«Restare aperti per almeno due settimane». I sogni dei ristoratori pugliesi nell’Italia del Covid sono piccoli piccoli, ridotti a una misura elementare, come i progetti di chi giocoforza naviga a vista. Finalmente ammessi al programma di riaperture (almeno a pranzo) grazie al transito della regione dalla zona arancione alla gialla, i cuochi e i cuochi imprenditori di se stessi, sono rientrati nei loro panni. Ma a scartamento ridotto. Di certo non tutti. C’è chi ha deciso di attendere tempi più certi. Chi per la prima volta nella storia, apre la pizzeria a pranzo. E chi invece la pizzeria ha dovuto chiuderla in mancanza di spazi adeguati a rispettare le distanze di sicurezza, e nel frattempo si è rimboccato le maniche tornando a fare il dipendente altrove (per pagare l’affitto del locale rimasto chiuso nel mentre). E c’è persino chi ha riaperto sì, ma non senza paura. Dei contagi? Nossignore. Di tornare nel tritacarne di ritmi forsennati di un lavoro al limite dell’umano, perdendo il diritto conquistato a «un film sul divano con mia figlia, davanti al camino». Insomma uno spettro di reazioni ampio tanto quante sono le incertezze del tempo presente.

Angelo Sabatelli con la moglie Laura Giannuzzi
Angelo Sabatelli, nuova apertura, nuovo menu. Angelo Sabatelli, chef e patron: «Siamo aperti da martedì 8 dicembre, solo a pranzo fino a contrordine, tutti i giorni tranne il lunedì. Abbiamo anche prolungato di un’ora l’apertura, dalle 12 alle 15 piuttosto che alle 14, per consentire alla gente di organizzarsi con i propri orari, con più comodo. La risposta è stata immediata, la gente ha prenotato subito anche dal sito, appena abbiamo dato notizia della riapertura sui social. Ma si percepisce che le persone sono più timorose, la Puglia non è più quella zona franca che pareva essere durante il primo lockdown. Ciò detto, chi conosce il nostro ristorante sa non di non correre rischi, sotto nessun fronte. Per me l’errore è stato quello di chiudere indiscriminatamente, sono mancati i controlli per capire chi veramente si atteneva alle regole e chi no. E siamo stati penalizzati tutti. Ad ogni modo, noi ci siamo. Abbiamo cambiato il menu dalla prima all’ultima portata, di tempo per provare i nuovi piatti ne abbiamo avuto. E non è passato invano.
Datteri, ricci e pompelmo: provare per credere».
400 gradi a Lecce, la pizzeria gold di Puglia apre a pranzo. Spiega
Andrea Godi, pizza-chef e patron: «L’apertura a pranzo non è nelle corde di una pizzeria, per lo meno non qui. Lo avevamo sperimentato all’atto di nascita di
400 gradi, eravamo aperti sia a pranzo che a cena ma non funzionava, la clientela del lunch si concentrava tutta in un’ora ed eravamo ancora inesperti e incapaci di gestire il flusso. Adesso è un’altra storia. Decidere di riaprire è stato un moto sentimentale, appena hanno dichiarato la Puglia zona gialla non ho esitato, andremo avanti sicuramente fino alla fine di dicembre ma poi non so. Facciamo 50-60 coperti giornalmente, contro i 350 che maciniamo anche nei giorni feriali in un tempo che sembra molto lontano, con un’armata di 37 dipendenti contro i sei attivi adesso, gli altri sono in cassa integrazione. I clienti sono ragazzi, soprattutto, gli impiegati si vedono raramente, la maggior parte sono in smartworking. Stringiamo i denti, andiamo avanti. Ma bisognerà pur sedersi e fare i conti».
