Quello di Kobus van der Merwe, 37 anni, è un doppio viaggio: il primo, che dura da 7 anni, è alla ricerca del gusto nelle terre selvagge della Costa Occidentale del Sudafrica, che lo ha portato dalla professione di giornalista enogastronomico a quella di cuoco nel paese di Paternoster. Il secondo è decisamente più breve, ma ugualmente importante, ed è lungo giusto 6 chilometri: questa è infatti la distanza che compie tutti i giorni, in bicicletta, per raggiungere il suo ristorante. E questa strada ricopre un ruolo fondamentale, per Kobus e per la sua ristorazione: perché è lungo il tragitto che trova erbe, piante e arbusti spontanei, selvatici, che utilizza per la realizzazione dei suoi piatti.

L'affumicatura delle cozze con la salvia africana
Il paragone, anche azzardato, è con
René Redzepi, con un legame quasi viscerale con il territorio: «Sulla costa occidentale del Sudafrica – spiega
van der Merwe – i ristoranti fanno quasi tutti
fish&cips. Non vengono utilizzate le risorse del territorio. Il mio ristorante, invece, vuole essere il risultato di una ricerca sul territorio, delle piante ma anche delle persone». Il nuovo ristorante di
Kobus è stato inaugurato solo sei mesi fa: «E’ un piccolo cottage, per una ventina di posti, con un solo menù di sette o otto portate. La mia non è una cucina high tech, ma si basa solo sulle piante e sui prodotti della Costa Occidentale».
Da qui nasce la sua personale interpretazione dell’insalata. Solo con erbe piante selvatiche, come lo sphalmanthus, «una pianta mai catalogata come ingrediente nelle ricette sudafricane, anche se gli aborigeni l’hanno sempre utilizzata. La trovo d’estate, quando l’ambiente diventa praticamente semidesertico. Uso anche la Salcornia, ma la pianta che preferisco è una sorta di sedano che viene raccolto sulle dune sabbiose: noi utilizziamo tutto di questa pianta, si tratta di una specie mai documentata, che utilizzo per applicazioni dolci e salate».

Kobus van der Merwe ha lasciato un lavoro da giornalista enogastronomico per dedicarsi alla cucina
E ci sono anche gli spinaci raccolti sulla spiaggia, uniti a un miele che, proprio grazie a queste piante selvagge, diventa molto aromatico. Poi c’è l’
amasi, prodotto tipico africano, che è un latte fermentato, poi fatto essiccare, al quale viene infine aggiunto latte di capra. E aggiunge anche
conicosia e alghe e bottarga di pesce snoek.
Le erbe hanno un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda le cozze, cotte in maniera semplice, ma poi affumicate, facendo bruciare direttamente sul piatto dei rami di salvia africana. «E’ un piatto interattivo, dove al cliente arriva prima il profumo dell’affumicatura, poi il cibo».