E' una conversazione sorridente, tra due persone che si stimano, che condividono un'amicizia ormai consolidata, quella che apre la masterclass di Franco Pepe per Identità on the road 2020: seduto di fronte al pizzaiolo più volte eletto come il migliore del mondo, l'ideatore di Identità Golose Paolo Marchi esordisce ricordando la storia della famiglia Pepe e mettendo in luce il profondo legame tra Franco e la tradizione di panificazione portata avanti dal nonno e poi dal padre: «Ho davvero tantissimi ricordi a riguardo - ha sorriso Pepe - è una storia caratterizzata da una grande continuità. Anche se ho seguito un diverso corso di studi, ho sempre passato le mie sere in pizzeria, da quando ero un ragazzino. Continuità è davvero la parola cruciale: a partire da mio nonno negli anni '30 e proseguendo con mio padre, la mia famiglia ha sempre fornito il proprio servizio di panificazione e di panetteria. Sempre».

Paolo Marchi e Franco Pepe durante la registrazione
LA SCELTA DEL NOME: PEPE IN GRANI
«Quando ho aperto la mia pizzeria nel 2012, non potevo usare semplicemente il mio cognome, perché c'era già l'insegna di mio padre a Caiazzo. Poi le pizzerie tradizionalmente si chiamavano con un nome proprio: "Da Stefano", "Da Mario"... Io volevo sviluppare un concetto diverso di pizzeria. Così ho deciso di giocare con il mio cognome e ho scelto di chiamarla Pepe in Grani. Sotto il nome, nel logo, ci sono tre punti, che simboleggiano tre punti cardinali del mio progetto: Pizza - Ricerca - Accoglienza. Volevo una pizzeria diversa dalle altre in particolare per l'attenzione verso il cliente: con sale differenti tra di loro, dedicate anche alle degustazioni. E poi volevo le camere, la locanda: credo sia stata la prima pizzeria a essere anche una locanda, a proporre un'accoglienza curata nei dettagli ai propri clienti. Volevo applicare un concetto
slow alle pizzerie».

Due delle pizze proposte da Franco Pepe durante la sua lezione hanno avuto come protagonista il Grana Padano (nella varietà 12 mesi): la pizza Scarpetta...

...e l'Acciugrana, una pizza fritta che oltre alla crema di Grana Padano è preparata con acciughe di Cetara, spezie e agrumi
LA COLLABORAZIONE TRA PIZZIAIOLI E CUOCHI
«Gli incontri con gli chef hanno rappresentato per me dei mini corsi di formazione, pezzi di crescita professionale che mi mancavano: il pizzaiolo non ha mai avuto una formazione tecnico-scientifica come quella dei cuochi. Quando ci siamo conosciuti con
Paolo, è stato durante delle serate dedicate ai giovani chef emergenti da
Open Colonna: in quelle occasioni ho davvero appreso tantissimo. Dobbiamo capire che non dobbiamo sostituire il pizzaiolo con lo chef, ma la cosa importante è apprendere dallo chef, capire cosa un cuoco ci può dare. Noi siamo degli esperti di panificazione, di impasti, di lievitazioni: lo chef ci può dare invece delle importanti indicazioni su come possiamo accogliere la materia prima, manipolarla e trasformarla, sperando anche i concetti del passato. Non ci dobbiamo più occupare solo di gusto, ma anche di alimentazione, di qualità nutraceutiche del cibo, prestando attenzione alle cotture, a quali ingredienti mettere prima o dopo il passaggio in forno. Oggi è fondamentale sapre lavorare non solo per ottenere il buono, ma anche il sano».

Una delle pizze del menu funzionale: al fianco della pizza vera e propria, l'extra-piatto
IL MENU FUNZIONALE
«Questa per me è un'importantissima evoluzione del mio lavoro: il menu funzionale rappresenta un approccio che considera la pizza anche nei suoi valori nutrizionali. Sono ricette che ho studiato con una nutrizionista, imparando l'importanza del bilanciamento degli elementi: carboidrati, proteine, lipidi. E' importante anche imparare a come cuocere o non cuocere gli ingredienti, per conservare ed esaltare i loro apporti nutrizionali. Ad esempio in una delle pizze che fanno parte del menu funzionale, e che presenterò durante la masterclass, uso una base di salsa di datterino giallo, che va in cottura, e invece dei datterini rossi che aggiungo a fine cottura per conservarne alcune caratteristiche. E poi abbiamo pensato all'extra-piatto, come un contorno da accompagnare alla pizza. Da una parte aumentando il contenuto vegetale della proposta, dall'altra, grazie a un dressing studiato appositamente, per proporre un nuovo modo di mangiare il cornicione, che ne bilanci il contenuto in carboidrati».

La Mediterranea al cartoccio: la pizza viene piegata e avvolta in carta oleata, conservandone gli aromi diversamente da quanto avvenga con i cartoni per l'asporto, e risultando più sostenibile
IL PERIODO COVID-19
«Io mi trovo in un paese di 5000 anime, ma qui grazie al nostro lavoro arriva il mondo. Registriamo davvero tante presenze straniere: tutti sanno che portiamo dalle 12 alle 14mila persone al mese a Caiazzo. Moltissimi, quasi tutti, vengono da fuori. Con il blocco degli spostamenti tra le province e le regioni, io non riesco a lavorare. Il rispetto e la sicurezza del cliente per me sono cose fondamentali: per questo ci tengo a dire che durante il lockdown ho fatto tanto, ho lavorato per studiare i metodi migliori per garantire questa sicurezza, ho cercato un patto, un'alleanza con il cliente, differenziando l'offerta rispetto al passato. Noi ci troviamo in fondo a un vicolo: per entrare da
Pepe in Grani si è sempre fatta la fila in quel vicolo. Grazie ad un'app, siamo riusciti a superare questa cosa e a evitare le file. Abbiamo creato nuove aree dedicate ai clienti, abbiamo differenziato l'uscita e l'ingresso, abbiamo avuto tante accortezze per mettere in sicurezza le persone, non ci siamo limitati al metro di distanza tra una sedia e un'altra. Nei tre mesi e mezzo in cui siamo potuti rimanere aperti, abbiamo servito 50000 persone, e siamo assolutamente certi di averlo fatto nella massima sicurezza».
Sono solo alcuni estratti da una lezione approfondita e molto divertente: seguitela per intero sulla piattaforma di Identità on the road 2020.
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