23-03-2017
Bob Noto in una foto scattata nel 2013 durante un convegno all'Univesità di Scienze Gastronomiche dello Slow Food a Pollenzo in Piemonte
Ci sono persone che alla loro scomparsa non meritano di essere ricordate nemmeno con una birra calda e altre, purtroppo mai abbastanza, per le quali le lacrime e la miglior bottiglia di vino che hai in cantina non bastano. Bob Noto, torinese classe 1956, appartiene ai secondi, alla tavola dei migliori. Come ha ben ricordato Albert Sapere nel blog di Luciano Pignataro, merita lo champagne più elegante esattamente come lui evocò alla morte di un’altra grande figura, lo spagnolo Juli Soler, l’alter ego in sala di Ferran Adrià al Bulli in Catalogna.
Gran brutta settimana, apertasi domenica con la notizia della scomparsa di Andrea Salvetti, artista e designer quasi cinquantenne, tradito in Toscana da un cuore che non ha retto a un infarto. Salvetti, amico e complice di Paolo Lopriore con efficaci e straordinari oggetti per la cucina e la tavola, portati anche alle ultime edizioni di Identità Golose sotto l’ala della Cucina Conviviale.
E ieri Bob Noto, che nei giorni feriali trovavi nella grande bottega di famiglia a Torino, che in tanti definivamo ferramenta ma che era molto di più, anche se non era quello che davvero gli stava a cuore. Bob era grafico e fotografo ma, soprattutto, un palato eccezionale nonostante fumasse come pochi. Di lui Adrià
Paolo Lopriore e Andrea Salvetti nel 2016 a Culinaria
In Italia tutti saremmo andati a Cala Montjoi prima o poi perché era troppo evidente che negli anni Novanta gli Adrià, il fratello maggior Ferran e quello minore Albert, stavano rivoluzionando la cucina mondiale. Certo che Bob accelerò questa conoscenza avvisando gli amici di Slow Food, del Gambero Rosso… che lì stava accadendo qualcosa di decisivo. E poi il congresso di San Sebastian, Lo Mejor de la Gastronomia, pensato da Rafa Garcia Santos che aveva nel torinese un formidabile alleato.
Bob sapeva esaltare il meglio sia fotografando le preparazioni migliori sia raccontando il “peggio della gastronomia” come fece in una delle prime edizioni del Salone del Gusto di Slow Food al Lingotto di Torino quando Carlo Petrini
Bob Noto e, di spalle, Ferran Adrià
Però Bob parlava soprattutto attraverso le immagini, non solo perché sapeva fotografare ma anche perché non sapeva scrivere, da giornalista ovviamente. La pagina rimaneva bianca, le schede fotografiche mai. Valevano un articolo e parliamo anche si vent’anni fa quando nessuno si immaginava l’avvento di Facebook e dei social e scrivere era fondamentale. Succedeva che il piatto arrivava in tavola, veniva messo su una sorta di set, la macchina su un mini-cavalletto e il clic fatto. Se poi la stessa preparazione convinceva Bob, la foto sarebbe stata pubblicata, con il piatto scontornato perché assumesse una vita propria, che prescindesse dall'assaggio precedente. Altrimenti cancellata. C’era insomma una prova da superare, la prova-palato. Il quadro aveva una sorta di valore notarile. Non come adesso che plotoni di food-blogger cercano prima di tutto il piatto fotogenico, e poco importa se sa di poco. Si è in troppi casi passati dalla testimonianza della bontà al fissare la bellezza senza verificarne i contenuti, che non sempre ci sono.
Purtroppo questa volta la malattia c’era per davvero, e grave. Quando il 6 febbraio Bob si presentò a Bologna per la laurea honoris causa a Massimo Bottura aveva il volto di chi soffre. Una vita a colori stava sempre più velocemente lasciando spazio a crude immagini di bianco e nero. Fino alla dissolvenza totale.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi
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