«Vorremmo che fosse sempre autunno», dicono i ristoratori e i commercianti astigiani, non certo per le riprese delle scuole o per il rientro dalle vacanze estive, ma perché ad Asti da settembre si vive il culmine di una serie di eventi che caratterizzano fortemente la città e che catalizzano interessi e turisti verso questa parte meno nota del Piemonte.
Il primo di settembre, a partire dallo scorso anno quando il sindaco Maurizio Rasero ha deciso di giocare di anticipo di tre settimane, si è corso il Palio di Asti: «Asti è la città del Palio e il Palio è l’evento che più la coinvolge e più la rappresenta»; non certo solo un evento ma una manifestazione che travolge la città e che percorre gli eventi astigiani per tutto l’anno con preparativi e feste che culminano con la corsa dei cavalli intorno a Piazza Alfieri; una sfida popolare, che sa di Medioevo e di storia, che dà gloria alla storia millenaria di un comune fondato intorno al Mille e che immutabile porta avanti le sue tradizioni con un grande trasporto popolare e un coinvolgimento che raccoglie persone di tutte le età.
Accanto al Palio, Asti ha deciso e scelto di investire fortemente nel settore enogastronomico, per valorizzare e far conoscere la sua posizione (siamo nel territorio identificato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, al centro del territorio tra Langhe e Monferrato), in una zona di grande produzione vitivinicola e di eccellenze alimentari. In questa strategia, nel week end successivo, a una settimana dal Palio si è aperta ad Asti la grande festa gastronomica della Sagra delle Sagre: il più grande ristorante a cielo aperto d’Europa, un momento d’incontro con la cucina del territorio in cui si può assaggiare e vedere all’opera la ristorazione di tutta la provincia astigiana che si sfida sulla sterminata piazza Campo del Palio, presentando il loro prodotto più tipico.

Il Palio di Asti, celebre attrazione cittadina

Douja d'Or, grandi vini astigiani
In contemporanea si è tenuta la
Douja d’Or, il 53esimo salone nazionale del vino che ha assegnato la brocca d’oro (
douja in piemontese) al miglior vino votato da una giuria di esperti tra quasi 300 etichette (
qui tutti i premi); le stesse che il grande pubblico può assaggiare in Piazza Roma, magari insieme ad un Vermouth o una grappa poco più avanti lungo corso Alfieri.
Oltre al vino, che cresce tutto intorno, Asti può vantare anche un’ottima produzione di formaggi di alta qualità, fatta soprattutto da piccoli produttori, riuniti intorno alla DOP della grande
Robiola di Roccaverano, formaggio caprino storico d’Italia, a detta di molti esperti l’unico in grado di essere confrontato con la tradizione dei
formage de chevre francesi; per assaggiarlo e per assaggiare altre fantastiche tradizioni lattiero-casearie il
Borgo affinatori è una meta di grande pregio.
Barbara e
Lorenzo, giovani ed entusiasti, non hanno solo aperto questo piccolo negozio recuperando una vecchia macelleria nel centro storico di Asti, ma dopo un bell’apprendistato da
Luigi Guffanti, hanno scelto la strada di affinare in proprio i formaggi, per personalizzare e ampliare la gamma di prodotti offerti ai clienti: si va da Robiole fresche e più tradizionali, con latte di capra camosciata, a quelle affinate su legno di castagno o nelle bucce di Syrah, oppure il mitico Bruss, prodotto dalle lavorazione di croste fermentate, che danno vita a quel sapore estremo, piccante ed astringente.
Uscendo da Asti non mancano le ricchezze gastronomiche, così a pochi chilometri dal centro si possono visitare le Cattedrali sotterranee del vino di Canelli: le straordinarie storiche cantine scavate per chilometri nel tufo calcareo ad una profondità di oltre 30 metri, in grado di preservare perfettamente il giusto equilibrio di umidità e temperatura e quindi il vino che conservano. Proprio in queste cantine è nato il primo spumante italiano, imitando la tradizione dello champagne francese, nel 1865 nelle cantine
Gancia e
Bosca, si sperimentava il primo metodo classico italiano; ancora oggi gli
Infernot (il nome piemontese per chiamare queste profonde cantine interrate), inserite nella lista del Patrimonio preservato dall’Unesco, conservano la produzione di quattro grandi produttori di Canelli, Bosca e Gancia appunto ma anche a non molta distanza
Contratto e
Coppo.

Tante le cantine di prestigio
Canelli famosa per le bollicine e soprattutto per il
Moscato d’Asti, di cui è in dirittura d’arrivo una nuova DOCG ristretta proprio con denominazione Canelli, custodisce produttori di grandi Rossi come il Nizza, grande e nuova DOCG piemontese, che ha il compito di proteggere ed elevare il Barbera per posizionarlo tra i grandi rossi piemontesi: tra questi merita la visita il grandissimo
Barbera Nizza di Coppo Riserva della famiglia e il
Pomorosso, entrambi posti anni a riposare in botte nelle cattedrali sotterranee di famiglia, entrambi eccezionali per corpo e struttura, con note di frutti rossi e balsamiche.
Ovviamente non manca la possibilità di un grande ristorante e nel continuo vagare per le colline, se si vuole il miglior connubio tra tradizione e creatività, occorre sposarsi al
Cascinale Nuovo, sotto la guida dello chef
Walter Ferretto. Walter è forse l’esempio più concreto di cosa vuole dire essere astigiano e di come sia cresciuta e modificata la cucina del territorio. Il suo ristorante è un simbolo di alta ristorazione e un pilastro della gastronomia locale: da tre generazioni a Isola d’Asti, poco distante dalla autostrada, permette a viandanti e pellegrini gastronomici di assaggiare la tradizione in una chiave evolutiva; dal 1990 il
Cascinale può vantare una stella Michelin, a dimostrazione di due doti difficili da trovare in uno chef, la capacità di evolversi, insieme alla costanza e coerenza di farlo, rimanendo sempre ad alti livelli.

I Tajarin zucchine, cipolle di Tropea e pomodoro di Ferretti

1987 - Millefoglie di lingua di vitello e foie gras con gelatina al Porto, Cascinale Nuovo
Certo il territorio intorno è cambiato e i campi di mais che il nonno aveva acquistato per poi aprire la prima osteria a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, adesso hanno nuovi spazi edificati; la vecchia balera ha lasciato il posto alle sale del ristorante. Con il territorio è cambiata la clientela ed è cambiata la cucina, che ha acquistato raffinatezza, cura estetica, senza perdere il grande rispetto per la cultura e la tradizione contadina, che sono l’essenza e il paradigma fondante di tutto l’astigiano. Quanta tradizione nei Tajarin all’uovo, fatti secondo la vecchia ricetta, servite con zucchine e cipolle di Tropea e quanto stupore nel mangiare la lingua di vitello in un Millefoglie con Foie gras e gelatina al Porto: piatto davvero di grande impatto visivo e gustativo.
Il progetto di Walter come sempre per chi è abituato a non stare mai fermo, ha ampliato l’offerta del Cascinale con alcune suite di alta hotellerie, un bistrot (
l’Altro Cascinale) in cui la proposta è studiata per andare incontro a una clientela più ampia, nonché un laboratorio di pasta fresca artigianale, portato avanti insieme a
Fulvio Siccardi e
Diego Pattarino.