La luce, in un ristorante, come elemento non marginale. Anzi.
Luce come visione, ma anche come emozione.
Luce come mistero, profondità e seduzione
Sono parole tratte da Incontroluce, il libro di Davide Groppi che passa in rassegna trent'anni di attività di questo geniale designer piacentino, classe 1963, erede del pensiero di quell'amico e maestro Ingo Maurer che unisce arte, design e architettura. Groppi ha cominciato la sua carriera in un minuscolo laboratorio nel cuore della sua città, negli anni Ottanta. Oggi le sue meravigliose realizzazioni sono celebrate ovunque; premio Edida nel 2011 per la lampada Sampei, premio Design Plus nel 2014 per la Neuro, il doppio Compasso d’Oro Adi (è considerato il più storico e prestigioso riconoscimento nel mondo del design, un vero e proprio Oscar) nel 2014 per le lampade Nulla e Sampei, e ancora Menzione d’Onore Compasso d’Oro Adi a Tetatet nel 2016. E ancora, firma l'illuminazione di molti dei più importanti ristoranti: Le Calandre, Osteria Francescana, Mirazur, Enigma, Madonnina del Pescatore, Casa Perbellini... E anche Identità Golose Milano, ma ancor prima Identità Expo nel 2015.
Perché
Groppi, da qualche anno, ha rivolto la sua attenzione anche al mondo del cibo, alla realtà ristorativa; lo ha fatto un po' per caso, un po' per vocazione, trovando terreno fertile, perché nessuno prima di lui aveva pensato e creato soluzioni specifiche per illuminare le più prestigiose tavole del mondo. Ha sempre parlato poco di tutto questo,
Groppi. Lo ha fatto con noi, un pranzo di qualche giorno fa. Ma, intanto, ripartiamo dall'inizio.
Luce come visione, ma anche come emozione
Luce come mistero, profondità e seduzione
Luce come ingrediente
La luce nel piatto

Edivad di Davide Groppi, 2012. Qui, a Il Clandestino di Moreno Cedroni
Abbiamo aggiunto due elementi, a quelli che avevamo citato precedentemente. Ecco: "
La luce nel piatto". Tale concetto è stato anche il titolo di una recente serata, tenutasi proprio a
Identità Golose Milano, durante la quale
Groppi ha raccontato a un folto gruppo di architetti «non tanto le regole, ma quelli che sono a nostro parere i modi migliori che possono essere adottati per illuminare un ristorante in maniera efficace». Ma c'è, appunto, una regola di base? «La principale: la luce come ingrediente della cucina. La luce del
Caravaggio per intenderci, che è ricorrente nel mio lavoro, a prescindere dal luogo in cui opero. E poi un'altra: la possibilità che le persone, attraverso l'illuminazione, ovverosia con la luce nel piatto, possano sentirsi gli unici ospiti del ristorante anche quando questo è pieno. Per me è fondamentale». Creare, attraverso il gioco di luci, tante isole che corrispondano ai tavoli, in modo da rendere l'esperienza gastronomica il più intima possibile. E in più, aggiungiamo noi, consentire la miglior fotografia possibile del piatto, oggi così importante nel mondo della comunicazione social.
Groppi studia queste soluzioni da meno di un decennio. Ma oggi alcuni suoi bestseller, come la Tetatet e la Sampei, sono la soluzione adottata per l'illuminazione dai maggiori indirizzi italiani e non solo. Tutto è iniziato quasi per caso, in maniera inattesa: incontri fortuiti e coincidenze che avvicinarono il designer a tre nomi illustri della ristorazione, quelli di Massimiliano Alajmo, Massimo Bottura e Moreno Cedroni. «Dentro al mondo della ristorazione ci sono volato dentro per caso. Non ho mai pensato: "Arriva Masterchef, tutti parleranno di cibo, cucina, convivialità, quindi muoviamoci anche noi". Non ho fatto calcoli».

Le lampade Ovo e Ovonelpiatto a Le Calandre di Rubano (Pd). Progetto del 2010 di Davide Groppi, sono entrambe firmate Massimiliano e Raffaele Alajmo
MASSIMILIANO ALAJMO - «Appresi un giorno, una decina d'anni fa, che i fratelli
Alajmo avevano acquistato alcune delle mie lampade. Ci parlammo, e da lì a poco nacque un progetto condiviso», che avrebbe portato all'ideazione di alcuni pezzi ormai divenuti iconici e che ancor oggi illuminano
Le Calandre: oltre alla lampada
Punto, che era già del 2004, ecco nel 2010 le due nuove
Ovo e
Ovonelpiatto, concetto di "uovo illuminante" firmato dagli stessi
Max&Raf, che sfrutta il fascio luminoso generato da un semplice Led da 3,5 W, ma potenziato da una lente che ne determina direzione e intensità.
La luce nel piatto è la luce più bella.
Quella che permette di sentirci gli unici ospiti di un ristorante,
quella che ci fa vivere un’autentica esperienza multisensoriale.
Ma, soprattutto, quella che trasforma un tavolo in un luogo di incontro e di amore.
Groppi è orgoglioso del lavoro svolto: «Le Calandre sono splendide, soprattutto la sera. Fuori l'ambiente non ha niente di bello; dentro esprimono al meglio il mio concetto d'illuminazione. Lì è stato fatto proprio un lavoro nella logica de "la luce nel piatto", con molta semplicità».

