Un viso pulito, occhi scuri e andatura decisa. E' salito sul palco di Identità Milano con la briosa semplicità di un trentenne. Dietro a quella giovinezza, c’è la sicurezza fiera del cocinero peruviano venuto in Italia per un motivo preciso: raccontare la storia della cucina del suo Paese. Sì, perché la cucina peruviana non è solo la tendenza del momento. È soprattutto consapevolezza sociale, recupero, creatività e maestria tecnica. E Palmiro Ocampo è uno dei suoi esponenti di spicco.
Lui, che dopo aver appreso i rudimenti alla Cordon Bleu di Lima, «a 16 anni faceva già il cuoco», lui che è stato in molti ristoranti in giro per il mondo: Noma, Celler de Can Roca, Evo e Mugaritz. È inoltre membro dell’Académie Culinaire de France, fondatore di Ccori Ccori, un’organizzazione che si batte per promuovere la cucina del riciclo ed è direttore di Incubation, ente di ricerca che investiga sui contenuti del cibo da un punto di vista accademico, scientifico e gastronomico. Come se non bastasse, Palmiro insegna all’Università San Ignacio de Loyola e dirige il festival Apega e la leadership di Generación con Causa, un collettivo battagliero di giovani cuochi peruviani, con tanto di manifesto programmatico.

Fragoline selvatiche con legno di cipresso
«Essere uno dei giovani rappresentanti della cucina peruviana è una grande responsabilità - ha commentato - Credo che le persone che hanno il privilegio di essere ascoltate hanno la responsabilità di dare un messaggio corretto al mondo, di essere un esempio». E il più grande esempio, per
Palmiro, sono i suoi genitori. «Loro mi hanno insegnato prima di tutto a far star bene gli altri, ad essere in sintonia con quello che mi circonda e a sognare di cambiare il mondo, se necessario. Loro sono stati i miei maestri, ancora prima di qualsiasi insegnante incontrato durante la mia gavetta».
Con tutto quell’amore nel cuore,
Palmiro ha continuato a seguire il suo sogno: avere un ristorante tutto suo. Nel distretto di San Isidro, a Lima, ha aperto infatti il suo innovativo
1087 Bistro. Un locale che ha pochi tavoli e un ampio bancone a ferro di cavallo attorno alla cucina. «Il mio ristorante è uno spazio intimo di complicità, dove serviamo una cucina peruviana contemporanea e cosciente che rispetta l’ambiente - spiega
Palmiro - una cucina di tradizione che guarda all’innovazione».
Nel suo locale, Ocampo ha la fortuna di poter esprimere il suo estro, con tutta la libertà possibile. «La mia cucina è ottima, perché sfrutta al massimo la materia prima - spiega - in questo modo posso regalare più sapori, utilizzando lo stesso ingrediente». Ed è il caso della banana utilizzata durante la lezione di Identità MIlano, usata sia per preparare gli Ñoqui di Maduro, sia per il Tuétano de bellaco, un antipasto ottenuto dagli scarti del piatto precedente. «La mia cucina fa bene, perché è comunicazione. Credo infatti che cucinare sia il modo migliore per interagire con tutto quello che ci circonda».

Ocampo con la moderatrice del uso intervento, la food writer Sara Porro
Palmiro propone una cucina contemporanea che ha una sola missione, dice lui, «faccio una gastronomia che si preoccupa dell’ambiente e che non spreca alimenti». Perché quello che vuole fare è rispettare il prodotto e utilizzarlo il più possibile. Materie prime buone, spesso sconosciute in Italia, ma che pian piano si stanno facendo apprezzare. «Il mio sogno sarebbe vedere i prodotti peruviani nei mercati di tutto il mondo - confessa - poterli condividere con tutti».
Ingredienti d’eccellenza per una gastronomia, quella peruviana, che sta prendendo una direzione tutta nuova. «In Perù c’è una cucina con molta identità, caricata del patrimonio dei nostri avi, che privilegia la biodiversità e le diverse culture - spiega Ocampo- ma che segue la tendenza globale e ha la capacità di adattarsi al cambiamento».