E venne il giorno del Cjasal a Milano. Che significa la cucina di quel bel “casolare” (=cjasal) di confine ristrutturato nel 1999 dalla famiglia Manias a San Michele al Tagliamento, l’ultimo comune veneziano che, di là del fiume, diventa Friuli Venezia Giulia.
All’inizio erano papà Enzo e mamma Rosellina. Quindici anni di onestissima cucina tradizionale locale dopo, i coniugi dovettero fare i conti col ritorno a casa dei due figli scalpitanti. Il primogenito Stefano, classe 1987, 4 anni spesi da vice-cuoco delle Robinie - la leggendaria insegna oltrepadana dell'Enrico Bartolini delle origini - e Mattia, 1990, con 6 primavere passate nelle vicine corti degli Alajmo. Con loro oggi c’è la coetanea e fidanzata del secondogenito Elena Falliero, pasticciera con importanti esperienze a Rubano e dintorni.
L’onda d’urto del ciclone a tripla forza sposta Enzo dalla cucina alla sala, che d’estate è un meraviglioso patio coperto davanti a un fogolar sempre acceso. Ed è una benedizione perché, a memoria, nessuno sa raccontare vini friulani e sloveni – noti e misconosciuti - a quel modo, così schietto e paterno. Se si è fortunati, può capitare che te li racconti nell’orto del Cjasal, il giacimento di ortaggi della famiglia, due passi più in là.

Enzo, Rosellina, Stefano e Mattia Manias, famiglia dell'anno per la Guida di Identità Golose 2020

Semi-nascosto, il Cannolo Veneziano
Vista l’estate di pienone ancora in corso (nel weekend ci sono anche 70 persone a servizio che non riesco ad avere il tavolo) a Milano troveremo a cucinare “solo” il primogenito
Stefano. Porterà a tavola un sunto del Cjasal-pensiero in 5 atti. Vediamoli uno per uno.
Assaggio numero uno: il
Cannolo Veneziano, esempio di
cicchetto - anzi,
cjicchetto, con la j –, la tapa veneta (prima che esistesse la tapa catalana), marchio di fabbrica dei Manias dal 2006. Particolarità: la bontà e la leggerezza perché, spiega Stefano, «La cialda del cannolo è fatta con olio extravergine, aceto di Josko Sirk e succo di limone. Niente strutto o burro». L’importante è anche il ripieno: «Baccalà mantecato, olive taggiasche, cipolla e rapa in agrodolce». Un principio detonante.
Con l’assaggio numero due si prende ancora di più la scena il pesce di laguna, vera specialità dei
Cjasalesi, che conoscono i pescatori veneziani quasi barca per barca. «Sarà un’
Insalata di granchio e canocchie, bollite e condite con crema di rapa rossa, emulsione di tuorlo d’uovo, cipolla rossa marinata ancora nel magnifico aceto di Sirk». Il pesce,
gransoporo e
canoce, è quello più soddisfacente della stagione attuale; mentre le rape sono strappate all’orto di proprietà.

Mattia nell'orto del Cjasal
Primo piatto:
Risotto con crema di peperone arrostito, curry e curcuma, latte di cocco e lime. «Qui entra in scena la passione per il viaggio di mio fratello Mattia e la sua passione per le spezie, coerenti comunque con Venezia, un tempo porta di tutte le rarità commestibili d’Oriente. Il peperone è lavorato alla brace, spellato per bene, bruciacchiato e ridotto in crema. Il riso è un Carnaroli di Cascina Venaria. Lo usava già papà e noi abbiamo continuato».
Col secondo, pesce
again, entra in gioco il simbolo dei simboli dell’alto Adriatico: sua maestà la
seppiolina nostrana. «L’abbiamo in carta quasi tutto l’anno», spiega Stefano, «la togliamo solo quando il pescatore ci dice che non è il caso. Sono piccoline e hanno quel gusto quasi lattico inconfondibile. Lw piastriamo semplice semplice con una goccia d’olio e uniamo a una
salsa al pistacchio, rigorosamente di Bronte e a una serie di
ortaggi del nostro orto che non posso dirti in questo momento: decideremo il giorno prima cosa è meglio tra gli ortaggi a foglia tipo i cavoli o i fagiolini…».
La chiusura è un
Brivido caldo, anzi il caldo-freddo disegnato dal termometro di
Elena: «Granita all’uva fragola dei nostri filari - dolcissima, buonissima – al liquore Agricanto e una spuma calda di cioccolato bianco passato tre volte in forno, quindi caramellato. Anzi, quasi bruciato». Magnifico.