Illuminazione by Davide Groppi a Il Clandestino di Cedroni

Moon (Davide Groppi, 2005) e Tetatet alla Madonnina del Pescatore
MORENO CEDRONI - Il rapporto tra
Groppi e
Moreno Cedroni nasce, ancora una volta, per caso. Il 31 novembre 2012 una mareggiata distrugge
Il Clandestino.
Moreno con la moglie
Mariella affidano a un architetto i lavori per poter riaprire nella tarda primavera successiva, terminati i quali si accorgono che il professionista non aveva affatto ben riflettuto sull'illuminazione. Non hanno voglia né tempo di ricominciare, spaccare muri, creare nuove tracce. Si rivolgono a
Groppi. «Io in quel periodo avevo ideato una lampada senza fili in una partnership con
Christofle, prestigiosa azienda-gioielleria francese che produce posate d'argento fini e accessori per la casa». Si trattava di una lampada argentata, che doveva essere esposta al centro di un vassoio, «i transalpini non ne capirono appieno la potenzialità, la vendevano a un prezzo mostruoso e poi la concepivano come pezzo da vetrina, mentre per me andava utilizzata, fatta vivere». La chiamata di
Cedroni capita a fagiolo: quella lampada - non più color argento, ma bianca - può rappresentare la soluzione ideale per
Il Clandestino. È la celeberrima
Tetatet, che oggi troviamo in tanti ristoranti e vanta altrettanti tentativi di imitazione. In seguito
Groppi avrebbe curato l'illuminazione anche della
Madonnina del Pescatore.
Mariella Organi ricorda sorridendo: «È venuto qui, ha fatto lo studio delle luci, e l'unica lampada che ci ha permesso di tenere è stata la
Toio di
Achille e
Pier Giacomo Castiglioni».
Groppi: «Non so se è ancora così. Ma fino a qualche tempo fa, a
Il Clandestino i clienti venivano accolti dalle luci delle lampadine alle pareti, appena appena dimerate. Era una luce deludente, molto deludente. Ma poi la prima portata era la luce stessa, la
Tetatet. Questa cosa è bellissima, secondo me».

Tetatet di Davide Groppi, edizione esclusiva per Carlo Cracco al Cracco in Galleria, 2018
TETATET - Prima di questa lampada, non esistevano soluzioni a batteria da tavolo. O meglio, ve n'erano, ma erano fondamentalmente gadget, non riuscivano a illuminare davvero: come la
New Flame, del citato
Maurer. «Noi invece con Tetatet abbiamo inaugurato una classe merceologica: una luca portatile da tavola, a batteria, come apparecchio illuminante, che risolve davvero il problema». Aggiunge
Groppi: «La
Tetatet bianca è un progetto quasi perfetto. È un lavoro sulle dimensioni minime: lo stelo contiene nella dimensione minima possibile la batteria, meno di così non si può; allo stesso modo, la testa contiene nella dimensione minima la parte ottica; la base può essere posta sotto la tovaglia e consente di creare questa sensazione di equilibrio instabile». Negli anni la
Tetatet è diventata anche calice o fonte sonora; vanta edizioni speciali, come quella dorata pensata per
Carlo Cracco in
Galleria. E ora, quali altri possibili sviluppi? «Chi lo sa. Ho sondato tutta la parte wireless che ha generato tante ulteriori collezioni. Mi sono un po' fermato in questo senso: tutti stanno proponendo lampade simili, e non voglio essere io stesso partecipe di questa proliferazione».

