«È stata una grande sorpresa per me ricevere questo riconoscimento e non posso che ringraziare Identità Golose per aver sempre supportato il mio lavoro; un premio che sento mio, ma ancor più “nostro” e con nostro intendo di mia sorella Carla, anima della sala, e di Matteo (Compagnucci) - al suo fianco nella vita e in cucina - perché abbiamo sempre lavorato come un tutt’uno. Ed è proprio grazie al confronto continuo tra di noi che riesco a migliorarmi, che riusciamo a migliorarci: insieme siamo una forza». E lo sono sul serio.
Esordisce così Sara Scarsella, al timone del ristorante Sintesi, una stella Michelin ad Ariccia (Roma), nonché Miglior chef donna dell’anno per la Guida di Identità Golose 2024, premiata da Acqua Panna- S.Pellegrino; la troviamo qualche sera fa al pass di Identità Golose Milano, calma, concentrata e tanto emozionata, perché per una sera sarà questo il suo palco, in compagnia di Matteo e della brigata di Edoardo Traverso, executive chef dell’hub.

Matteo Compagnucci e Sara Scarsella, compagni nella vita e sul lavoro: sono al timone del ristorante Sintesi, una stella Michelin ad Ariccia, Roma
Un traguardo che non ottiene per caso, né per un talento che sente di aver coltivato dentro sin da piccola. Perché Sara, cuoca, lo è diventata nel tempo. È la risultante di anni; della sua percezione di non vivere il mestiere come tale, ma come una vera e propria ossessione: «Penso alla cucina quando sono a casa, ci penso nel giorno libero, quando cammino; è un luogo che vivo intensamente e non mi pesa starci: da ciò mi accorgo che non è mai stato mero lavoro». Se così non fosse, continua Sara, peserebbero molto di più i compleanni mancati, lo stare lontana da casa per anni interi. «Per passione accetti tutto con un pizzico di leggerezza in più, e anche i premi aiutano in questo». Non di certo per gonfiare il petto di orgoglio. I premi sono piccole pacche sulla spalla, come a dire “sei sulla buona strada”. I piedi, invece, restano ben puntati a terra, precisamente in cucina.
Pensando al tuo percorso da cuoca, cosa ti sentiresti di suggerire alle nuove leve che si approcciano a questo lavoro?
«Intraprendere questa strada non è semplice, ma se devo dirla tutta, non è neanche così difficile. Ci vuole molta convinzione ed è a dir poco necessario circondarsi di persone che riescono a farti innamorare di questo lavoro, e poi sbocciare. Guardandomi indietro, percorrendo ogni singola tappa, consiglierei a una giovane cuoca di non prendere le cose troppo sul personale, specie all’inizio; bisogna portare pazienza e perseverare», commenta chef Scarsella. È pur vero che non ci sono molte donne in cucina e questo è un dato di fatto. Se ne rende conto quando visita le scuole alberghiere dove la presenza femminile è già molto limitata rispetto a quella maschile, forse per mancanza di appeal della vita in cucina, forse perché sono i genitori stessi a condizionare la scelta delle ragazze e a scoraggiarle. Dopotutto, anche i suoi mal digerivano la decisione di optare per l’alberghiero, preferendo immaginare il futuro di Sara in un più rassicurante Classico.
Ma cosa impedisce davvero a una donna di diventare cuoca? Sarà forse la difficoltà nel mettere su famiglia, o c’è dell’altro?
«Il problema è sociale, ma anche politico. Credo che vada ben al di là del puro aspetto famigliare anche perché non tutte le donne desiderano avere dei figli. Dopotutto, per chi è libera professionista come me, mancano ancora sussidi e congedi adeguati. Ed è per questo che parliamo anche di un problema politico. Ciascuna donna, quindi, è chiamata a trovare il suo equilibrio, una missione delicata – perché in un ristorante come Sintesi, per esempio, trascorri molte ore e investi tante energie, che devi scegliere come ripartire al meglio – ma non impossibile», afferma Sara.
Non solo. Occorre uscire dall’ottica per cui questo sia un lavoro duro solo per la donna: lo è anche per un uomo, che avverte la medesima fatica. E, aggiunge Sara, coltiva una medesima sensibilità.
«Vedo me e vedo Matteo, ciascuno con una sua sensibilità creativa. Ma questa differenziazione, più che al genere, è legata a noi come individui. Come Sara e Matteo. Niente di più».
Così facendo, intrecciando le pulsioni dell’uno e dell’altra, unendole alla danza della sala, Sintesi evolve, e lo fa intercettando le preferenze del pubblico: «L’esperienza che abbiamo coltivato fino a ora - commentano Sara e Matteo - ci offre la possibilità di capire in che direzione andare, impegnandoci a portare sempre qualcosa di nuovo e così evolvere, ma al contempo, non possiamo fare a meno di registrare le preferenze di chi siede alla nostra tavola. Ed ecco che ci siamo accorti di come i nostri commensali, ora, preferiscono piatti con una maggiore concentrazione di gusto. Persistiamo, quindi, nella creazione di piatti puliti, lineari, ma con tanto gusto. Sì, tanto gusto e tanto vegetale».
Non è un caso, quindi, che buona parte del percorso ideato esclusivamente per il pubblico dell’hub, ha seguito proprio questa traccia: vegetale, concentrazione, ma anche tanta pulizia, da intendersi come nitidezza, percezione del gusto che arriva indisturbato, ad alta definizione. Una narrazione autentica del territorio, un prospero entroterra, quello dei Castelli Romani, che si arricchisce dell’esperienza di chi ne ha compiuti di viaggi intorno al globo, prima di riaffondare le radici nella propria terra, interpretandola curiosi, lieti di riscoprirla e di farla conoscere attraverso la propria visione e sensibilità, che condividiamo nel delizioso report fotografico che segue.

