Che gran serata, quella di ieri sera a Identità Golose Milano! L'appuntamento al primo hub internazionale della gastronomia, in via Romagnosi 3, era per la presentazione meneghina di Tre Stelle Michelin – Enciclopedia dell’alta ristorazione mondiale con la storia dei 286 tristellati dal 1933 al 2020, tomo ponderoso e poderoso, ricchissimo di informazioni, scritto da Maurizio Campiverdi ed edito dalla Maretti Editore di Imola; una nuova Bibbia del settore, il racconto di tutte le insegne tristellate della storia; vademecum indispensabile per gli appassionati e non solo, già coronato da gran successo (siamo alla stampa della seconda edizione a pochi giorni dall'uscita in libreria) e che noi di Identità Golose avevamo già avuto modo di raccontare con un pezzo di Paolo Marchi (leggi Campiverdi e 286 leggende in rosso) e un secondo articolo del sottoscritto, in occasione dell'anteprima romana, al Glass Hostaria, con un'intervista allo scrittore (leggi Abbiamo rivolto 21 domande al maggior esperto di ristoranti tristellati al mondo. E lui ci ha risposto così...). Insomma: dato che molto è già stato detto e fatto, per l'evento milanese occorreva superarsi, organizzare qualcosa di unico. E così è stato.

Foto di gruppo alla conferenza stampa di presentazione del libro: da sinistra Bartolini, Niederkofler, l'editore Maretti, l'autore Campiverdi, Féolde, Monco, Cerea, Marchi
Prima una conferenza stampa, affollata per quanto consentito dalle norme di sicurezza, distanziamento sociale, mascherine e parterre de rois; poi una cena da "io c'ero", da rievocare con gli amici tra qualche anno; protagonisti dell'una e dell'altra, oltre a
Campiverdi ovviamente, all'editore
Manfredi Nicolò Maretti, a
Paolo Marchi e
Claudio Ceroni, ossia i fondatori di
Identità, anche e soprattutto alcune delle stelle più brillanti del firmamento gastronomico italiano:
Riccardo Monco e
Alessandro Della Tommasina dell’
Enoteca Pinchiorri di Firenze, in sala anche una sempre magnifica
madame Annie Féolde;
Norbert Niederkofler del
St. Hubertus di San Cassiano in Val Badia, Bolzano;
Enrico Bartolini di
Enrico Bartolini al Mudec di Milano e
Bobo e Chicco Cerea di
Da Vittorio a Brusaporto.
Tanta roba, non c'è che dire. Si è partiti dal libro e dal suo autore, che personaggio! Come abbiamo già avuto modo di raccontare:
Il suo esordio fu nel luglio del 1953, a Vienne, pochi chilometri da Lione, quando i suoi genitori – lui dodicenne – lo portarono a La Pyramide, chef Fernand Point, un mito. Da allora Maurizio Campiverdi (alias Maurice von Greenfields), bolognese, 80 anni nel prossimo febbraio, ha visitato praticamente tutti i ristoranti tre stelle dell’intera storia europea, gliene mancano solo tre tra quelli tuttora in attività, ossia il neotristellato Cenador de Amós in Cantabria, il Frantzén di Stoccolma, al top dal 2018, e poi The Araki a Londra, che ha ottenuto i tre macarons due anni fa ma è stato ora cancellato dalla Rossa. Ma Campiverdi è stato anche in gran parte anche di quelli del resto del mondo; in tutto, su 286 locali insigniti del massimo riconoscimento dal 1933 ai giorni nostri, lui ha cenato o pranzato (spesso più e più volte) in 194, oltre due terzi. Si ripromette di accrescere ulteriormente questi dati già clamorosi, che ne fanno uno dei primatisti assoluti.