Un progetto di illuminazione non firmato direttamente da Groppi, al Vitantonio Lombardo Ristorante di Matera. Nel sasso splendidamente recuperato, i tavoli sono illuminati dalle lampade Sampei (2011). «Una grotta del Rione Sassi lasciata al suo fascino naturale di proposito, su progetto dell’architetto Alessandro Tortorelli. Gli arredi sono essenziali per dare centralità alla tavola, allestita con tovagliato bianco e una lampada che vi punta su per esaltare i colori di ciascun piatto, così come dev’essere per ciascuna opera d’arte»
SAMPEI -
Tetatet è la lampada in assoluto più venduta nella storia di
Davide Groppi, chi frequenta spesso ristoranti di alta cucina ben lo sa. Ma in termini di fatturato, è battuta da un'altra sua creazione, a sua volta assai presente alle tavole e studi più prestigiosi (compreso quello di
Sergio Mattarella al Quirinale): la
Sampei. «La produco dal 2011. Ma l'idea è precedente, del 2008: ero a pranzo con l'amico
Enzo Calabrese e parlavamo di cose da fare. Io sono un appassionato di
ready made. Abbiamo pensato potesse piacerci fare una lampada con una canna da pesca, un
ready made puro appunto; parlavamo dei
Castiglioni, della loro
Toio...». Riflessioni che avrebbero avuto uno sbocco tre anni più tardi: «Mancava poco a
Euroluce. Ero nel mio capannone, ho provato a estendere una canna da pesca applicandovi all'estremità una fonte luminosa. E così è nata la
Sampei. L'abbiamo subito esposta e abbiamo capito che avevamo colpito nel segno»,
Compasso d'oro nel 2014 insieme alla
Nulla.

Lampade Sampei e Nulla (2010) all'Osteria Francescana
MASSIMO BOTTURA - A parlare di
Sampei e
Nulla, però, non si può che pensare a un altro grande italiano:
Massimo Bottura.
Davide Groppi, ancor prima di intervenire a Senigallia, firma anche il progetto d'illuminazione dell'
Osteria Francescana, «
Massimo ha avuto una grande intuizione: scegliere, oltre alle lampade
Mira, anche le
Nulla (per l'ingresso e corridoio) e le
Sampei bianche (per la sala coi quattro tavoli) prima ancora che venissero premiate».
Pochi pezzi selezionati per cercare la bellezza inseguendo la verità. Luce nel piatto e negli occhi delle persone. Tutto è studiato con attenzione, in una combinazione di arte, musica, cibo, profumi, vita
(World Architects)
Ora queste lampade sono anche nel nuovo progetto di Bottura, Casa Maria Luigia, la country house nella campagna modenese, dove sono utilizzate anche altre creazioni di Groppi, come Infinito.

Una rappresentazione grafica della Nulla, in cui luce e buoi sono invertiti. Il numero 18 si riferisce ali millimetri di diametro

La Nulla (quel puntino sulla destra) illumina l'entrata dell'Enigma di Albert Adrià, a Barcellona
NULLA - «
Nulla è la lampada che preferisco in assoluto: leggerezza totale, quando è nata ho pensato: la pubblicheranno moltissimo e ne venderemo poche. In realtà è successo esattamente l'opposto. Sta tutto nella potenza del fascio luminoso. È nata nel 2010: la prima applicazione nel nostro settore della monodimensionalità del led e della cosiddetta ottica secondaria, vale a dire porre mettere davanti a led una lente. Nasce con l'idea di illuminare la tavola». La usa
Bottura come detto, ma anche
Cracco o
Albert Adrià, al suo
Enigma di Barcellona.
Nulla è un lavoro estremo sul tema della sottrazione.
La luce è indagata e presentata come puro fenomeno fisico. La ricerca di una “luce senza fonte” mi ha portato a considerare la possibilità di realizzare un progetto invisibile, magico e illusorio.
Un’idea semplicissima: un buco nel soffitto. Un foro di soli 18 mm, uno speciale sistema ottico e la tecnologia led generano una meravigliosa luce sul piano. Luce profonda e sensuale

Una Imu di Groppi illumina l'insegna all'entrata di Casa Perbellini
GIANCARLO PERBELLINI - «
Giancarlo è bravissimo - dice
Davide - Mi sono trovato a lavorare per lui nel suo locale a Verona, che è piccolo. Quindi ho avuto la possibilità di sperimentare sul posto una serie di accorgimenti che poi hanno anche generato prodotti». Il legame tra i due è esemplificato da una scelta raffinata: lo chef per illuminare l'insegna del suo ristorante ha scelto una
Imu, ossia una lampada di
Groppi che riproduce il profilo di una casa-nido, e va quindi là a illuminare il simbolo di
Casa Perbellini, che è appunto una casa stilizzata. Insomma, perfetta simbiosi.
Imu è una lampada pensata per dare il benvenuto, per illuminare la soglia.
Imu è l’unica casa su cui non si pagano le tasse…
In Piazza San Zeno, a Verona, abbiamo illuminato il nuovo ristorante di Giancarlo Perbellini.
In Casa Perbellini la cucina diventa palcoscenico.
Lo chef e il suo lavoro entrano in scena creando un legame unico e privo di barriere con gli ospiti.
Entrare a Casa Perbellini significa vivere l’atmosfera più intima ed esclusiva della cucina, come andare a casa dello chef.
Per questo motivo abbiamo scelto ancora una volta ”la luce nel piatto”.
Per far vivere l’esperienza della luce come ingrediente fondamentale della cucina.
A Casa Perbellini ci sono anche la Folder, la Mira, la Tetatet e la Moon, che è anche alla Madonnina del Pescatore.

