È passato un anno dalla scomparsa di Alessandro Narducci nel tragico incidente stradale in cui perse la vita anche Giulia Puleio, lasciando tutti affranti: dalle famiglie, naturalmente, a tutto il team di Acquolina, il ristorante stellato all’interno dell’hotel romano The First Arte dove lavoravano entrambi. Perché se accade spesso che chi passa la maggior parte del proprio tempo gomito a gomito tra cucina e sala finisca per diventare parte di una “seconda famiglia”, sembra essere stato ancor più vero nel caso di Narducci, che al grande talento univa un carattere solare come pochi.
Forse anche per questo, c’è voluto del tempo per trovare chi potesse ereditare ufficialmente le redini della cucina e avviare un nuovo corso per il ristorante, segnando allo stesso tempo la continuità con un passato che nessuno vuole rimuovere.

L'hotel: sotto, un particolare della lobby; sopra, vista dal rooftop
«Con
Angelo Troiani abbiamo fatto mesi e mesi di
casting - racconta
Andrea La Caita, general manager e socio del ristorante insieme a
The Pavilions Hotels and Resort, mentre lo chef del
Convivio Troiani tiene per sé il ruolo di
executive chef - Ma alla fine nessuno ci convinceva del tutto e in cuor nostro sapevamo che il percorso interrotto così bruscamente un anno fa avrebbe potuto continuare solo con
Daniele. Non a caso, di lui
Alessandro diceva sempre “Questo è il più forte di tutti!”. Ma capivamo che per tanti motivi non fosse semplice raccogliere l’eredità di
Narducci; perciò gli abbiamo lasciato tutto il tempo».
Il momento è arrivato, e da pochissimo il giovane Daniele Lippi è diventato ufficialmente head chef di Acquolina. Romano, classe 1990, Lippi è cresciuto alla scuola dei fratelli Troiani e ha lavorato per nove anni presso il Convivio, di cui era head chef dal 2015. Nel frattempo non si è fatto mancare occasioni di crescita professionale frequentando grandi cucine del panorama internazionale, da quelle del Pavillion Ledoyen con Yannick Alléno al Lasarte di Martin Berasategui (con Paolo Casagrande alla guida), passando per il Piazza Duomo di Enrico Crippa e l’Alinea di Chicago con Grant Achatz.
A una grande tecnica affinata con simili maestri,
Lippi unisce una notevole fantasia che riesce a essere ben centrata e molto concreta, senza rifugiarsi in scimmiottamenti o derive velleitaristiche anche quando punta in maniera più decisa sull’effetto
trompe-l’oeil che contraddistingue gran parte dei nuovi piatti in menu. Dove resta – accanto al percorso degustazione
Bosco e Riviera dedicato a
Narducci che, con proposte di terra e di mare, ne ricorda la capacità di adeguarsi a ogni situazione – anche quello che porta il nome dello chef scomparso con alcuni suoi piatti
signature, dalla
Ricciola scottadito e panzanella alle
Linguine, vongole e prezzemolo, che resteranno fino a fine anno.
Non a caso a illustrare il menu proposto in occasione del pranzo per presentare Lippi alla stampa c’era una reinterpretazione “culinaria” di un famoso quadro di Magritte, con la sagoma di un uomo con la cloche, invece della bombetta, a ritagliare sullo sfondo il cielo con le nuvole. “La realtà non è mai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione”.

Topinambur come un carciofo
Dalla “
morositas” – pralina di foie gras e mora, servita nella carta delle famose caramelle gommose con tanto di pellicola di riso per mangiarla con le mani in un sol boccone, parte della sequenza di assaggi di benvenuto – al
Topinambur come un carciofo: sottili petali di tubero cotti prima sottovuoto con aglio e mentuccia, poi legati a mo’ di rosellina e fritti versandovi sopra olio bollente in modo da farli aprire come se fosse una rosa, in un bel mix tra tradizione romanesca e tecnica orientale che ricrea il sapore e l’effetto croccante del tipico carciofo alla giudia (completato dal pesto di aglio e prezzemolo, dalla nota dolce della crema di topinambur e dal fondo delle sue bucce bruciate) anche quando la stagione di questo ortaggio volge al termine.

La capasanta è il midollo
Ne
La capasanta è il midollo, i ruoli s’invertono: il mollusco è proposto in gremolada, con spuma di risotto e riso alla milanese soffiato (servito dalla confezione di cartone che ricorda quella dei cereali per la prima colazione), il midollo viene gratinato e portato in tavola sulla Saint Jacques. Ben riuscito pure l’onomatopeico
Anguilla Hoink Hoink, dal verso del maiale che in realtà è anguilla, la cui grassezza riporta alle classiche spuntature (costolette); il filetto di pesce viene dunque affumicato, inserito sull’osso e cotto alla griglia, servito con insalata di fagioli solfarini, gel di aceto e cruditè di verdure.
Dal gioco di squadra – in cui
Daniele ha praticamente placcato il pastry chef
Pier Simone Guarino, che coordina anche la proposta del nuovo hotel
The First Roma Dolce (leggi
Se la pasticceria è nell'hotel, la colazione diventa più golosa), per convincerlo a realizzare la sua idea, e ha coinvolto pure la bartender
Valeria Bassetti – e dalla filosofia
zero waste, infine, nasce un dessert davvero sorprendente, a cominciare dal nome:
Pollo al curry. Gli ingredienti del tipico piatto della cucina thai – anacardi, cocco, lemongrass, riso basmati, curry – si ritrovano nelle diverse consistenze creando un effetto complessivo fresco, goloso e inusuale, con tanto di osso (di cioccolato bianco e ripieno di gelato) spolpato. Nel bicchiere, un drink dai toni piccanti e rinfrescanti a base di rum al passion fruit, ananas e mango scottato con curry e curcuma.