Manfredi Nicolò Maretti con Marchi

Campiverdi parla sotto lo sguardo di Niederkofler
Una sapienza gastronomica enorme e stratificata nel tempo, che ha dato vita a un volume stracolmo di informazioni, annotazioni, dati, curiosità. Pensiero. Sono tornati gli aneddoti e le osservazioni: come quella dell'eccessiva facilità con la quale oggi la Michelin sparpaglia tristellati in giro per il mondo, «in questo momento ci sono 28 tristellati in Francia, 48 nel resto d’Europa, 15 negli Stati Uniti, 17 nelle città asiatiche, escluso il Giappone che ne ha 22. In tutto 130. Troppi. Il vertice di una piramide qualitativa deve essere un po’ appuntito, altrimenti diventa un altopiano».
La parola è poi passata agli chef tristellati. Cui
Paolo Marchi ha rivolto una domanda comune, tra le altre: come siete giunti alle tre stelle? Quanto è stata una crescita programmata, inseguita, desiderata, e quanto invece "è capitato", diciamo così? E come avete reagito?
Chicco Cerea: «Innanzitutto cerchi di fare bene il tuo lavoro tutti i giorni, senza retropensieri. Non è possibile lavorare con sempre in mente l'aspirazione alle stelle, perché altrimenti si scoppia, specie se i riconoscimenti non arrivano quando ci si aspetta. Ma è indubbio anche il fatto che la voglia c'era, l'agonismo pure, il desiderio di mettersi in gioco e raggiungere traguardi importanti. Lo dico sinceramente. Ho sempre ammirato quelli migliori di me, ho sempre provato a imparare da loro e tuttora devo imparare tanto, perché se ci si sente arrivati ci si ferma ed è la fine. Continuiamo ad aggiornarci, a guardarci in giro, a essere curiosi; si gira, ci si confronta, si cerca di capire. Io, quando ero più giovane, avevo tanti punti di riferimento, miti, stelle polari che seguivo per apprendere meglio questo mestiere. Una è qui di fronte a me,
Annie; poi
Marchesi, Paracucchi, Morini, Alciati, la generazione di mio padre, una classe di ferro che ha fatto tanto per la cucina italiana. Oggi io faccio parte di quel gruppo di lavoro cui è passato il testimone; ed è bello collaborare insieme anche per il bene della tavola tricolore. Sono soddisfatto, perché anche internazionalmente ormai siamo molto riconosciuti, prima eravamo "la cucina della mamma" mentre il fine dining parlava solo francese. Ricordo bene il momento in cui iniziai a pensare di aver raggiunto le tre stelle: vennero a trovarmi
Roberto Restelli e
Fausto Arrighi, un paio di settimane prima della presentazione della Guida Rossa, era la fine del 2009, e mi proposero di curare il catering dell'evento, alla
Triennale di Milano. "Nessun problema", risposi io, e loro: "Però avremmo piacere che tutta la famiglia fosse presente". Lì ho cominciato a pensare che forse forse...».
Norbert Niederkofler: «Io avevo lavorato al tristellato
L'Aubergine a Monaco di Baviera con il grande
Eckart Witzigmann (chef che aveva già ottenuto due stelle negli anni Settanta al
Tantris, sempre nel capoluogo bavarese, prima che quest'altro indirizzo ottenesse a sua volta i tre macarons sotto la guida di
Heinz Winckler, nome tedesco ma passaporto italiano, era nativo di Merano ed è stata la prima toque tricolore a ottenere il massimo riconoscimento, nel 1982,
Gualtiero Marchesi sarebbe arrivato quattro anni più tardi,
ndr). Quando nel 2000 ottenemmo la prima stella
Eckart mi telefonò, scusandosi: "Giuro, non avrei mai scommesso un centesimo sul fatto che saresti riuscito a farcela!". Pensai tra me e me: ora ti faccio vedere io...». Perché era solo l'inizio: si trattava di mirare ancora più in alto,
Norbert raccolse la sfida implicita. Ma come farcela in Val Badia, non proprio un posto di passaggio? «Mi mancava tutto: budget, comunicazione... Dicci: o divento diverso da tutti gli altri o non ho speranze».
Niederkofler avrebbe elaborato da lì a poco il suo progetto
Cook the mountain, snodo decisivo per l'ascesa del
St. Hubertus all'Olimpo gastronomico, insieme agli eventi, ultimo tra i quali
Care's. «A fine 2017 diventiamo tristellati e rivedo
Witzigmann a Kitzbühel, lo avvicino e gli faccio: "Guarda che tutto questo casino è per colpa tua!”. Mi ha fatto i complimenti e si è inginocchiato davanti a me». Una rivincita, e pensare che «io sono diventato cuoco per la cucina. Ma intendo proprio la stanza: fa caldo, c'è gente, mi piace stare lì».
Enrico Bartolini, l'ultimo in ordine di tempo dei tristellati italiani, il riconoscimento è giunto proprio in questo travagliato 2020, per l'
Enrico Bartolini al Mudec di Milano, le tre stelle che tornano nel capoluogo lombardo 27 anni dopo la chiusura del
Gualtiero Marchesi in via Bonvesin della Riva: «Un anno fa non avrei mai pensato di potermi sedere con voi su questo palcoscenico. Sono sempre stato e sono tuttora una persona ambiziosa, amo le cose fatte bene, ma ho sempre atteso il giudizio degli altri. All'inizio della mia carriera desideravo di sentirmi dire "bravo!" perché ero agli inizi e ne avevo bisogno; ora invece preferisco osservare attentamente quello che accade ogni giorno, con molto spirito autocritico. E quando ci è stato comunicato il massimo riconoscimento, ci siamo subito chiesti se fossimo abbastanza bravi oppure no, soprattutto guardando il lavoro che portano avanti i colleghi. Quindi: grande orgoglio e soddisfazione, ma anche la determinazione a migliorarci ulteriormente, perché le persone arrivano al ristorante con grandi aspettative. Dobbiamo dare il massimo. Vogliamo goderci questa grande occasione di anno in anno». Ci aveva spiegato qualche mese fa, tristellato da pochi giorni, leggi
Cena al Mudec: così Enrico Bartolini ci spiega il suo modello vincente: «Devo dire la verità: quando nel 2016 ho aperto il
Casual di Bergamo, quattro giorni prima di sbarcare anche al
Mudec (poco dopo sarebbero arrivati anche l'
Andana in Toscana e il
Roberto's di Dubai, prima sua puntata all'estero, oggi replicata al
Roberto's di Abu Dhabi e allo
Spiga di Hong Kong. Molti all'epoca gli diedero del pazzo, "a partire con tutti questi indirizzi, insieme, si romperà l'osso del collo" era la convinzione diffusa,
ndr) mi sono buttato oltre l'ostacolo; non avevo chiaro un modello, pensavo semplicemente che da lì in poi la mia attività sarebbe stata più faticosa, densa d'impegni. Insomma, davo per scontate mille difficoltà. Ho avuto coraggio e sono stato ripagato».