Lievito 72 a Trani, la pizzeria si trasforma in panetteria. «Abbiamo chiuso per un paio di settimane con il secondo lockdown, avevamo la speranza che ci fosse un passo indietro da parte del governo», parla
Andrea Giordano, pizza-chef e patron del
Lievito 72. «Avevo appena acquistato un forno per la panificazione, arrivato due giorni dopo la chiusura intimata alle 18, e abbiamo fatto di necessità virtù. Aperti a pranzo e via con la produzione di pane, taralli, focaccia, calzoni con gli sponzali, pizza alla pala, insomma tutto tranne la pizza al piatto che abbiamo riservato all’asporto e domicilio serale. Il personale è tutto qui, accanto a me. Non abbiamo deciso di aprire per il pranzo. Se teniamo botta? Inutile che lo nasconda, è un disastro. Le perdite sono dell’80 per cento. E ci siamo, non “ci sentiamo”, siamo completamente abbandonati dallo stato. Aprire a pranzo anche per la pizza al tavolo? Col rischio di non lavorare e mettere in moto una macchina che comporta ulteriori spese? Accendi il forno, le luci, fai gli impasti: se poi non li consumi, che fai, butti via?».
Pashà a Conversano, riflessioni in progress. «La gente ha molta più esitazione, molta più paura. La percezione è assolutamente tangibile - a parlare sono
Angelica Giannuzzi e
Antonio Zaccardi, ai fuochi del
Pashà - Con
Antonello (
Magistà,
ndr) stiamo riflettendo se abbia senso riaprire solo a pranzo o se non sia meglio ripartire il prossimo anno con più energia. A gennaio magari, che di solito non è un grande periodo per la ristorazione, ma forse il prossimo anno sarà diverso, dopo tanta reclusione forse la gente avrà più voglia di uscire. Forse».

Isabella Potì, compagna di Floriano Pellegrino e chef del Bros
Bros e Roots a doppia velocità. «Abbiamo riaperto l’8 dicembre
Roots, il giorno successivo
Bros», spiega lo chef
Floriano Pellegrino. Risultato: «
Roots sold out subito,
Bros meno, perché come ci aspettavamo fintanto che non riaprono le rotte del turismo internazionale, per noi sarà così. Ma restiamo aperti dal mercoledì alla domenica dalle 12 alle 13, con il nostro menu vegetariano autunno-inverno».
Borgo Egnazia chiude fino a primavera. “Il ristorante è chiuso dal 1 novembre 2020 al 24 marzo 2021”. È l’avviso in cui si imbatte chi prova a prenotare un tavolo allo stellato della flottiglia di
Borgo Egnazia, il ristorante
Due Camini di Fasano, chef
Domingo Schingaro. Idem per le altre insegne che completano l’offerta ristorativa del gruppo. Vale per il resto del
Borgo, che per la prima volta manca l’appuntamento con i mercatini di Natale, e preferisce restare fermo un giro sebbene non siano di certo gli spazi a prova di sicurezza a mancare. «Il “problema” non è solo la mancanza di clientela internazionale, perché fortunatamente abbiamo anche clientela italiana e locale... Il problema sono i limiti agli spostamenti e la limitata operatività», spiegano quelli di
Borgo Egnazia.
I Gastronauti di Lucera: da patron a dipendente, per mantenere il locale chiuso. «Sono chiuso da marzo, il locale è piccolo, non ho riaperto nemmeno questa estate. Non potevo mettere a repentaglio la salute dei miei clienti. Il sindaco di Lucera mi ha elogiato pubblicamente per questa decisione. Ma mi è toccato rimboccarmi le maniche per far quadrare i conti, malgrado tutto», a parlare è
Sabino Stingone, new entry nel mondo della pizza pugliese di qualità con il suo
I Gastronauti. «Ho un affitto da 850 euro da pagare, mi è toccato andare a lavorare per mantenerlo, dunque sono andato a lavorare a Lubiana da un mio caro amico. Da dipendente, sì. Spero di riaprire, la voglia di lavorare è tanta. Ma non so se e fino a quando potrò stringere i denti. Vediamo».

