Frédéric Panaïotis, chef de cave della Maison Ruinart, mostra la foto di un antico documento: «Vedete, questa è la prima bolla di trasporto di un vino che, ai tempi, veniva chiamato Occhio di Pernice, e che in realtà è il primo Rosé. E porta la data del 1764».
È lo champagne Ruinart Rosé il protagonista dei tre giorni di Identità di Champagne. Un prodotto dalle origini antiche, ma con un'anima moderna e vitale. Come sono moderni e vitali anche i tre protagonisti della prima giornata, cioè Caterina Ceraudo, Simone Padoan e Marco Sacco.

Caterina Ceraudo e Frédéric Panaïotis, chef de cave della Maison Ruinart: a loro è toccato l'onore e l'onere di aprire la prima lezione della prima giornata di Identità di Champagne
Panaïotis ha voluto comunque evidenziare come la filosofia di
Ruinart sia ben presente anche nel
Rosé. «La firma dei nostri vini è lo
Chardonnay, perché è più fine ed elegante rispetto a
Pinot Noir e
Pinot Meunier. Noi abbiamo deciso che lo
Chardonnay dovesse avere un ruolo fondamentale anche nella creazione del
Rosé, tanto che ne abbiamo quasi il 50% nell'uvaggio di questo vino». Nel caso dello champagne portato in degustazione, realizzato con la maggior parte della vendemmia 2013 (ma anche con riserve 2011 e 2012), lo
Chardonnay rappresenta il 45%. A questo si aggiunge
Pinot Nero e una percentuale di circa il 20% di vino rosso (nel caso specifico di questa produzione, siamo al 16%). «Il vino rosso - precisa
Panaïotis - non è un prodotto qualsiasi, ma è un
Pinot Nero, che arriva da un vigneto
Premier Cru, che viene vinificato in maniera "leggera", finalizzato proprio alla realizzazione del
Rosé».
A parte le note tecniche, il
Rosé è un vino "goloso", versatile, e adatto a molteplici abbinamenti. Come dimostra il primo incontro con la cucina: il viaggio dello
Champagne Rosé di
Maison Ruinart arriva fino alla Calabria, ai vigneti di Strongoli, dove vive
Caterina Ceraudo. Quello che ha presentato la giovane e talentuosa chef del
Ristorante Dattilo è proprio un
Viaggio tra i vigneti, che è anche il nome del piatto creato in abbinamento allo
Champagne Rosé. «Questo piatto - spiega nasce dallo studio dello champagne, ma è anche un modo per far assaggiare il luogo dove io vivo, casa mia. Ho voluto lavorare su quello che sono i miei amori: la cucina, il vino, la vigna, la famiglia».
Così è stata scelta la carne Podolica, razza diffusa in Calabria, e le rose, che sono presenti all'inizio di ogni filare. La carne è stata lasciata marinare tra le rose secche per tre giorni. «Ho cercato anche di rappresentare il lavoro umano, le potature, e i sentori di humus e di terra. Perché la Calabria non è solo il caldo dell'estate, ma anche la pioggia di alcuni altri periodi dell'anno. Poi ci sono il topinabur, fatto come se fosse una corteccia, e l'acetosella, che si trova tra le vigne». C'è anche un olio al lampone, per accentuare le sensazioni naturali che arrivavano dalla marinatura con le rose, e il caffè: «Un omaggio a chi lavora tra le vigne, che alla mattina prima di iniziare e durante le pause bevono un caffè». E l'abbinamento con Ruinart Rosé è stato straordinario.
Pizza e champagne è un accosramento, invece, che ora inizia ad essere di moda. Forse lo era meno nel 1999, «quando abbiamo fatto la prima serata di questo genere - racconta
Simone Padoan, chef e patron dei
Tigli a San Bonifacio, in provincia di Verona - non era proprio così». Certo, quella di
Padoan non è una semplice pizza, ma qualcosa di più. «La pizza è la base della mia cucina - spiega il bravo cuoco veneto - ma la mia idea è sempre stata quella di fare qualcosa di più, di cambiare questo mondo». Tempi passati, quando il concetto di pizza gourmet non era nemmeno abbozzato. «Ho cercato non tanto di parlare io - continua - ma di far parlare quello che facciamo nel nostro locale». Un azzardo, per certi versi. Come un azzardo è stato anche l'abbinamento con lo
Champagne Ruinart Rosé, come ammesso anche da
Padoan: «Il
Rosé ha sentori di agrume, di pompelmo, con un finale leggermente amaro. Allora sono partito dall'idea di utilizzare il piccione assieme a cavolo, scorza di limone e vermouth, che mi dà la parte speziata». Ovviamente tutto su una splendida base di pizza. Abbinamento azzardato, ma riuscito. E anche molto apprezzato.
Lo chef d’acqua dolce, Marco Sacco, ha chiuso la prima giornata di Identità di Champagne. Anche lui ha scelto un azzardo, visto che lo Champagne Rosé, seppur versatile, poteva essere preponderante rispetto a un pesce d’acqua dolce. Ma Sacco, due Stelle Michelin al suo Piccolo Lago, sul lago di Mergozzo, a un’ora di auto da Milano, ha voluto proporre la trota. «Abbiamo cercato di rispettare questo pesce, che è molto delicato, mettendolo in acqua calda, chiuso in alcuni sacchettini, per 20 minuti. Così lo abbiamo portato a un livello di cotto-non cotto, lasciandolo morbido e non stopposo». A questo è abbinato un “incrementatore” del gusto, una sorta di panna acida realizzata con burro, scalogno, ribes e panna, il tutto sfumato con lo Champagne Rosé, quindi frullato e filtrato. L’abbinamento è perfetto. Nel segno del rosa.