«Se avessi davanti Giuseppe Conte? Gli chiederei di sforzarsi di distinguere le aziende che lavorano in sicurezza - quelle serie, quelle che fanno bene - da tutte le altre. Di fare controlli rigidi e punire severamente chi sbaglia, dare l’esempio. Aver chiuso tutto in modo discriminato è stata una scelta ingiusta». È più battagliero che mai Enrico Cerea, detto Chicco, nell’intervista concessa a Paolo Marchi per Identità on the road, tra le mura di casa, la Dimora Cantalupa, sede del ristorante DaVittorio, nella campagna bergamasca di Brusaporto. Offriamo qui alcuni passaggi salienti di un dialogo che vale la pena ascoltare per intero, sulla nostra piattaforma digitale.
Il tema della ristorazione post-Covid-19 tiene naturalmente banco su tutti gli altri: «Stiamo vivendo uno stillicidio», precisa il capostipite dei Cerea, «la nostra azienda ha quasi 60 anni di vita e ce la vediamo scappare dalle mani. Dopo la prima ondata ci hanno imposto plexiglass, termometri, mascherine, meno tavoli e poi hanno chiuso di nuovo, senza far nulla in estate. Una logica assurda. Se sulle questioni economiche hanno agito così male, non oso immaginare cosa succederà dal punto di vista sanitario. Manca totalmente uno stato forte che sappia prendere misure precise e poi applicarle. I riti del fine dining non sono quelli dell’aperitivo. La sensazione è che non si faccia alcuno sforzo per capire il nostro mestiere».


La pizza di DaV, il format sperimentato con successo l'estate scorsa
A Brusaporto, invece, hanno lavorato come sempre d’ingegno: «In primavera avevamo riconvertito gli spazi esterni della Cantalupo con
DaV, un luogo conviviale, con menu più semplici di pizza e barbecue. L’abbiamo fatto anche perché non ci piaceva vedere i nostri ragazzi inattivi, in cassa integrazione. Pensiamo che un segreto importante di un’azienda che funziona sia mantenere sempre alti gli stimoli e il benessere di chi ci lavora. È stato un successo così inaspettato che stiamo pensando di aprire altrove nuovi locali
DaV, anche col binomio
pizza and fish. Luoghi con una cucina ben fatta e prezzi corretti».
«Dopo il lockdown, la richiesta dei piatti della clientela è cambiata?», chiede
Paolo Marchi. «C’era un’atmosfera molto particolare. Eravamo sempre pieni, per fortuna. Leggevi una gioia negli occhi dei commensali che non si notava da parecchio. Sceglievano i piatti più cari della carta. Non abbiamo mai ordinato così tanto caviale e crostacei in così poco tempo. Il desiderio di evasione della gente era tale che avremmo anche potuto servire pane e acqua e avrebbero accettato comunque di buon grado».
Ora le buone notizie arrivano dal fronte cinese:
DaVittorio Shanghai ha appena ottenuto la seconda stella, ad appena un anno e mezzo dall’apertura. «Si sono concatenate da subito una serie di condizioni favorevoli», spiega Cerea, «Per esempio, la partnership solida con un socio di Hong Kong, a capo di un fondo importante. Ci conosce da tanto tempo. Tutte le volte che veniva qui ci osservava, ci studiava. A un certo punto ha fatto la sua proposta, che abbiamo accettato. Non è facile fare ristorazione in Cina, anche per problemi linguistici. Ma quando c’è il buon senso, ci si intende sempre. Il posto è magnifico e il cibo italiano è piaciuto da subito, tanto che fatturiamo più ora in epoca post-Covid che prima della crisi. Una riflessione che mi fa girare le scatole il doppio, se penso a come vanno le cose qui».

Chicco Cerea con Paolo Marchi
Nel dialogo, c’è spazio anche per i ricordi: «La gioia più grande per me arriva tutte le volte in cui osservo che il nostro posto funziona. Lo dobbiamo ai nostri genitori, che hanno fatto di tutto per noi. Abbiamo inaugurato la Cantalupa a fine agosto 2005 e nostro padre è mancato il 30 ottobre successivo. Veniva qui a malincuore perché era sempre affezionato a Bergamo centro, dov’era nato tutto. Ma una volta, quand'era molto malato, ci ha detto: ‘Ho pensato molto prima di prendere questa scelta, ma è quella giusta e non tornerei mai più indietro’. Aveva una grande lungimiranza. Ogni giorno gli dimostriamo che la scelta è giusta e questo fatto ci dà grande soddisfazione».
E il futuro? «Papà diceva che occorre sempre essere ottimisti e avere coraggio. Nell’amore, negli affari, in famiglia. È il nostro imperativo quotidiano».
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