Illuminazione by Groppi a Identità Golose Milano: qui le lampade Infinito (Groppi, 2016) e Mira R (Omar Carraglia, 2012)

Lampade Sampei nella sala Ovale di Identità Golose Milano

Miss (Omar Carraglia, e Tetatet nella sala ristorante di via Romagnosi 3
IDENTITÀ GOLOSE MILANO - «Come mai sono diventato partner di
Identità Golose Milano, illuminandone le sale? Semplicemente io cerco di lavorare con le persone che mi piacciono. Con voi mi trovo bene, con
Paolo,
Claudio, l'altro
Claudio... La mia vita è fatta di casi fortuiti, così è arrivata anche
Identità Golose. Il progetto direi che funziona, con l'architetto
Tordera abbiamo scelto di illuminare l'intero ambiente, non solo i tavoli. Ma io vi suggerisco, alla sera, di abbassare dall'alto, e usare quasi solo quelle sui tavoli», le
Tetatet flûte, proprio per ricreare l'effetto luce nel piatto, dunque la possibilità che le persone possano sentirsi gli unici ospiti del ristorante anche quando questo è pieno.
La luce di Davide Groppi a Identità Golose Milano suggerisce i percorsi, evoca gli spazi, accarezza i tavoli, diventa ingrediente della cucina.
Luce diretta, luce indiretta per vivere un’autentica esperienza multisensoriale
In via Romagnosi 3 sono presenti lampade Flash, Infinito, Mira R, Miss, Nulla, Sampei, Solemio e Tetatet flûte.
FOOD LIGHTING - La nostra breve rassegna non sarebbe completa se non citassimo un ulteriore progetto di
Davide Groppi nel mondo del cibo, - «più che altro un esperimento» sorride lui - ossia
Lemon Ledon (2012), vero e proprio studio di "
food lighting" (fuori produzione). Sono quattro limoni che, collegati in serie, generano l’energia necessaria per alimentare un diodo luminoso. Dunque non solo illuminare il cibo, ma attraverso il cibo. «È un sillogismo: la fortuna della
Tetatet è stata la possibilità di avere a disposizioni diodi che consumano poco e fanno tanta luce, associati a una batteria adeguata, così abbiamo potuto fare un apparecchio che dura 10 ore, era una cosa inedita nel 2012; nel caso dei limoni è la stessa cosa, i diodi consumano poco e quattro limoni possono essere una batteria per alimentare la lampada pur in modo non utile - perché non ha un uso specifico, è un oggetto da esposizione. È infatti il progetto di un artista torinese,
Ennio Bertrand, che mi aveva incuriosito».
Groppi lavora spesso con artisti, si pensi anche alla
Edison's Nightmare disegnata da
Harry Thaler (2014), altoatesino che vive a Londra, «rappresentativa di un'epoca». A marchio inconfondibile:
Davide Groppi.
Di seguito, una selezione di foto su alcune delle illuminazioni più importanti firmate da Groppi in ristoranti italiani e stranieri.

Lampade Moon al Lido 84 di Riccardo Camanini. È realizzata in carta giapponese

Tetatet flûte (Groppi, 2017) al veronese 12 Apostoli

Miss a I Due Buoi di Alessandria, un progetto voluto all'epoca da Andrea Ribaldone

Cathode (Omar Carraglia, ) al ristorante Marconi di Sasso Marconi, chef Aurora Mazzucchelli

Delle Miss all'Aqua Crua di Giuliano Baldessari, nel Vicentino. Le lampade sono state personalizzate con colori studiati da Groppi insieme allo chef

Cathode (Omar Carraglia, ) al ristorante Ca' Matilde di Andrea Incerti Vezzani, a Quattro Castella (Reggio Emilia)

Il progetto di Davide Groppi per il ristorante di Christian e Manuel Costardi a Vercelli (2015)

L'illuminazione dell'Enigma di Albert Adrià curata da Davide Groppi: sono lampade Nulla filtrate in modo da «rendere “unico e magico” ogni tavolo»

Tetatet alla tavola della Torre del Saracino di Gennaro Esposito

Aba 45 (Omar Carraglia,

Tetatet al ristorante numero uno al mondo, per la 50Best: il Mirazur di Mauro Colagreco, a Mentone
Groppi, al di là del suo ruolo nel campo del design, è riuscito a creare una "poetica mimetica" dell'oggetto illuminante: tutti i progetti si fondono con gli ambienti, in questo caso i ristoranti. Le lampade sono costituite di elementi sottili, materici, e geometrici; invadono lo spazio con un sussurro e piuttosto valorizzano il circostante - in questo caso il cibo - attraverso la magia della luce che sanno sprigionare.