Ancora tu. A inaugurare la giornata del Veneto è stato Carlo Cracco, chef vicentino naturalizzato milanese. Che ha infilato all’occhiello del congresso un’infiorescenza di fiolaro, il broccolo feticcio della sua cucina. Occasione ghiotta per narrare aneddoti su un cibo povero assurto a gloria grazie a Gino Veronelli.
Il testimone, del congresso e della cucina vicentina, è passato spedito nelle mani di Lorenzo Cogo, enfant prodige dell’avanguardia italiana. Il tema del congresso, la sana intelligenza, è stato da lui interpretato innanzitutto come post cena. Quindi leggerezza e digeribilità, con l’aiuto di una nutrizionista. “Lo chef deve tradurre le conquiste scientifiche in piatti, educare il cliente al buono”, lo ha imboccato la dottoressa. Ecco quindi 3 “istruzioni d’uso” sotto forma di altrettanti piatti. Il raviolo di cappone di Marano Vicentino ai pistacchi di Bronte intinto in aceto di vino rosso, sul modello del riso raffreddato per il sushi, con artemisia in finitura per l’amaro induce a masticare, predigerendo il cibo e prevenendo l’obesità, ma anche gustando meglio i sapori, con svariati effetti benefici. A seguire un secondo tortello di rosa canina dei monti circostanti, predessert dedicato a Nadia Santini per il modello altrettanto dolce alla zucca, confezionato con il latticello, quindi un fermentato salutare, la mostarda vicentina e il Grana. E ancora il dessert in continuità con il salato: la crema di cavolfiore e cioccolato bianco con gelato di finferli, meringa di gemma di riso e tartufo bianchetto. Concepito per ottimizzare il transito intestinale e propiziare la sazietà attraverso insulina e triptofano.

Paolo Marchi e Carlo Cracco col broccolo fiolaro
Dopo l’apertura di
Casa Perbellini, per
Giancarlo Perbellini un secondo ritorno, quello sul palco del congresso. Il territorio per un veneto è innanzitutto polenta, qui proposta in abbinamenti singolari ricorrendo anche al recupero. Per esempio come maionese di trippa di baccalà con crumble al nero di seppia e scampi croccanti, in modo da variare la polenta con il baccalà. Una ricetta forse meno arzigogolata che in passato, per un tasso di eleganza invariato, democratica per atmosfera e comunicabilità. Il mais entra anche nel raviolo di
crème brûlée dal gusto di pop corn. Dove la scintilla mancante arriva dal carpaccio di storione con caviale affumicato e panna acida. Dolcezza, pastosità, sapidità, fumo, freschezza.
Clin d’oeil postmoderno e aura classica, ma con un “pensiero italiano”.

LA GRANDE LAGUNA. Lionello Cera
Pesce ancora protagonista nell’intervento di
Lionello Cera, forse il migliore cuoco di mare in Italia. Al centro del suo intervento il gusto della laguna, appreso al fianco del papà pescatore e della mamma ostessa, poi navigato in proprio, da autodidatta totale. Ecco allora il brodo freddo di calamaretti a base di acqua iodata di prima estrazione con vongole selvagge scioccate, sogliola croccante, essiccata e grattugiata, polvere di menta della serra di casa. A base di esemplari pescati nel modo migliore da barche di 18 ore. Elaborazioni messe a punto
from scratch anche nel risotto ispirato al brodetto di canocchie della mamma, acidulato dall’acqua di pomodoro, rinfrescato dallo zenzero, variato con cialda ghiacciata di acqua di ostriche, aria di seppia e acqua di 5 differenti alghe.

L'INTELLIGENZA DELLA CARNE. Giorgio e Gian Pieto Damini da Arzignano
La carne ha rivendicato il suo rango in tavola con i fratelli
Gian Pietro e Giorgio Damini I quali hanno messo a bollire sul fuoco il pentolone per il brodo, profumo della domenica nella cui preparazione vengono valorizzati i tagli meno nobili, secondo il valore della sostenibilità. “In tempo di guerra nostro nonno è stato messo in galera perché passava la carne per il brodo alle puerpere anziché darla ai soldati”, hanno ricordato versando i tortellini di Valeggio nel liquido speziato. “La carne buona? Prima della razza bisogna scegliere l’allevatore. Se l’odore nella stalla è sbagliato non può essere buona”. Nel crogiolo punta di petto e doppione in acqua fredda, muscolo di coscia in acqua bollente, tutti di razza limousine, con l’aggiunta di cappone e la carne riutilizzata nella farcia della pasta. Non è prevista filtrazione, come accade anche ai vini naturali.