Riccardo Monco e Alessandro Della Tommasina
Il rapporto di
Riccardo Monco e
Alessandro Della Tommasina con le tre stelle è quello più complesso: il primo all'
Enoteca Pinchiorri è giunto nel 1993, a sostituire
Carlo Cracco in tandem con
Italo Bassi, quando già il locale di
Giorgio Pinchiorri e
Annie Féolde sfoggiava tre macarons, li avrebbe però persi nel 1995 per riconquistarli nel 2004, l'anno dell'arrivo di
Della Tommasina ad affiancare
Riccardo. Raccontano: «Crediamo che la cosa più importante sia conoscere i propri limiti, esserne consapevoli e lavorare per poter andare oltre, farlo quando si è in grado, non prima. L'elemento fondamentale è infatti la costanza nel tempo, è questo che fa la differenza. Poi, ovvio, si cercano i prodotti migliori, i bravi artigiani, le tecniche, la contemporaneità...». Come fu perdere le tre stelle? «Ne capimmo i motivi, e allora togliemmo una sala, raddoppiammo il personale, dammo valore a certi aspetti...». Per mirare di nuovo in alto. Spiega
Monco: «Come nella pittura, arriva un picco creativo, che a un certo punto si ferma; e allora lì bisogna essere bravi a coinvolgere tutta la brigata, composta da altre persone che man mano si uniscono a te e hanno qualcosa da darti. Si tratta insomma di innervare il ristorante di nuove energie, con continuità, mantenendo così col trascorrere delle stagioni la propria identità sempre rinnovata, poco a poco. Fare squadra, sapersi confrontare: fattori che per la generazione più giovane sono quasi scontati, mentre noi li abbiamo applicati già tanti anni fa. Perché il punto centrale non è solo arrivare alle tre stelle, ma mantenerle con "freschezza", per non scadere in una stanca ripetizione standardizzata di sé stessi. La cosa che ci piace vedere, oggi, è quanto l'
Enoteca Pinchiorri sia più contemporanea di quanto gli stessi clienti si aspettino. Siamo stati in grado di mantenere il passo coi tempi senza perdere la nostra essenza. Perché le tre parole fondamentali sono "identità, "costanza", "mentalità"».
Alle chiacchiere è seguita una gran cena, opera degli stessi chef cui abbiamo dato la parola. Eccola.

Crespella di calamaro ai funghi porcini, estratto di alloro, tartufo nero, uova di trota e perle di limone: il piatto di Riccardo Monco e Alessandro Dealla Tommasina, di Enoteca Pinchiorri

Risotto al pino mugo e petto di faraona: il piatto di Norbert Niederkofler del St. Hubertus

Coda di vitello alla Royale, con verza, tartufo, perle di pera, salsa Royale, salsa alle erbe, salsa di pere e ginepro e foie gras: il piatto di Enrico Bartolini di Enrico Bartolini al Mudec

La nostra tarte tatin con gelato al caramello salato, mela di caramello soffiato ripiena di crema alla mela, salsa alla vaniglia: il dessert di Chicco Cerea del Da Vittorio

Annie Féolde e Claudio Ceroni

Niederkofler firma il libro...

Dialogo tra Ribaldone, Cerea, Niederkofler e Bartolini

Della Tommasina, Cerea, Ribaldone, Niederkofler, Bartolini e Monco al pass di Identità Golose Milano

Della Tommasina, Bartolini, Monco

Davide Rampello con Ceroni

Claudio Scavizzi e Chicco Cerea

Andrea Ribaldone, coordinatore dell'offerta gastronomica di Identità Golose Milano

Davide Rampello, Luisa Acciarri, Paolo Marchi

Niederkofler fotografa il suo sous chef, Michele Lazzarini, al lavoro

Niederkofler, Bartolini, Lazzarini

Carlo Passera ed Enrico Bartolini