Alberto Buratti non è un giovane qualsiasi. Nel 2014, dopo una serie di esperienze all’estero e in Italia (la più importante a fianco di Takahiko Kondo, e ovviamente Massimo Bottura, all’Osteria Francescana di Modena) ha scelto un piccolo centro della provincia come luogo dove dare vita al proprio percorso personale come imprenditore, cuoco e oste. Perché in vicolo Corridoni a Legnano, troviamo non solo il suo ristorante ma anche un piccolo hotel con camere, per chi è qui di passaggio o in viaggio e desidera godersi questa tappa al meglio. Koiné è costituito da soli sei tavoli, eleganti, sobri ma in ogni caso accoglienti e confortevoli.
Bastano pochi chilometri di distanza dal capoluogo milanese per entrare in una dimensione scevra dalle classiche pressioni e dinamiche, più pura e rilassata a vedersi.
Buratti (classe 1987) è perfettamente consapevole del proprio percorso, di cosa è stato fatto, scritto, provato e cosa invece merita ancora esercizio, dedizione e tentativi. Un approccio che rispecchia il significato letterale del nome del ristorante, che sta ad indicare quella mescolanza e contaminazione cui lo chef prende costantemente ispirazione per i suoi piatti. Ecco che a un menu di classici comfort food regionali come il
Risotto giallo e la
Cotoletta alla milanese, si affiancano due percorsi alternativi:
Mercato e
Radici.
Come il nome del primo suggerisce, a seconda degli arrivi quotidiani o settimanali, lo chef compone un menu che premia la freschezza della materia prima di giornata, cercando di lavorarla il meno possibile e dandole quel giusto contorno che la sostenga e la completi. E nello spaziare con grande flessibilità tra carne, pesce e selvaggina, non mancano le contaminazioni orientali e medio orientali, che fanno di questo spazio un vero e proprio laboratorio di idee.
Come ultimamente accade – con esempi sempre più validi – l’attenzione per il mondo vegetale sta prendendo sempre più spazio.
1mq di orto è il menu vegetariano di
Koiné, identificazione perfetta del concetto di ciclo di vita degli ortaggi all’interno di un percorso a più portate. Ispirato alle fasi lunari, al ritmo di vita degli ortaggi, ai loro ritmi di crescita oltre che alle richieste di un pubblico sempre più informato e consapevole.

Barbajuan di verdure conservate
Il menu si costruisce da prodotti che idealmente crescono nello stesso metro quadro di terra, senza escludere nulla: ortaggi, frutti, erbe, bulbi, spezie, frutta secca. Sempre tenendo stretta l’idea di una profonda stagionalità, della reperibilità e disponibilità di certi prodotti. Questa coda di inverno, a inizio marzo, vede tra i piatti un interesse più spinto verso recupero di certa tradizione ligure.
Prima con il
Cappon magro di magro, realizzato con lo stesso principio della ricetta classica ma privata del pesce e arricchita dalle primizie dell’orto, guarnita con crema di avocado e maionese vegetale, e poi con il
Barbajuan di verdure conservate. Anche qui si va indietro nel tempo, a ritroso nella tradizione contadina che trasformava le verdure in conserve, lasciandole maturare al fresco delle ombre dei porticati. Zucca, cipolla, cavolo cappuccio, preparati come una zuppa e nei quali si fa poi cuocere il riso. Si ottiene una sorta di minestrone asciutto che diventa farcia del raviolo che viene poi fritto e servito croccante. Un vero sfizio.
Tra i primi spiccano le
Tagliatelle Arlecchino, una sorta di fettuccina Alfredo “revisited”: burro e parmigiano per una sfoglia multicolore realizzata con verdure diverse. Il
Soffice di patate è comfort food per eccellenza, con l’aglio orsino particolarmente delicato e avvolgente. In controtendenza e facilmente scambiabile per un dolce, il
Chawanmushi di aglio nero è il piatto sorpresa. La chicca che non ti aspetti e ti sommerge di gusto. È servito con una composta di cipolla e anelli di scalogno croccante. Una preparazione rubata alla scuola giapponese, in alternativa alla crème brulée salata e riproposta qui come antipasto, al cucchiaio. I sentori di pelle e cuoio che caratterizzano l’aglio nero uniti al profumo intenso della cipolla sembrano un fondo bruno classico, a base carne. Effetto riuscito sia mentale che gustativo.

Fiori d’arancio fiori di mandorlo
Avvicinandosi verso la fine, colpisce
Fiori d’arancio fiori di mandorlo, che riassume perfettamente la koiné che
Alberto Buratti cerca di riproporre continuamente ai suoi ospiti. Un pre-dessert di ispirazione marocchina realizzato con una
Millefoglie di pasta fillo caramellata, granella di mandorle e gelato ai fiori. Segue il dolce vero e proprio che riprende il più classico dei dessert: la
Tarte tatin di pera con gelato alla crème brulée di rosmarino. Non si può non amarla. Una piacevolissima esperienza che quasi fa dimenticare l’assenza di carne e pesce all’interno della degustazione, senza farsi mancare spinte di gusto decise e contrasti decisamente avvincenti.