Discorsi sull'Arte dell'ospitalità. Sul punto Identità Golose e Cantine Ferrari hanno scommesso parecchio, moltiplicando le voci nell'auspicio che il messaggio sul ruolo della sala arrivi chiaro forte e lontano. Il più possibile. «Una grande sala salva un piatto modesto, un grande piatto può essere rovinato da una sala modesta»: parola di Massimo Bottura, chiamato a dire la sua sul palco dell'auditorium in qualità di vincitore della scorsa edizione di The World's 50 Best Restaurants, e che è intervenuto insieme a Umberto Bombana, vincitore del premio alla carriera per l’Asia 2017, Soren Ledet, direttore e comproprietario di Geranium di Copenhagen, Marco Reitano, sommelier de La Pergola di Roma nonché presidente dell’associazione Noi di Sala, e Maurizio Saccani, direttore operations di Rocco Forte Hotels. L'onore dell'accoglienza, nel caso di specie, è toccato a Matteo Lunelli, presidente delle Cantine Ferrari, a William Drew, group editor di The World's 50 Best Restaurants, e naturalmente al padrone di casa del congresso, Paolo Marchi.

Da sinistra Maurizio Saccani, direttore operations di Rocco Forte Hotels, Marco Reitano, sommelier de La Pergola di Roma nonché presidente dell’associazione Noi di Sala, Matteo Lunelli, presidente delle Cantine Ferrari, Paolo Marchi, William Drew, group editor di The World's 50 Best Restaurants, Massimo Bottura, Umberto Bombana, vincitore del premio alla carriera per l’Asia 2017, Soren Ledet, direttore e comproprietario di Geranium di Copenhagen
Quale è il gesto innato di cui un aspirante cameriere deve essere dotato per avere accesso alla sala della
Francescana?, ha chiesto
Marchi.
Bottura: «Ci sono persone che arrivano da noi da tutto il mondo. Io e
Beppe Palmieri chiediamo loro sempre chi sono, innanzitutto. E chiediamo di scrivere su un loro block note cosa significano le parole umiltà, passione e sogno. Ho letto cose straordinarie, e spero un giorno di poter pubblicare un libro con le risposte dei ragazzi. Quelle risposte sono la discriminante. Il resto si impara con un dialogo costante con la cucina».
Le aspettative in crescita riguardo alla sala sono le stesse anche in Asia? La risposta è sì, parola di
Umberto Bombana (unico chef italiano tristellato all'estero, fino alla recente ascesa anche di
Paolo Casagrande): «La cosa più importante è che quando arrivi al ristorante tu devi vedere una persona, non un cameriere. Un punto di riferimento, una fonte di benessere. Il cliente, se sta bene, accetta anche qualche sbavatura che riguardi la cucina».
Parole di grande ottimismo sono arrivate dalla voce di
Marco Reitano. «Le domande sono in aumento - ha annunciato il numero uno di
Noi di Sala - Certo, la maggior parte delle volte il personale che si propone ha avuto esperienze frammentarie e una attitudine alla leggerezza che non devono appartenere al nostro, che è un mestiere duro. Ci vogliono due-tre anni di formazione per entrare nel team, e uno slogan che deve entrarci dentro:
la persona più importante in un ristorante non è il cuoco né il cameriere, ma il cliente».
Maurizio Saccani ha lanciato un'allerta: «Siamo di fronte a una grande rivoluzione, stessa portata di quella che ha messo al centro dell'hotellerie il cliente agli inizi del '900. Con una differenza. Oggi l'ospite è enormemente più informato. Non cerca solo la commodity, cerca un'esperienza, vuole conoscere la cultura del luogo. L'interazione è richiesta dunque a tutti i livelli e la prima alla quale chiede è la cameriera ai piani».
LEGGI ANCHE: Cantine Ferrari con Identità? Ecco perché, di Carlo Passera