Come sempre nelle ultime edizioni, tocca al giornalista di Chicago Vince Gerasole introdurre con parole lusinghiere la decima trasferta americana di Identità Golose. «L’Italia», lo segue a ruota il curatore Paolo Marchi, «non è solo pasta, pizza, polenta o tiramisu; noi cerchiamo di far vedere l’altro lato della medaglia, l’innovazione, la cucina italiana che evolve». Nel caso della prima lezione, c’è un corollario importante: «Ci piace parlare anche della fertilità, dello scambio tra frontiere. Per questo iniziamo con Antonia Klugmann e Ana Roš, due grandi cuoche che frequentano i due lati di un confine, Italia e Slovenia».
La prima metà della lezione numero 1 è affidata ad Antonia Klugmann, cuoca dell’Argine di Vencò a Dolegna del Collio (Gorizia), due passi in qua dal confine con la Slovenia. La lezione è scandita in un perfetto inglese: «Guardo tanti film in lingua originale», scherza per rompere il ghiaccio. «Sono di Trieste, una città con tante influenze. Ho un cognome ebreo e nelle mie vene scorre anche sangue pugliese e anche emiliano-romagnolo».
Si parla di memoria e libertà: «Il piatto di oggi è un’evoluzione degli Gnocchi di patate con prugne, un simbolo della tradizione triestina. La mia infanzia mi ha regalato diverse memorie cui sono affezionata; ma non sento per nulla il peso della tradizione. I am a free woman. Uso la libertà per spaziare ovunque. It’s beautiful».

Antonia Klugmann, memoria e libertà

Gnocchi di barbabietola, prugna e rosa, Antonia Klugmann. Wine pairing: Chardonnay Tellus 2016 della Famiglia Cotarella
L’approdo è
Gnocchi di barbabietola, prugna e rosa. «Ho una fissa per la frutta con impiego salato, un’usanza di origini austriache. Credo che questo piatto sia un sunto della mia cucina di oggi, anche in termini di
no waste e di lusso. Che per me non vuol dire ingredienti costosi ma è il lavoro, le mani, la conoscenza del cuoco, le ore spese a concepire e servire una pietanza. Sapete quanto tempo occorre per fare questa barbabietola? Questo è lusso e io non devo disperdere nulla di questa energia di lavoro, terreno, spettro di sapori diversi. Amaro, dolce, succo, polpa… Il cuoco ha il dovere di valorizzare ognuna delle componenti naturali
amazing di un frutto come questo».
Mentre scorrono sugli schermi le immagini dell’Argine, la cuoca elenca i passaggi tecnici con efficacissima didattica. Da una purea di barbabietole, patate, uova e farina si ottiene un impasto soffice da cui ricava gli gnocchi, cotti in acqua bollente e poi saltati in padella. Lo spreco zero le impone di mantenere succo e polpa della bietola, trattata cruda con sale e aceto di vino rosso, fino ad assumere una casuale e impressionante «somiglianza col cioccolato bianco».
La gelatina di prugna è ricavata da un artificio naturale (niente agar-agar, pectina o colla di pesce) particolare: il succo è ottenuto per filtro da una cottura al vapore. Poi c’è il topinambur, disidratato e fritto, «di cui mi interessa il sapore, piuttosto complesso, simile al cioccolato. Cresce dappertutto attorno al mio ristorante. Non sarà caviale ma è in cima alla mia lista personale». Completano una polvere di ibisco disidratato e una salsa delicata di stracchino. «Colori magnifici», commenta
Gerasole, ancora di più lo spettro dei sapori.
L’ultima battuta è sulla questione differenze di genere in cucina: «Vorrei avere più donne in cucina», chiude Klugmann, «ma questo non succede semplicemente perché non ricevo proprio curricula di ragazze. È un problema che non riguarda solo la cucina ma la società in generale. Oggi abbiamo tutti più possibilità e occasioni per migliorare lo stato delle cose».

Compe s skuto, cioè formaggio fermentato, cioccolato affumicato e patata in crosta di fieno, Ana Roš e Yvonne Simon. Wine pairing: Merlot Sodale 2015, Famiglia Cotarella
Da Dolegna del Collio si scollina a Caporetto per la seconda parte della prima lezione.
Ana Roš non c’è, ko per un virus che l’ha debilitata e lasciata a casa in Slovenia. Parte un video in cui la cuoca di
Hisa Franko riassume un poco desolata i contenuti della lezione e del piatto: «Nella mia lingua si dice
Compe s skuto ed è un piatto che mette assieme formaggio fermentato e cioccolato affumicato con accanto una patata in crosta di sale e fieno. Il formaggio è uno dei grandi tesori delle nostre terre e noi abbiamo il compito di preservare e valorizzare al meglio i gioielli che ci portano i produttori dalle alte vette. Yvonne saprà illustrarli benissimo».
Yvonne di cognome fa
Simon ed è più di una supplente di
Ana Roš. Sous chef da un più di un anno dell’insegna di Staro Zelo, «è una delle cuoche più importanti della mia cucina», specifica la boss. Ha una formazione italiana, in qualche modo: «Ho imparato a cucinare ad Alma», si presenta la ragazza di San Francisco, «poi sono tornata di nuovo in California, facendo esperienza per 4 anni al
Quince (3 stelle Michelin,
ndr). Un anno sabbatico e poi ho mandato un curriculum ad Ana Ros. Mi ero innamorata della Slovenia, un paese che toglie il fiato».
La pietanza è in doppio servizio: in un piatto c’è una patata baby messa in forno a 180°C per, 20 minuti. La chiude una crosta di fieno e camomilla molto aromatica. Nel secondo piatto c’è il clou: un cono di formaggio fermentato, circondato da cioccolato affumicato». Un piatto che si beffe delle categorie precostituite, spiegato con procedere chirurgico, passaggio dopo passaggio.
Anche qui, l’ultima battuta è sullo squilibrio uomini e donne nelle cucine: «Ma da noi la composizione dei due sessi è perfettamente in equilibrio». Caso rarissimo. «Non è voluto ma siamo contenti perché magari può alimentare un dibattito importante. Il momento è di certo quello giusto».