Come un bambino in una stanza piena di giochi, qualcuno già spacchettato, qualcuno da aggiustare, qualcosa ancora da scartare. Con gli occhi che brillano e lo sguardo fisso verso una lista di obbiettivi da raggiungere, Riccardo Canella - diventato da pochi mesi chef del ristorante Oro del Belmond Hotel Cipriani - è entusiasta della sfida. Una nuova casa, una residenza che allo stesso tempo è scuola, palestra, motore di idee e possibilità per questo giovane ragazzo ex sous-chef al Noma di Copenaghen per otto densi anni. «Avevo voglia di tornare in Italia, di riavvicinarmi a questi territori a me cari e provare a portare qualcosa di diverso non solo per la realtà in cui mi ritrovo ma per il territorio stesso che ci ospita».
Il contesto in cui si trova ora a lavorare, quello dello storico hotel veneziano, contempla la grande eredità di chi ha preceduto Canella e nel medesimo tempo un grandissimo potenziale da scoprire e quindi valorizzare. «Sto imparando molto, ogni giorno. La squadra è costantemente in evoluzione, i lavori da portare avanti sono diversi e finalmente ho sottomano gli aspetti manageriali della mia professione, il lato economico, la comunicazione, il tutto affrontato con il punto di vista di un grande gruppo internazionale».

La sala dell'Oro. Foto Mattia Aquila
Oltre al ristorante
Oro, aperto esclusivamente a cena, una stella Michelin con pochi elegantissimi tavoli,
Canella è diventato il responsabile di tutto il comparto
food and beverage della struttura. Si spazia quindi dal room service h24, allo snack bar fronte piscina con proposte di comfort food internazionale e mediterraneo, fino al ristorante
Il Porticciolo. Quest’ultimo è stato totalmente rinnovato in termini di arredi; per il momento è aperto solo a pranzo con una amplia proposta di raw bar curata dallo chef e una buvette di champagne al calice.
Per coloro che hanno piacere a provare un’esperienza immersiva e altra rispetto a ciò che la laguna ha tradizionalmente accolto, una cena da Oro è comunque d’obbligo. Il percorso degustazione Divenire comprende otto portate di carne, pesce e verdure mentre la seconda proposta è interamente vegetale, Vegetum. Non c’è una carta libera, i piatti sono pensati per essere legati tra loro, un flusso di sapori progressivo: ci si diverte a sfatare certe aspettative, a spezzare i ritmi tradizionali del servizio e ci si ritrova circondati da un caleidoscopio di forme e profumi. Ogni portata è presentata al tavolo vuoi dallo chef, vuoi da giovani commis (ancora un po' timidi nel mostrarsi al cliente ma con gli occhi pieni di luce e passione).
È una cucina coloratissima, dove l’imprinting
Noma è più che tangibile, alla vista e in bocca, in parte italianizzato e adattato a un contesto differente. Tra l’orto dell’hotel, nel giardino Casanova, e le isole circostanti si riesce a soddisfare il bisogno complessivo di materia prima in quantità e qualità lavorando su tante varietà di ortaggi, aromi, funghi, tuberi. Il vegetale torna ad acquisire dignità e uno status di pari importanza rispetto a carne e pesce, stupendo ad ogni boccone. «Quello che mi interessa è il gusto. Quando un cliente assaggia un mio piatto, quel boccone deve essere esplosivo, al di là di quanta ricerca possiamo avergli dedicato e quanta tecnica sia servita per realizzarlo».

Sopra: Baccalà mantecato al koji, cialde di riso al nero di seppia, foglia d’ostrica, caviale. Sotto: Fiore di zucchina in tempura, caffè, lavanda & Tartelletta di porcini, mandorle, tartufo nero

A sinistra Vongole veraci, acqua di pasta fermentata, olio di alga e finocchietto di mare. A destra Taco di polenta, schie, salsa d’uovo al limone, olio al peperone crusco, origano messicano & Goccia d’oro, olio foglie sedano, ricci di mare, curry veneziano
Riccardo Canella ama i funghi, il lievito, il tartufo, la fermentazione e tutto ciò che contribuisce, in un modo o nell’altro, a incrementare quella nota di umami determinante in tante preparazioni. Si parte quindi con
Pollen/ta a base di miso e polenta bruciata che si presenta con un bosco di erbe, germogli e aromi di campo. Si beve con la cannuccia mentre il naso si perde nel profumo dei fiori.
Smascherato è invece un cracker di alga e polenta ricoperto di fiori a realizzato con una maschera veneziana in miniatura: una piccola opera d’arte, è croccante in bocca, i petali dei fiori accarezzano le labbra in un esercizio gustativo cui il nostro palato non è molto abituato, ma che spiazza e conquista. Mordendo il cracker è come se facessimo cascare quel muro di protezione e accettassimo il patto narrativo con lo chef: via la maschera per iniziare un percorso gastronomico insieme alla ricerca del gusto. Delicato e stagionale, il
Veniceviche è realizzato con rondelle di zucchina dell’Isola di Sant’Erasmo, acqua di pomodoro affumicato, olio di foglie di pomodoro, Select bitter e bacche raccolte dell’orto. Un piccolo quadro da contemplare e mangiare.

