Alle cinque del pomeriggio, la sala appositamente attrezzata con una gradinata in legno tipo stadio inizia ad affollarsi di negozianti e ristoratori che vengono qui per l’asta del pesce. Obiettivo, accaparrarsi le cassette colme di quello che è arrivato fin dalle prime luci dell’alba dalle barche locali che solcano le acque del golfo di Gaeta e delle isole Pontine: saraghi, cefali, vope, fragolini, sparnocchie e mazzancolle saltellanti, calamari e seppie, i capitoni immancabili in questo periodo dell’anno. In un rituale che si tramanda da decenni e decenni, il banditore fissa la base d’asta per ogni cassetta e dà il via all’incalzarsi di offerte fino a stabilire prezzo finale e acquirente.
Siamo a poca distanza dal porto, accanto al molo su cui – a seconda della forza del mare – attraccano le carche o s’infrangono le onde. Qui c’è la
Purificato srl, l’azienda di
Gianni Purificato che, avviata dal nonno
Arturo prima delle guerra, è diventata il più importante punto di riferimento ittico del litorale formiano; e che ha incrociato i destini di un’altra imprescindibile famiglia locale, i
Chinappi.
Gianni è infatti il cognato di Stefano Chinappi, ristoratore scafato e grande conoscitore di tutto quel che arriva dal mare. Da dieci anni Stefano se n’è venuto a Roma con la moglie Elena e i figli; il suo ristorante a Porta Pia è tra gli indirizzi imperdibili della capitale per gli amanti della cucina di mare. Ma lui è formiano doc d è forte il legame con la città natale e con il locale aperto dai nonni Antonio e Vincenza nel 1957 e portato avanti prima dal papà Franco, abile pizzaiolo e arbitro di calcio, e oggi affidato alle cure del cugino Michele e la moglie Angela.

Stefano Chinappi davanti al mare della "sua" Formia
Ragazzino ribelle, calciatore provetto e oggi sciabolatore seriale di champagne, dietro al carattere esuberante e sempre sorridente che ne fa un vero “oste” della ristorazione gourmet,
Stefano ha per il pescato una passione che va ben oltre l’interesse commerciale di chi deve vendere piatti e coperti. Per lui esiste solo il pesce di prossimità, che arriva dalle nostre acque – ad eccezione di ostriche e capesante della Manica, beninteso – e che rispetta le stagioni del mare, cui ha dedicato anche un apposito “calendario” con menu a tema nel suo ristorante romano. «I cannolicchi dell’Olanda, grossi ma poco saporiti, che se li mangino loro. Il salmone d’allevamento sulla mia tavola non ci sarà mai. Mentre il cefalo cerino che si pesca da queste parti, quello con una “stella” dorata sul lato della testa, è meglio della spigola. Le cicale con le uova, piccole e piene di sapore, si trovano solo a febbraio e marzo e sono buonissime con le linguine, nel sugo con i pomodorini vesuviani».

Sparnocchie appena pescate a Formia
Ma oggi molte cose non sono più come prima, il cambiamento climatico – efficacemente ritratto da una giornata di dicembre che sembra settembrina, in cui stiamo di fronte al mare senza giacca – si fa sentire anche sottacqua; e sui banchi di
Gianni Purificato ci sono parecchie sorprese fino a poco tempo fa inaspettate: «Fa ancora caldo, il mare resta mosso e la pesca è quasi estiva, spesso ancora di taglia piccola: polpi, seppie, trigliette da fare fritte mentre in quest’epoca, col freddo, dovrebbero essere belle pasciute. Vedo una sola tracina, mentre arrivano ancora parecchie palamite che sono tipiche di settembre». Ci sono invece giustamente le vope, qui chiamate
ruturnielli (mentre il curioso nome scientifico è
Boops boops) e pescate nelle acque tra le isole, ottime da fare in saor – fritte e condite con aceto caldo e cipolla – che qui viene chiamato efficacemente
abbottapezzienti, a indicare una preparazione povera ma gustosa capace di placare l’appetito con poco, come ci racconta
Stefano.
Dunque lui, tra tradizione formiana e occhio esperto, cosa metterebbe in tavola per le cene di questi giorni di festa? «Qui la cucina è molto simile a quella partenopea», dunque non possono mancare il baccalà fritto, il polpo in insalata e il calamaro ripieno di salame, pecorino e mollica di pane cotto nel sugo di pomodoro. Il primo piatto della tradizione di
Chinappi, però, è qualcosa d’inedito anche per una napoletana come chi scrive e assaggiarlo in anteprima da
Chinappi Formia è stata una bella sorpresa: le linguine – rigorosamente al dente, anzi
al chiodo – al sugo di papiro peloso, piccolo granchio di scoglio dall’intenso color rosso scuro la cui polpa risulta difficile da mangiare ma dà un sapore incredibile al sughetto di pomodoro.

Linguine al sugo di papiro peloso

Gamberi gobbetti crudi, fondo di Campari Orange
Se poi voleste stupire gli ospiti con un entrée semplicissima ma indimenticabile, fate come
Stefano: qualche gambero gobbetto crudo, freschissimo e ancora con le uova dal colore azzurro intenso, in un fondo di Campari Orange (meglio se con arance profumate come quelle del giardino di
Chinappi Formia), sale grosso e qualche barbetta di finocchio: da mangiare con le mani e poi raccogliere il sughetto con il cucchiaio.

Due piatti classici di Chinappi: Spaghetti con le vongole...

...e Sogliola alla Chinappi