Il piatto Rinasci Italia di Pietro Penna
Luci di Natale al Casamatta e al Vinilia Resort di Manduria. «Col
Casamatta ci siamo fermati per tutto il periodo arancione, ma dall’8 dicembre siamo aperti a pranzo, e naturalmente disponibili a cena per gli ospiti del resort. È un momento del tutto inedito della mia vita professionale, nessuna previsione a lungo termine, già programmare per due settimane consecutive sarebbe un successo», parola dello chef
Pietro Penna. «Ma qualcosa di buono, senza voler essere ottimisti a tutti costi, ce lo stiamo portando dietro. C’è una piccola rivoluzione in atto, accortezze che prima passavano sotto traccia adesso sono una pratica quasi istintiva. Durante la prima quarantena, stando a casa si usciva di rado per fare la spesa, si cercava di ottimizzare gli ingredienti, di utilizzare gli scarti, fare il pane in casa, i dolci, tutto questo lo abbiamo riportato nelle cucine dove esercitiamo il nostro mestiere. Dando una marcia di sentimento, anche, in più, a quello che facciamo. E in questo periodo è nato il mio
Rinasci Italia, lo spaghetto con crema di aglio olio e peperoncino, polvere di pomodoro essiccato e crema di basilico e crema di stracciatella. Un piatto molto goloso, molto diretto».
Luppolo e Farina di Latiano, tutti a lavoro per ritrovare le motivazioni. «Siamo sempre rimasti aperti per delivery e l’asporto. Ma dal 19, per prima volta nella storia di
Luppolo e Farina, saremo aperti tutti i giorni a pranzo, tranne il 25 dicembre e il primo gennaio - spiega
Cristiano Taurisano - I miei 22 ragazzi sono tornati tutti al lavoro, indistintamente. Devo dire che abbiamo riaperto soprattutto per loro perché certamente i numeri che facciamo non rendono giustizia e sono del tutto imparagonabili rispetto alla nostra attività quando marcia a pieno regime. Non ha importanza. Possiamo permettercelo. Abbiamo fatto tutti una grande estate in Puglia, nessuno può dire il contrario. Adesso è giusto, nei limiti del possibile, andare incontro ai dipendenti, ritrovare le motivazioni e non dimenticare quello che abbiamo imparato in termini di mestiere. E speriamo che la formula a cui abbiamo pensato funzioni. Abbiamo stretto un’alleanza con un cocktail bar, il
Sottospirito di Mesagne, il sabato ci sono loro, per chi desidera il pairing con la pizza o anche solo un drink, e la musica coi vinili. E naturalmente il massimo della sicurezza per tutti».
Pietro Zito: la paura di riaprire e il dovere di essere sani. «Tre mesi in primavera, un mese e mezzo ora, ci siamo ripresi la vita, almeno in parte. Io ho vissuto gli ultimi 27 anni a ritmi folli, al limite dell’umano, riaprire mi spaventa, la fretta mi spaventa. Così come mi spaventa il fatto che quando chiudiamo i ristoranti non siamo più nessuno. La vita è un’altra cosa. Accendere il caminetto con mia figlia. Vedere un film con lei sul divano». A parlare è
Pietro Zito, pietra angolare della cucina pugliese. Aggiunge: «Per il resto, la strada da fare è ovvia, e la pandemia ce l’ha sbattuta in faccia con violenza. Se prima ero regolare al 99 per cento, da domani lo sarò al 101 per cento. Lo dico senza spocchia.
Antichi Sapori non ha sofferto, almeno economicamente, di questa tragedia. Abbiamo usufruito degli aiuti statali grazie allo stato di salute dei nostri conti. I ragazzi, che percepiscono stipendi degni, dal primo all’ultimo, sono al riparo con la cassa integrazione. I fornitori sono stati saldati per tempo, cosa che qui è la regola: i ristoratori sono gli unici che ricevono soldi sull’unghia dai loro clienti, il primo dovere è pagare chi ti ha fornito la merce e permesso di lavorare. Ma non è tutto. Questo lavoro deve lasciare spazio a me e ai miei ragazzi per mezza giornata con la famiglia, per poter andare ai colloqui e capire come vanno i figli a scuola. Riapriremo il 20 dicembre e chiuderemo il 7 fino a fine gennaio. Sperando che a febbraio il vaccino ci liberi tutti dall’incubo. Ma la lezione non deve passare invano: non bisogna più strafare. C’è la vita fuori, anche oltre ai ristoranti».