Cappesante di Chioggia in brodo di cavallo e polvere di limone bruciato
Seguono le
Cappesante di Chioggia in brodo di cavallo e polvere di limone bruciato. Ancora una volta siamo liquidi, con in mano un cucchiaio e con il brodo che fa da amplificatore di cottura e consistenza. La carne si scioglie in bocca senza dissolversi, è grassa, fresca e incontra il radicchio con la sua punta di amaro che subito riporta la bilancia in equilibrio. «Dopo aver cercato per settimane, ho finalmente trovato un fornitore che consegna il suo pescato solo ad alcuni mercati selezionati. Ora abbiamo i suoi prodotti qui a
Oro» racconta lo chef.

Ravioli ripieni di trippa di merluzzo, brodo di busara e olio speziato
In questo menu un ruolo da protagonista si ritagliano i
Ravioli ripieni di trippa di merluzzo, brodo di busara e olio speziato, in onore all’isola di Burano giacché la sfoglia è abbellita con pennellate di colore arancione e nero che ricordano le sculture in vetro decorate tipiche dell’isola. Che dire? È una di quelle occasioni in cui il fine dining supera la sua natura e riporta all’origine, alla minestra, alla gestualità e al comfort del brodo che scalda e ammorbidisce un ripieno ricco e goloso. Il corrispettivo vegetariano di quest'ultima preparazione è l’
Ombelico di Venere: un cappelletto ripieno di mandorle e servito in brodo di erbe selvatiche della laguna, dove quasi si perde la differenza con un ripieno carnivoro.
È solo a questo punto, quando le danze sono già partite, che arriva il servizio del pane. Una pagnotta di lievito madre e farine biologiche, poi grissini che ricordano i filindeu sardi tanto sono sottili e cracker spolverati al curry. Completano l’olio, prodotto negli uliveti del Belmond Castello di Casole e il burro, che per sapore va oltre al concetto e all’esperienza del burro stesso. Si tratta in realtà di un burro montato con lievito abbrustolito sulla griglia, che in qualche modo chiude il cerchio della circolarità di fondo della cucina di Canella: ciò che ci nutre e che costituisce una fonte primaria di sostentamento è anche condimento di quella stessa materia. Il lievito assolve questa doppia funzione portando simbolicamente al compimento una sorta di ciclo di Krebs e quindi a una nuova vita.

Riso alloro e zafferano. Foto Belmond/PA Jorgensen
Si avanza con
Riso alloro e zafferano, omaggio a due dei personaggi più iconici della ristorazione italiana,
Massimiliano Alajmo e
Gualtiero Marchesi. Alla polvere di liquirizia del celebre piatto di
Alajmo viene sostituito l’alloro, più tannico e spesso, che si sposa felicemente con lo zafferano guarnito con un cuore di crema polline e olio alle rose. La foglia d’oro che
Marchesi usava posare sopra il riso, in questo caso viene riposta sotto, in segno di rispetto e dedizione.
A conclusione del percorso non arriva una carne ma il bosco, con la Zucca “bronsa querta”, ovvero zucca marina cotta lentamente sulla brace, servita con una glassa di funghi e alghe, olio di polenta e i primi porcini tostati. Un piatto splendido, con il quale divertirsi e godere, immergendosi nella stagione autunnale e nel tunnel complesso dei sapori e profumi della montagna. Si chiude il cerchio con un soffice Gelato di asperula, ostrica, panna al blu di capra e olio al dragoncello: avvolgente, sapido e totalmente visionario. Un epilogo che non vuole essere davvero dolcezza ma punta a coccolare le papille in un passaggio soft tra il salato e il termine del percorso.

Gelato di asperula, ostrica, panna al blu di capra e olio al dragoncello. Foto Belmond/PA Jorgensen
Anche se sono pochi i mesi che
Riccardo Canella vanta in casa
Cipriani, quello che si percepisce da
Oro è in assoluto l’inizio di un periodo di grande identità, determinazione e progressiva evoluzione. Questo giovane ragazzo ha una visione ben chiara e la sta giorno dopo giorno evolvendo e adattando al territorio, alle sue criticità e bellezze, al tempo. Si prospettano in Giudecca tempi particolarmente fertili, dinamici, quasi estrosi: noi non vediamo l’ora di esserne partecipi!