesco Capuzzo Dolcetta e
Guglielmo Chiarapini, la guida della cucina.
Recuperando così un approccio, che era sin dall'inizio negli intenti dell'imprenditore, legato alla celebrazione delle materie prime, alla stagionalità, alla creazione di una filiera cortissima di approvvigionamento, che permettesse di affidarsi esclusivamente a piccoli produttori, allevatori, pescatori. E nuovamente
Marzapane ottiene un grande successo. Arriva il Covid e rappresenta una nuova difficoltà:
Sansone l'ha interpretata con coraggio, prima creando un pop-up estivo sulla spiaggia di Agrigento, con esiti entusiasmanti. Poi cambiando sede al ristorante, per poter contare anche su uno spazio all'aperto. L'ultimo cambiamento in corsa che ha dovuto affrontare
Mario Sansone ha portato a un nuovo avvicendamento in cucina:
Guglielmo Chiarapini diventa padre, questo lo porta ad allontanarsi da Roma e il suo socio in cucina decide di accompagnarlo. Il titolare di
Marzapane ancora una volta non si perde d'animo e sceglie
Tommaso Tonioni come nuovo chef, questa volta in continuità con il lavoro fatto dai cuochi che l'hanno preceduto, trovando da subito una grande sintonia con lui. «Oggi
Marzapane – ha concluso
Sansone – è un ristorante con i conti in perfetto ordine e con un'identità chiara, stiamo lavorando tantissimo e guardiamo al futuro con entusiasmo».
Oltre al piatto. Giovanni Pizzolante, General Manager, Le Dune Group, Porto Cesareo (Lecce)
E' stata poi la volta di
Giovanni Pizzolante, leccese, manager della ristorazione, che ha aperto il suo intervento raccontando di aver iniziato il proprio percorso professionale studiando, alla fine degli anni '80, proprio in un istituto alberghiero pugliese, a Otranto in particolare. E ancora oggi pensa che quegli studi lo abbiano arricchito molto, tanto da permettergli di entrare da subito nel mondo del lavoro, in grandi catene alberghiere. Poi però sceglie di tornare a studiare, ad Assisi, per laurearsi in Economia del Turismo. Grazie alla sua tesi di laurea si innesca un circolo virtuoso che lo porta a girare il mondo con il proprio lavoro: Inghilterra, Francia, Spagna, prima di fare ritorno, assecondando i desideri della sua famiglia, in Salento. Qui dà vita alla sua società, la
GPH Tourism, con cui assiste le nuove aperture in campo alberghiero.
Nel 2012 avviene poi l'incontro con la famiglia
Grandioso di Porto Cesareo e l’approdo a
Le Dune Group come General Manager. Seguono anni di fruttuosa collaborazione, che genera numeri da capogiro che rendono le
Dune la struttura con più alto rendimento di tutto il Salento.
Pizzolante ha poi spiegato come il compito di una figura professionale come la sua sia spesso di trovare il giusto equilibrio tra diverse istanze ed esigenze. Così come quando deve affrontare la necessità di inquadrare all'interno di un business plan i costi generati dalle scelte di uno chef, spinto dal suo desiderio di creare e stupire, ma anche quando ha dovuto convincere la proprietà a ridurre i coperti del proprio ristorante, passando da 220 a 120. Puntando in quel caso sulla qualità, e sull'identità della struttura che ambiva a un pubblico di alto livello, più che sui numeri, valorizzando così l'intera proposta ricettiva, e ottenendo come risultato finale anche un miglior risultato economico.
Identità camaleontica. Jacopo Mercuro, 180 grammi, Roma
La storia professionale di
Jacopo Mercuro, pizzaiolo titolare dell'insegna romana
180 grammi, che in questi anni si è affermata come una delle più interessanti novità per la pizza contemporanea, è iniziata in modo molto diverso. Il suo destino professionale, assecondando i desideri del padre avvocato, lo avrebbe portato verso codici e tribunali, più che farine e forni. Ma
Mercuro non era felice e trovava invece la propria gioia quando tornava a casa e si dedicava a giocare con impasti e lievitazioni, avendo
Gabriele Bonci come uno dei suoi miti. Fino a decidere di investire tutti i suoi risparmi nell'apertura di un piccolo locale dove fare pizza in teglia. Una scelta coraggiosa, che si rivela la migliore possibile. La crescita di
Jacopo Mercuro è stata infatti velocissima, grazie alla qualità indiscutibile del suo lavoro. Il passo successivo lo porta a dedicarsi alla riscoperta della pizza alla romana: leggera, sottile, croccante.
180 grammi nasce dalla celebrazione di questa specialità, di cui il peso del panetto è un simbolo eloquente: «Avere un'identità chiara è un elemento fondamentale per affermarsi in questo mercato, ma è importante anche saper fare evolvere la propria identità, adattandosi alle circostanze».
E' quello che ha saputo fare
Mercuro durante il difficile periodo del Covid, quando sceglie di dedicarsi al delivery e di investire sull'apertura di una nuova sede della sua pizzeria, concentrando gli sforzi del precedente locale solo sulle consegne. Una scommessa ampiamente vinta: oggi
180 grammi è una delle pizzerie più premiate d'Italia. E la pizza romana vive, sicuramente anche grazie all'impegno di
Mercuro, una stagione di grande popolarità, anche fuori dalla capitale. Per dare un assaggio del proprio lavoro,
Mercuro ha deliziato il giovane pubblico dell'
Istituto Sandro Pertini con una pizza in teglia chiamata
Tuberi e Radici. «E' una pizza che racconta bene la ricerca che stiamo facendo in questo periodo, anche per come abbiamo cotto la base di questa pizza. Che è arrivata qui a Brindisi precotta, abbattuta e sottovuotata, per poi essere rigenerata qui, ottenendo un risultato di grande fragranza e croccantezza, grazie all'uso delle tecnologie contemporanee». Su quella base ben descritta dallo stesso
Mercuro, una crema di patate arrosto speziate alla curcuma, una carota marinata e laccata al bbq, una scapece di topinambur e della polvere di barbabietola. Un assaggio delizioso subito prima della pausa pranzo.
