Da piccoli, disegnavamo la primavera con blocchi di cielo azzurro, un grande sole al centro; rondini in aria, come un “tre” capovolto e strisce di verde scuro prato; poi fiori, tanti fiori. Impressioni che tornano quando ti riaffacci di questi tempi sulla campagna toscana, nel Chianti. Ovunque lo sguardo si posi, l’abbracci, la senti nelle narici, sulla bocca: la primavera è qui. Ora basterebbe già questo - gli anfiteatri naturali di vigne, i corridoi di cipressi in cima alle morbide alture, olivi, ginestre e papaveri in fiore. Il rigoglio, la calma.

La meravigliosa campagna del Chianti
Basterebbe, ma oltre a tutto ciò, oltre a questa sorgente di benessere del tutto naturale, si somma quella raffinata dell’uomo che pensa e “compensa”, crea senza inquinare né la vista, né tantomeno gli attributi di una sì nobile visione; costruisce “piccoli” templi di accoglienza, di quel benessere altro che s’incastra con garbo e delizia il visitatore. Siamo a Castelnuovo Berardenga, nel Chianti, ed è qui che, oltre alla già vivida e pittoresca dimora sinora conosciuta di Le Fontanelle (l’hotel con le sue ville), oggi si aprono le porte a un’esperienza di ospitalità ancora più autentica ed esclusiva: benvenuti a The ClubHouse.

The ClubHouse, la nuova dimora 5 stelle L presso la tenuta Fontanelle Estate: un'esclusiva dimensione di ospitalità
Le stelle diventano cinque, Luxury, ma preferiamo dare la nostra definizione del casale della famiglia Bolfo ( tre le figure chiave - la vecchia generazione della "Signorina" Giuseppina Bolfo, e le nuove leve, sensibili, radicate nell'oggi e proiettati nel domani, il nipote Nicola Vercellotti e la sua compagna nella vita, Phoebe Farolfi): originariamente una cantina, è una grande casa padronale, in cui il vero lusso non è la densità di attenzioni riservate all’ospite, che arrivano comunque, leggere come un soffio, bensì la libertà che all’ospite è concessa dall’inizio alla fine del soggiorno.

L'Amministratore delegato di Le Fontanelle, Nicola Vercellotti e la sua compagna nella vita, Phoebe Farolfi, General Manager
Una libertà che origina dagli ampi spazi esterni fino al cuore della struttura: ognuno trova un angolo per sé, un angolo per essere ed esserlo pienamente. E spaziare è possibile persino a tavola perché la proposta gastronomica di Le Fontanelle è un invito perpetuo alla bontà, a molteplici forme che pure si conciliano in una ricerca di fondo di verità, fine, concreta, deliziosa nel piatto. L’approdo dei golosi è un ventaglio a tre raggi: il ristorante La Colonna, l’Osteria Il Tuscanico e, ultimissima creatura, Il Visibilio.
La visione è unica, una mirata intensità in ciascuna portata, in tutte le tre insegne: gusti dritti, precisi, affilati, comodi, e meno comodi, sicuramente identitari; tutti tesi a lasciare un’impressione di Toscana, dalla più tradizionale fino a quei sentieri meno battuti il cui corso si è invitati a scoprire inoltrandosi sicuri, liberando la mente e così preparare il palato. Ebbene, rientra tutto nella visione sintetica di Giuseppe Iannotti: dal Kresios di Telese Terme (Benevento), alla vigoria gastronomica di Hotel Le Fontanelle.

