Ci sono luoghi nati per esprimere un’identità territoriale; altri, in cui il bacino culturale del cuoco determina i “contenuti” e il tono di un ristorante. In altri ancora accade qualcosa che va oltre qualsiasi catalogazione: uno chef di origine altra rispetto alla sua collocazione attuale, ama profondamente il paese che lo accoglie eppure rinfresca sempre i legami con la terra madre. Uno chef che non ha intenzione di incidere il suo nome, né tantomeno quello del ristorante, tra i rigidi confini di un perimetro etnico, figuriamoci a dire fusion, ma semplicemente essere libero, e così combina i trascorsi, le strade percorse nel mondo (e nel gusto), per trarne una visione a sé stante: in altre parole, una propria cucina.
E ora, diamo un nome alle cose e mettiamo a fuoco l’individuo, con tutti i suoi contorni: Iway Takeshi, 42 anni, giapponese d’origine, ma follemente innamorato dell’Italia e della convivialità all’italiana maniera. Ne assimila i sapori e le preparazioni tradizionali senza mai slegarsi dalle proprie radici: mescola, intreccia, sovrappone e, quindi, crea. Lo fa da Aalto, una stella Michelin, a Milano: Aalto che è Iwai, la sua sensibilità espressa nell’oggi a prescindere dal dove, sconnesso da ciò che ci si aspetterebbe da quel Giappone che, pure, il suo nome racchiude. Dunque, se programmando una cena qui, a un passo dal magnetico skyline milanese, a solleticarvi sia il desiderio di mangiare "un buon giapponese", virate decisi altrove, (salvo che non vogliate accomodarvi al banco dell’omakase, ndr, ma questo è un altro racconto): diversamente, siete nel posto giusto qualora cerchiate una rielaborazione intima dell’esperienza del singolo, senza bandiera, takeshiana e squisita.

La luminosa sala di Aalto con vista skyline di Porta Nuova
Tantomeno c’è da aspettarsi un ristorante stellato avvolto da stellari silenzi: qui, dove non aleggia confusione, ma un clima di calda convivialità per una tavola che, lungi dall’essere una natura morta immobile, è un vivace punto d’incontro. Tra culture, certo, tra commensali, e soprattutto tra il commensale e il cuoco. Un buon numero delle preparazioni, infatti, presuppone un grado di coinvolgimento attivo dell’ospite: è un richiamo all’interazione, alla possibilità di interpretare e combinare liberamente gli elementi messi a disposizione, assieme a qualche “morbida coordinata" che determina la fruibilità finale del piatto.
Un rischio non da poco, specie nei casi in cui è l’ospite a definire l'intensità del boccone secondo il proprio gusto. Capiremo allora, che il confine è davvero sottile tra quello che sembra un gioco, e la piena fiducia che il cuoco affida a chi preferisce vivere - e scegliere - un’esperienza piuttosto che un’altra. Il risultato, allora, sta proprio nel grado di piacere che quel rischio apporta: per qualcuno è follia, per Takeshi è la possibilità unica di creare un contatto intimo con gli ospiti di Aalto, quasi come se in quei gesti bramati, suggeriti, il cuoco riuscisse a ritagliarsi un posto a tavola; solo che le sue mani diventano quelle dei suoi ospiti.

Spaghetti cacio e pepe alla tsukemen con brodo di anguilla in saor: spaghetti cacio e pepe con Ostrica-bushi grattugiato serviti con brodo di anguilla in saor a parte, da completare a piacere con guancia di maiale e olio al caffè, olio di levistico e ginepro, sedano e Lime-kosho
Viene così a crearsi un teatro di gesti e ritualità, di cotture, ingredienti e storie riportate a galla da un flusso perpetuo del vissuto, espressioni dell'ecosistema, la dimensione del ricordo, lo spettro di una materia multiforme. Quanto è profondo il mare del diaframma di cavallo cotto come un tataki con cozze e salicornia, tanto è fresco il riso croccante da "scorticare" dalla ciotola in terracotta. Unto – e tutto il comfort che ne deriva, bollente, ma così rinfrescante con erba cipollina e zenzero.

Risotto a mano con gelato ai ricci di mare: risotto al parmigiano con rafano grattugiato, foglie di shiso verde, gelato di ricci di mare e olio alla vaniglia

Pane e burro: pane di lievito madre e farina macinata a pietra semi integrale e burro con cristalli di sale Maldon
E poi un viaggio: perché nella composizione di una medesima portata, il riso è interpretato in due forme completamente opposte: sgranato, croccante, gratinato, più calloso in tegamino mentre un classico risotto al parmigiano è la base per il risotto a mano con gelato ai ricci di mare, un temaki fai-da-te in una foglia di shiso verde, fresca e balsamica e, per terminare, olio alla vaniglia. L’illusione visiva di un yakitori di manzo, alternato a bocconi biancastri, che a guardarli penseresti a cubetti di grasso, ma in realtà è sedano rapa , e tiri immediatamente un sospiro di sollievo: bocca e dita, senza imbarazzi, intingendo lo spiedino in una salsa densa di aglio fermentato, saporita, con rimandi di caffè.

Panna e piselli: panna cagliata con alga kombu, cipollotto, piselli, brodo di cannolicchi e olio all’alga kombu
Una cucina che pronunci con grassezza, ma che sul palato non pesa, e concentra la linearità del piatto in un’acidità da toni sempre inusuali: è l’effetto di panna e piselli, la prima leggermente acidula cagliata con alga kombu, quindi marina, i secondi sbollentati appena, croccanti e naturali, o seppie midollo e caviale, la parte animale del midollo condisce i filetti di seppia, come una tagliatella, la cuoce quasi con il calore della sua sostanza, mentre il caviale, ricorda l’origine marina e invita al susseguirsi delle forchettate.

Seppie, midollo e caviale: seppie, sedano rapa, olio ai semi di coriandolo, midollo chiarificato e caviale
Ora, nello spazio del cambiamento di registro, del passaggio dal mondo dei salati a quello del dolce esiste il pre-dessert, che tutto può essere e sempre riesce a sorprendere per il grado di pulizia e piacere che scatena: qui c’è poco da dire, perché alla prima cucchiaiata di limone nero, panna e liquirizia, l’impressione immediata che emerge è quella di un liuk (che lo chef scopre proprio in occasione di questo accostamento casuale di ingredienti ndr). Una superficie cannellata, brulée, e sotto soffice panna, cremosa e ancora, acida, rinfrescata dalle pareti amare della polpa di limone che man mano si stacca dalla buccia dell’agrume e prepara all’atto finale.

Sfoglia al cioccolato e gelato al latte affumicato: sfoglia al cioccolato, mousse e crumble di cacao, nocciole caramellate e polvere di cacao accompagnata da gelato al latte affumicato con cristalli di sale Maldon
Dolce, inutile girarci intorno: una sfoglia al cioccolato farcita di mousse e crumble di cacao, nocciole caramellate e un ricco gelato al latte affumicato che smorza le rotondità affatto stucchevoli del tripudio di cacao e del frutto secco.
Sì, quella di Iwai Takeshi è una cucina indipendente, l’esteriorizzazione di una personale scoperta interiore, costante, così vera perché il primo a esserne coinvolto è proprio lo chef, l’uomo che diventa cuoco per i suoi commensali in un percorso libero da pregiudizi, pieno di accostamenti pluriproteici giocosi e stratificazioni di materia coerenti e di potenza, lineari e vividi. Senza bandiera, senza confine alcuno.