Tartelletta con persico del Lago di Nemi, crème fraîche al prezzemolo ed erbe
«Ci troviamo tra i due laghi, il lago Albano e il lago di Nemi - spiega Sara -. Proprio da quest'ultimo attingiamo il persico, presenza fissa nel nostro menu. In questo caso, lavoriamo le uova come un ragù, lasciandole cuocere con del pomodoro: diventerà la base della nostra tartelletta, mentre in cima aggiungiamo la tartare. Il tutto viene accompagnato da una crème fraîche al prezzemolo ed erbe».

Cardoncello di grotta, crème fraîche ed erba cipollina
Perché di grotta? Ai Castelli Romani sono tante le grotte di tufo, utilizzate soprattutto nel passato (e in qualche caso ancora adesso) per la produzione del vino. Esiste un’azienda, invece, che ne ha fatto l’habitat per coltivare questa varietà di funghi. Il cardoncello viene quindi rosolato in burro chiarificato con un mix di odori, mentre con gli scarti, si ricava un fondo denso "rinforzato" da porcino secco. La riduzione così concetrata viene spennellata sul cardoncello affumicato, servito con della crème fraîche ed erba cipollina

Tortelli di crostacei e ventricina
Tortelli: perpetua presenza nel menu di Sintesi, mentre mutano i condimenti e le farciture di questi bocconi di sfoglia dorata. Gustosi. Merito del gambero e della ventricina, appena piccante; scalda e non brucia, sfuma lentamente sul palato, placato dalla dolcezza dell’emulsione di pomodoro e stuzzicato da pancia di maiale affumicata. Creano dipendenza

Wellington vegetale, alga nori e tartufo
Una piccola azienda locale che produce semenze antiche fa rientrare tra le sue produzioni anche due tipologie di melanzane, le ultime della stagione: si tratta di due varietà giapponesi, la nagasaki e l’elefantina, dalla forma allungata, spugnose; eppure in cottura diventano particolarmente consistenti. Nella ricetta di Matteo e Sara vengono cotte in un brodo cinese a base di salsa di soia, molto saporito, avvolte da uno strato di lenticchie - che danno ritmo alla masticazione - e alghe, rollate poi con pasta sfoglia e servite con una ricca besciamella al tartufo. La consistenza del vegetale, l'intensità del brodo rimandano a umori carnosi per una melanzana alla Wellington, superba, corposa

Gelato al fungo porcino, caramello ai ceci, nocciola e agrumi
Un percorso circolare che si chiude senza rincorrere toni stucchevoli, ma affidandosi all’umami del porcino, che troviamo sotto forma di gelato, con una punta di nocciola, rotonda, avvolgente; viene abbinato a un caramello di ceci, spumoso, compatto (i ceci cuociono in acqua bollente, vengono frullati, setacciati, quindi uniti a un caramello classico per essere emulsionati insieme) e, per ricordarci che siamo in autunno, salsa alle clementine, morbida nota citrica

NUT, il drink (strepitoso) di Simone Sacchetti, sommelier del ristorante Identità Golose Milano: Bourbon whiskey cotto con crema di nocciole, unito a liquore al mais e sciroppo al miele. Un milk punch chiarificato. La nocciola è intensa e, sebbene il drink conservi una sua dolcezza di fondo, non risulta stucchevole e dà una bella spinta al dessert, fissando ulteriormente il porcino sul palato

La piccola pasticceria: Tartufo appena piccante ripieno di mandorle