Giuseppe Iannotti, chef del ristorante Kresios , due stelle Michelin a Telese Terme (Benevento)
La visione, la mente del singolo che però dialoga e costruisce con braccia fidate, sempre più tese a rompere gli schemi, a far comprendere che la tavola toscana non è solo fiorentina, fegatini e ribollita, che pure esistono, che pure amiamo, e che nemmeno mancheranno sul desco della dimora. Il gusto: si parte da qui, a prescindere da dove ci troviamo, il gusto e una sua conoscenza profonda. Solo allora, dopo aver assimilato la schiettezza dei sapori, sarà possibile stabilire le esigenze di ogni singola insegna e ridisegnare i confini, qualora risulti necessario.
Nessuna tavola contraddice l’altra, ma – al contrario – le apporta un senso ancora più definito nell’intero quadro gastronomico del luogo. Mai pensare quindi che all’Osteria Il Tuscanico si riceva un livello inferiore di piacevolezza rispetto al ristorante La Colonna, o che La Colonna sia il fratello umile del Visibilio: ognuno ha una sua anima alla quale ci siamo accostati con comune leggerezza, una sospinta curiosità e per un motivo o per un altro, ciascuna di essa è riuscita a fare ciò che qualunque tavola dovrebbe essere in grado di fare, persino quella domestica: emozionare e nutrire. Ragion per cui al Tuscanico, abbiamo assaporato la vera tavola toscana, inalterata e accogliente, riconoscibile e fresca con pappe al pomodoro, il peposo comme il faut, la fiorentina (sì, ce anche lei, non stavamo mentendo), fegatini ripieni e pure un po’ d’Italia, con Pici (ma) cacio e pepe, e un soffice Tiramisù al bicchiere che dirgli sì, è il minimo che si possa fare per azzittire la coscienza: rimpianti, a tavola, mai. Al timone, lo chef excecutive di lunga data Daniele Canella.

Un assaggio dell'Osteria Il Tuscanico: il carciofo ripieno
Ci spostiamo dalle sale arcate dell’Osteria, situata nel cuore di The ClubHouse, verso il nucleo originario della tenuta, presso la corte di Hotel Le Fontanelle: affacci profondi sui colli, cieli sterminati - il senso di accoglienza è anche questo al ristorante La Colonna. Ci siamo lasciati compungere da estratti di tavola toscana, che anche qui perdurano, solo che l’occhio inizia a giocare, e a chiedersi cosa ci possa essere oltre ciò che captiamo in superficie, il gusto a concedersi delle deviazioni, logiche, tutt’altro che puramente estetizzanti. Il baricentro, però è sempre il gusto: un proiettile, una scarica elettrica composta, elegante. È il gran bel lavoro di Francesco Ferrettini, resident chef de La Colonna: un maggiore impegno tecnico, una ricerca ancora più affinata del piacere dell’ospite, che a cena può lasciarsi guidare in un menu degustazione, adattabile per numero di portate desiderate.

La brigata di cucina capeggiata dall'executive chef Daniele Canella (davanti a sinistra), e il resident chef del ristorante La Colonna, Francesco Ferrettini (a destra)
Colpi giocosi, proiettili - sono gli shot introduttivi: la sfoglia di barbabietola e caprino, il Raffaello di fegatini, il succo salmastro in una capsula d’oliva. Poi sovrapposizioni di consistenze e un uso di ingredienti funzionale a tenere teso il palato: l’intera bocca è invitata alla danza. Riconosciamo i classici, espressi in una lingua contemporanea corroborata dall’intimo lessico del ricordo: quindi rimescoliamo, ricontestualizziamo e colleghiamo il piatto non solo alla destinazione coeva, ma all’intero arco temporale della nostra vita. Senza mai cadere nella trappola della banalità: le ricette scelgono nuovi corpi in cui esistere, per cui una lepre si nasconde sotto una spuma soffice di patate e, come una gelatina compatta, è spalmabile e al contempo carnosa; tutto intorno, una camicia di dolceforte (la salsa che accompagna tradizionalmente la selvaggina, un misto di panforte, cavallucci, cioccolato, burro, uvetta, pinoli), insomma un banchetto rinascimentale attualizzato nella comoda circonferenza di un piatto. Il panpepato si sposa con l’anatra che presenta carni sode e rosate, senza fuoriuscite di umori, e se pur volessimo ignorare la sua crosta dorata, il morso resta croccante dall’inizio alla fine, il gusto estremamente vivo. E c’è da deliziarsi anche con ciò che immediatamente toscano non è, se non fosse per la presenza vitale delle erbe che si respirano a ridosso delle strade, di quella primavera esuberante: un risotto finissimo mantecato alla robiola, chicchi sodi, robusti, scrocchianti, cremosità e una naturalezza dolcemente invasiva nel naso.

Risotto floreale e robiola
Tutto questo a ricordarci che la cucina è una libera espressione di quel che l’uomo porta dentro, il suo corredo genetico, le sue radici e un’ancor più libera manifestazione di tutto quello che l’uomo circonda.
A seguire una breve galleria delle bontà degustate presso il ristorante La Colonna.

Seppia, cocco e scorzonera

Anatra al Panpepato, carciofo e pinoli