Formaggio, che emozione! Come creare valore attraverso il racconto e l’esperienzialità. Francesco Gubert, Story teller di territorio, Trento
Le due testimonianze che hanno caratterizzato il pomeriggio della seconda giornata di
Puglia, Identità e Storie di Gola a Brindisi sono arrivate da altrettanti appassionati comunicatori e divulgatori di preziosi patrimoni enogastronomici. Il primo protagonista è stato
Francesco Gubert, trentino, presentato come
Cheese story teller, un narratore caseario, oltre che un esperto assaggiatore e affinatore di formaggi. Il formaggio è infatti la grande passione della sua vita, una passione nata crescendo in una comunità montana dove la tradizione casearia è elemento fondante. «Il formaggio, in Italia – ha spiegato
Gubert – è ancora vissuto da molti come un prodotto non particolarmente nobile. Un prodotto contadino, in qualche modo dozzinale, e questo è un limite notevole». Per
Gubert invece il formaggio è un veicolo di emozioni, frutto di un delicato equilibrio tra pochi ingredienti: potrebbero sembrare solo tre, latte, sale e caglio. Ma ce n'è un quarto altrettanto importante, ha spiegato
Gubert, che è il tempo.
«Nei formaggi d'alpeggio l'arte di sapere aspettare è quella che dà valore e profondità a una forma. Non è facile attendere, perché con il passare del tempo il formaggio perde costantemente peso, non a caso dalle mie parti si usa dire che avere una forma a stagionare è come avere un ladro in casa». Con sé
Francesco Gubert ha portato un formaggio di malga stagionato 26 mesi e, a dimostrazione di quanto aveva appena spiegato, ha raccontato come quando l'aveva acquistato dal casaro pesava circa 7 kg, mentre due anni dopo il suo peso era sceso a poco meno di 5 kg. L'assaggio di questo delizioso formaggio ha rivelato aromi di burro cotto, sapidità, una piccantezza intensa ma non aggressiva, frutto di un'attenta maturazione. «Ogni forma è un pezzo unico, con delle caratteristiche proprie», ha poi detto
Gubert, regalando al pubblico alcuni consigli su come interpretare il mondo caseario. Avere curiosità, visitando sempre nuovi produttori, selezionare belle storie da raccontare quando si serve un formaggio o si presenta un carrello, riconoscere e intercettare i bisogni del pubblico a cui ci si rivolge, creare esperienze diverse, coinvolgenti, stimolando la curiosità e la voglia di sperimentare del pubblico. Come certamente sa fare, anche solo con le sue parole,
Francesco Gubert.
The Etik-Beker: storia di un macellaio giornalista nel mondo della comunicazione. Fabrizio Nonis, Macellaio, Giornalista, Esperto gastronomo
Il compito di chiudere la due giorni di Brindisi è stato affidato a un esperto e dinamico divulgatore e comunicatore del gusto come
Fabrizio Nonis, noto anche come
Etik-Beker, nato da una famiglia di macellai e macellaio a sua volta: «Mio nonno faceva il macellaio, mio padre era macellaio, io ho fatto il macellaio per 25 anni, prima di entrare in contatto con il mondo della comunicazione», ha spiegato
Nonis, che nel corso della sua carriera come volto televisivo ha collaborato con programmi importanti come
La prova del cuoco su RAI1 e firma programmi di cui è il protagonista per
Sky,
Gambero Rosso Channel,
Food Network. Da ambasciatore della gastronomia italiana nel mondo, oltre che delle eccellenze carnivore, Nonis ci ha tenuto a sottolineare agli studenti del
Pertini come esista una sola lingua veramente universale: il cibo. Un esperanto capace di gettare ponti e di comunicare in modo diretto, semplice, immediato e umano.
Ad animare il suo lavoro, sia quando si trova nella sua macelleria (ma accade sempre meno, ha confessato), sia quando lavora in tv e viaggia per il mondo con i suoi progetti, c'è una passione incrollabile, evidente in ogni sua parola e gesto. «Fate il lavoro che amate e ne sarete gratificati, fate il lavoro che vi appassiona e sarete capaci di rispettarne ogni suo aspetto. Il rispetto è fondamentale quando parliamo di carne: dobbiamo avere grande cura degli animali che sacrifichiamo per mangiare la loro carne, il mio approccio etico mi porta oggi a suggerirvi di esplorare i tagli considerati meno nobili, perché dobbiamo imparare a sfruttare e celebrare ogni parte dell'animale che uccidiamo. Così potremo mangiare più carne, ma in modo più etico e sostenibile». Sempre parlando di rispetto della materia prima carne,
Nonis si è espresso con toni critici rispetto alle frollature estreme, alle marinature e salamoie molto spinte, perché la carne quando è di qualità va conservata nel suo sapore più vero. Così come per lui l'eccesso nella ricerca della marezzatura delle carni, che porta anche a prezzi eccessivi per chi le compra, è una tendenza poco convincente.
Con un ultimo applauso, e molti affettuosi saluti, si è chiusa così la tappa brindisina di Puglia, Identità e Storie di Gola. Appuntamento ora, per la due giorni finale, a Taranto. Su queste pagine troverete la presentazione del programma e la cronaca di ciò che avverrà i prossimi 5 e 6 dicembre.