Continua la nostra serie dedicata ai più interessanti food writer e critici gastronomici del momento. Dopo il franco-catalano Philippe Regol, il francese François-Régis Gaudry e la sino-americana Melinda Joe, ecco l'italiano Andrea Grignaffini
Sono nato a Parma il 7 maggio 1963, sotto il segno del Toro (con la gola nel destino, dunque). Ho fatto Ragioneria, poi Giurisprudenza. Ho mosso i primi passi con il giornalismo sportivo sulla Gazzetta di Parma: mi occupavo soprattutto di calcio delle serie minori e di ciclismo (che meraviglia tornare a raccontare questo sport, seppur collateralmente, dall'angolo enogastronomico sulla Gazzetta dello Sport nel corso dell'ultimo Giro d'Italia).
Alla fine degli anni Ottanta incontrai il genio poliedrico di Gino Veronelli. Svoltai allora su una passione che mi insegue da bambino: il gusto e i profumi. Iniziai ad avere una curiosità smodata fin da piccolo per la cucina, avulsa dalle affettività tipiche di un bambino. Cercavo sempre sfumature, non ho mai amato nulla di ripetitivo ed ero sempre alla ricerca tra gastronomie, drogherie e negozi di specialità del "nuovo" che fosse un frutto, una verdura o una caramella. I tempi erano quelli che erano ma i miei interlocutori mi davano spago e io me ne approfittavo.
Non amavo solo la Pasta al pomodoro per via di quel profumo di mensa che odiavo e non frequentavo; specialità che ho colto nel suo splendore anni dopo. Ci aggiungi poi quella parte tassonomica tanto cara ai bambini che debbono inserire i tasselli nell'incastro giusto, e un impianto mentale diciamo così un po' strutturalista e il gioco era fatto. Tante letture dei maestri (Brera, Monelli, Imbriani, Pillon, Di Corato) e l'incontro con quello che consideravo il genio magistrale: appunto il leggendario Gino. La scintilla è scattata.

Maestro. Luigi Veronelli (1926-2004)
Altra conoscenza fondamentale fu
Renato Fiorentini, critico avanguardista avanti lettera che mi ha spinto a varcare gli spazi della cucina concettuale. Ho scritto su l'
Etichetta di
Veronelli, inventai con
Andrea "
Puros"
Vincenzi e
Alessandro "
Mapman"
Masnaghetti Torpedo che annoverava poi anche tra i soci
Paolo Marchi e
Luigi Cremona. Poi
Monsieur,
Arbiter,
Espresso,
Giornale,
Gazzetta dello Sport,
Gazzetta di Parma e una ultradecennale direzione creativa di
Spirito diVino.
Se il critico negli anni in cui la cucina era da casseruola (potremmo dire tonale) puntava sulle sue capacità di assaggio e di scomposizione del piatto (una sistema logico deduttivo-abduttivo, simile alle indagini di un detective) per trovare nel palato lo status critico e quindi essere in grado di giudicare un piatto quando si trovò di fronte alla cucina concettuale si trovò spiazzato. Per questo ho trovato fondamentale
Gualtiero Marchesi (da Milano in poi) che ha apportato quei cambiamenti che furono molto simili alle "spoliazioni delle strutture" di
Giorgio Armani.
All'estero poi
Ferran Adrià (il più grande in assoluto) poi
Andoni,
Robuchon,
Veyrat,
Passard,
Gagnaire e
Blumenthal. Ora purtroppo frequento sempre meno l'estero e la cosa mi rattrista. Tra i piatti epocali italiani del passato non potrei non partire da
Riso e Oro di
Gualtiero Marchesi, per l'eleganza fino alla fine del mondo; poi la
Passatina di ceci di
Fulvio Pierangelini per un senso del gusto assoluto; ma vorrei citare anche il Salmone destrutturato e "orizzontale" di
Giulio Cerati, genialode cuoco in Parma assolutamente incompreso in vita per la comprensione di stilemi futuribili.

Riso, oro e zafferano, Gualtiero Marchesi

Passatina di ceci con gamberi, Fulvio Pierangelini
Il futuro sarà sempre più vario e segmentato tra ultra-parcellizzazioni e
crossover tra stili e tendenze come il mercato dei motori insegna, ma anche quello della moda. Sarà sempre più sostenibile,
green, leggero e – generalmente – disimpegnato perché farà i conti su una maggior sensibilità delle nuove generazioni sui temi dell'ambiente e degli animali soprattutto. Ho appena sentito parlare di una nuova forma agrituristica dal nome davvero evocativo: "
l'agrispazio". La dice lunga su come si creino nuovi percorsi fascinosi ed evocativi.
In più il clima sta cambiando le regole del mercato, della somministrazione e dei desideri. Se non accadrà una Piccola Età Glaciale (sorta di replica del
Maunder Minimum) prevista da alcuni tra un paio di lustri ci troveremo con una stagione calda e umida che occorrerà affrontare in cucina e in sala e magari, solo per fare un esempio, l'esigenza delle stoviglie calde sarà solo un ricordo o un magari un incubo...
Chi sono i giovani promettenti? I vostri lettori li conosceranno già tutti da
Francesco Brutto a
Oliver Piras, passando per i
Bros per arrivare a
Gianluca Gorini,
Alberto Gipponi,
Lorenzo Cogo; e già così facciamo un torto a una schiera davvero di fenomeni che se supportati daranno un impulso straordinario non solo alla cucina italiana ma all'Italia in generale.
Sì parla meno di quanto forse si dovrebbe del lavoro di
Paolo Lopriore, dello stesso
Vissani (che pure meriterebbe un libro), di
Igles Corelli e spero si ritorni a parlare di
Pier Giorgio Parini e di
Fabio Barbaglini (due grandi talenti). Auspico altresì che, pur amando la cucina contemporanea, si possa scrivere un libro su chi ha costruito la nuova grande cucina italiana senza aver avuto la notorietà che si merita.
A proposito della fama non dimentichiamo quanto ha fatto la televisione per rendere il cuoco un artista-star, magari c'è stata qualche esagerazione ma è grazie a questo impianto ipermediatico che la cucina si è diffusa tra i giovani che rispondono alla grande volendola studiare sia per comunicarla che per farla.
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