«Inizierei sottolineando due fatti: le farfalle che si agitano ancora nel mio stomaco, dopo 16 anni di congresso. Secondo: grazie di cuore alle ragazze e ai ragazzi di Identità Golose che hanno messo in piedi un evento così grande in condizioni così difficili». Massimo Bottura torna super-carico sul palco milanese due anni e mezzo dall’ultima volta.
«Noi siamo gli antichi», incalza. «Siamo il prodotto di un passato enorme alle nostre spalle. E questo ci rende saggi, anche passivamente. L’unico errore che potremmo fare è dimenticarcene. Un passo falso che in Francescana non abbiamo mai commesso. Il passato è un giacimento. È esperienza. È tradizione. È territorio. È il posto in cui le materie prime si contaminano con lo spirito del luogo. L’innovazione poggia su queste basi. Consapevolmente o inconsapevolmente, sono la nostra storia. Noi siamo gli antichi».
Una premessa per ricordare tutti gli exploit sommati nel complicatissimo arco di tempo. «I lockdown ci hanno regalato del tempo, tempo prezioso per noi e la nostra famiglia. Avevamo il dovere di utilizzarlo al massimo». Così: «Da aprile a oggi abbiamo aperto 4 nuovi Refettori: in Messico, a Lima, San Francisco, New York. Giovedì scorso, in pieno lockdown australiano, abbiamo servito il primo pasto alla soup kitchen di Sydney, 200 pasti to go. Poi abbiamo inaugurato il Cavallino a Maranello. Due settimane fa abbiamo aperto Gucci Osteria da Massimo Bottura anche a Tokyo. E le Nazioni Unite hanno fatto di me Ambasciatore contro lo spreco alimentare».

Da sinistra, Valerio Marcattillii e Salvatore Tassa

Takahiko Kondo, chef a Modena
Al tempo stesso, in via Stella sono stati concepiti due menu consecutivi con lo stesso nome e due profondità diverse, «Perché la creatività, diceva
Joseph Beuys, non ha tempo o scadenza, è una candela che va tenuta sempre accesa, sennò muore. Il primo era un menu straordinario, pieno di colori, di quello che siamo noi. Il secondo, l'attuale, ha preso ispirazione dai più grandi piatti della cucina italiana degli ultimi 50 anni».
E via con la narrazione delle corse del magnifico menu in carta ora in via Stella (che
abbiamo raccontato integralmente qui). Sorpresa: sul palco sono chiamati due cuochi da cui ha attinto idee preziose:
Salvatore Tassa (
La Cipolla fondente, che diventa una
Millefoglie di pane e cipolla) e
Valentino Marcattilii (il
Controfiletto del San Domenico che diventa vegano con la Melanzana, glassa fumée e salsa alle erbe). Il cuoco ciociaro racconterà la curiosa genesi del suo piatto
signature, anno di nascita 1990: «Ho iniziato nel nulla gastronomico. C’era solo la cucina di casa. Un giorno un mio cameriere si è rifiutato di portare la cipolla al tavolo. La mia risposta: o porti la cipolla, o esci dalla porto. Lui tornò e lì capii che c’era futuro per la mia cipolla». La riprova è qui, sul palco di Identità.
E via ancora con la trasfigurazione dello Spaghetto freddo di
Gualtiero Marchesi (ora
Insalata di spaghetti al caviale), le capesante ripiene di
Fulvio Pierangelini (diventati
Ravioli di capesante e mortadella, chowder di finocchio, mela marinata), il
Savarin di Riso di
Mirella e Peppino Cantarelli, rievocati con un filmato d’epoca irresistibile (
Chawanmushi di Parmigiano, lingua, spugnole, taccole, asparagi e fondo di funghi), la
Zuppa fredda di Carbonara di
Gianfranco Vissani (che a Modena diventa una
Crema inglese al pepe, guanciale, banana, gelato di pecorino, caviale), il cannolo di
Corrado Assenza…
L’arringa finale è sul tema di fondo del congresso di Identità, “il lavoro”: «Ho ascoltato con molta attenzione il
messaggio lanciato da Carlo Cracco e non posso che concordare con lui e con tutti i cuochi che hanno espresso concetti simili. Oggi fare il cuoco, o meglio il ristoratore, richiede di combinare molti aspetti diversi e uno di questi è la dimensione economica. Lo abbiamo compreso ancora meglio nell’ultimo anno e mezzo. Cominciammo a riflettere su questi aspetti cruciali della dimensione organizzativa qualche anno fa, alla
Business School di Bologna. Capimmo con chiarezza che, oltre alla creatività, alla squadra e alla comunicazione, è importante considerare gli aspetti gestionali. I nostri ristoranti sono imprese a tutti gli effetti. Insieme alla sostenibilità, come valore universale, dobbiamo occuparci anche della sostenibilità economica di quello che facciamo».
«Solo in questo modo possiamo raggiungere i nostri obiettivi. Che sono: la conservazione e diffusione della cultura italiana. L’innovazione come valore condiviso. La generazione di posti di lavoro. Essere imprenditori significa guardare lontano, investire sul futuro. Non investite solo in voi stessi ma sulla squadra, sulla vostra azienda, per crescere lentamente e forti, come le querce. La motivazione non è altro che l’anticipazione delle emozioni. Per questo, immaginate la soddisfazione che proveremo portando risultati per noi, per chi lavora per noi e per le nostre comunità. Grazie».