Continua la nostra serie dedicata ai più interessanti food writer e critici gastronomici del momento. Dopo il franco-catalano Philippe Regol e il francese François-Régis Gaudry è il momento di Melinda Joe
Dove e quando è nata?
Sono nata e cresciuta in Lousiana, negli Stati Uniti. Dovreste dunque sapere che le donne del Sud non rivelano mai l’età :).
Quali studi ha fatto? Com’è diventata food writer?
Mi sono laureata in Belle arti alla University of California di Berkeley. Ora vivo a Tokyo, in Giappone. Sono entrata nel giornalismo aprendo un blog su sake e vino. Scrivo di questa materia da giornalista professionista 10 anni. Prima mi piaceva scrivere poesie e storie brevi.
Com’è nata la passione?
I miei genitori avevano un ristorante, sono cresciuta in questo mondo. Venendo da una famiglia cino-americana, il cibo ha sempre avuto un ruolo importante nella nostra vita. Se non sono fuori a cena, provo a cucinare sempre a casa.
Dove scrive oggi?
Sono columnist per il Japan Times, corrispondente da Tokyo per il magazine svedese Gourmet e Tokyo editor per la guida ai ristoranti 12Forward. Ho pubblicato articoli, tradotti in 4 lingue, su Newsweek, Nikkei Asian Review, Conde Nast Traveler, The Wall Street Journal Asia e The Cuisine Press (in Giappone). E poi scrivo per la Guida ai ristoranti di Identità Golose!

Michimasa Nakamura, chef di Sushi M a Tokyo, un nuovo modo di concepire il genere

Il museo del sake Hakutsuru di Kobe
Quali ristoranti le hanno cambiato la vita e perché?
Non sceglierei un ristorante ma un evento legato al cibo, l’edizione di
Cook it Raw che si è tenuta nel 2010 in Lapponia. Mi ha aperto gli occhi, condotto su un livello completamente diverso di fine dining e creatività gastronomica. Tra i ristoranti, direi
Sushi Sho, Sushi Sho Masa e
Umi, i primi viaggi nelle forme più alte di sushi. Direi anche
Benu, a San Francisco, una delle prime insegne a presentare i sapori asiatici, soprattutto cinesi e coreani, con modalità ultra-rifinite e contemporanee.
Quali piatti le hanno cambiato la vita?
Impossibile elencarli tutti. Direi un genere, piuttosto: il sushi. È uno dei motivi per cui mi sono trasferita in Giappone! Ma mi ha cambiato la vita anche il sake: ho cominciato tutto lì.
Fine dining o ristorazione casual: dove va la cucina?
In generale, direi direzione casual. Ma ci attende un futuro di linee sempre meno nette tra i due mondi.
Chi sono secondo lei i cuochi più sottovalutati oggi?
Soffro quando vedo la gente venire in Giappone per provare sempre e solo quei 4-5 ristoranti. Ci sono letteralmente centinaia di cuochi di super-talento nella ristorazione. Per fare un solo esempio di apertura recentissima:
Sushi M, dello chef Michimasa Nakamura, che lavora accanto al sommelier Yoshinobu Kimura, offre un’esperienza radicalmente diversa dal sushi cui siamo abituati da sempre.
Su chi scommetterebbe per il futuro?
I primi che mi vengono in mente sono May Chow dell’
Happy Paradise e Daniel Calvert del
Belon, entrambi a Hong Kong.
Oltre a questi, c’è un tema che le preme particolarmente?
Mi piacerebbe che si parlasse di più di come la ristorazione e il giornalismo di settore possono essere più inclusivi nei confronti delle culture più diverse e della gente di colore.