Viniscelti e Osteria: ha svelato le sue due insegne su strada l’Osteria alla Concorrenza, il progetto di tre soci in via Melzo, sempre più la food-street di Milano. Sarà un'Osteria, appunto, ma nel suo significato primordiale, cioè un luogo di sosta e ristoro, una bottega concepita per rimettere in sesto il viandante con l’accoglienza calorosa dell’oste, il vino buono e un corredo di assaggi, piccoli ma pensati bene.
I soci (alla pari) sono prima di tutto 3 amici: Josef Khattabi, Enricomaria Porta e Diego Rossi. Milanese di origini marocchine, 36 anni, Josef è imprenditore noto nel ramo delle cose buone: ha fondato Kanpai, l’insegna che mette d'accordo cucina giapponese tradizionale e cocktail, proprio accanto alla neonata Concorrenza. Ed è socio di Milanosake, società di distribuzione di bevande alcoliche giapponesi per l’alta ristorazione cittadina.
Enricomaria, «scritto tutt’attaccato», 43 anni, pure lui milanese, una simpatia straripante, ha buttato invece nel cestino un comodo contratto a tempo indeterminato in un’azienda di stampe e insegne per assecondare il sogno di sempre - già acceso per un paio d’anni in un wine bar della città: fare l’oste. Somministrare, cioè, chiacchiere allegre, calici buoni, formaggi e salumi. Mister Concorrenza sarà lui.
Diego Rossi, veronese classe 1985, è il nome celebre del trio: cuoco e socio di una delle neo-trattorie più apprezzate del Paese, Trippa («Che riaprirà quando finirà questo stillicidio di aperture-chiusure», rivela), realizza col suo secondo locale un vecchio desiderio: «Rifare l’osteria di un tempo, cioè quel luogo in cui, prima di tutto, si sta bene con un buon bicchiere di vino in mano».
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I SOCI. Josef Khattabi, Enricomaria Porta e Diego Rossi
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La doppia vetrina su strada
L’idea era nata nel 2017, in occasione di un pranzo che il trio si concesse nientemeno che al
Celler de Can Roca, in Catalogna: «Ci siamo trovati subito d'accordo sull'idea di fondo. Dovevamo inaugurarla ad aprile 2020», spiegano i ragazzi, «ma i noti eventi hanno fatto slittare tutto».
Alla Concorrenza aprirà nei prossimi giorni, qualsiasi sia il colore della Lombardia. «Anche in caso di regime arancione», precisa Enricomaria, «mi troverete comunque, a vendere vino d'asporto». Parliamo di un carico di già 3/400 etichette dall’Italia e dal mondo, con un importante pensiero sulle profondità d’annata. Soprattutto, «Saranno tutti vini di vignaioli onesti», spiegano, «cioè quelli che non usano chimica in vigna o in cantina».
E il cibo? Per una volta non ruberà la scena: dietro al lungo bancone in marmo, niente fornelli; solo un piccolo micro-onde per scaldare piccole preparazioni. All'inizio troveremo tartare di cavallo, insalate di nervetti, lingue,
cudeghin, conserve… Questo accanto a una ricca selezione quotidiana di salumi (
Bettella,
Brianti…) e formaggi da freschi a medio-stagionati affinati da amici.
L’attualizzazione di un negozio («non è un format») come quelli di un tempo, insomma. Una neo-retro-datazione evidente nel lettering di primo Novecento dell’insegna e soprattutto nel concetto architettonico degli interni, studiato dai ragazzi e tradotto nella pratica da
OOOH Studio: boiserie e legni in noce di
Dario Francioli, opere degli artisti
Giordano Floreancig e
Roberto Bonanomi, decorazioni di
Maria Cristina Ilari, mamma di Enricomaria. I tavoli sono di foggia ottocentesca, le sedie gliele ha date
Paolo Reina dell’
Antica Trattoria del Gallo di Gaggiano e le cementine hanno un disegno del primo Novecento. In tempi non-covid, sarà un bel set per 30 coperti seduti e altri 20 in piedi (e si attendono i tavoli in esterna).
Ultime battute, su nome e sotto-nomi dell’osteria: «Abbiamo cercato spunti per mesi, spulciando negli archivi delle insegne della Vecchia Milano. Di solito recavano il nome di un elemento vicino: Osteria del ponte, dell’acquedotto, del campanile… Oppure il contenuto di quello che trovavi dentro: “Viniscelti” nasce da questa idea perché l’importante per noi è il prodotto; non il nome di chi ci lavora, come usa oggi».
E la “Concorrenza”? «Volevamo chiamarla
Osteria Melzo ma poi abbiamo notato l’insegna di un vecchio negozio di casalinghi che si chiamava proprio così. È stata una folgorazione. È un nome retrò ma anche molto attuale. E poi potremo giocare coi doppi sensi». «Andiamo alla Concorrenza» e per una volta saremo tutti d’accordo.