Altro che il 5-5-5 di Oronzo Canà. È lo schema di Frédéric Panaïotis, chef de cave della maison Ruinart, per il consumo di Champagne. Una bottiglia, quattro persone, dieci minuti. E la bottiglia è bella che stirata (ce la possiamo fare). Specie se nel calice c'è l'"R" de Ruinart, la cuvée più classica della più antica maison della Champagne, che ha accompagnato nella seconda giornata di Identità di Champagne, nella sala Gialla, il piatto di Claudio Sadler, chef di Sadler a Milano. Nome in codice, assai generico (meglio non dare riferimenti): Bollicine a tutto pasto. Si tratta di un raviolo a forma di nido, riempito di ricotta di Seirass, asparagi e un tuorlo d'uovo («Di galline felici», sottolinea Sadler) sopravvissuto a una lunghissima cottura (35 minuti) a bassissima temperatura. Infine un'aria di Grana Padano.
Eccolo, lo Champagne, alle prese con l'accostamento con l'Italia nel piatto, impersonificata dalla pasta ripiena. «Un piatto che dà soddisfazione, perché è gustoso malgrado abbia un prezzo decisamente inferiore a quello di piatti con carne e pesce». Il dialogo tra cibo e vino - vero claim di Identità di Champagne - si esprime nella grassezza dell'uovo, che pretende l'opera purificante delle bollicine, e nell'asparagio, che flirta con le note vegetali del'"R", una cuvée da Pinot Nero, Chardonnay e un piccolo saldo di Meunier che ha nella freschezza, della salinità, della bevibilità i suoi skills. Trattasi di un amore difficile, governato dagli umori dell'asparagio, che increspa (ma solo un po') l'efficacia dell'abbinamento. Che però funziona, funziona.

L'effervescenza di Moreno Cedroni
Piccola pausa e poi si riparte con
Moreno Cedroni, chef della
Madonnina del Pescatore di Senigallia, chiamato a trovare degno compagno masticabile al Blanc des Blancs Ruinart, l'espressione massima del
cuore business di
Ruinart, lo Chardonnay. Un vino grandioso, dal colore giallo dorato con nuance verdognole, che sciorina al naso ricordi agrumati, polposi, esotici, speziato. L'asticella è alta e il riccioluto chef marchigiano prova a saltarla con un tris di crudi. Si parte con un pezzo forte, una delle tante versioni del
susci con la c: lo scampo "che io faccio da vent'anni", dice
Cedroni, facendo un po' il reduce di se stesso. Ma che reduce! Lo scampo è scortato da un pomodoro arrosto e da una vinaigrette di aceto balsamico, olio evo e sale. Qui l'amore è incondizionato e a prima vista. Senza scampo, anzi con.
Secondo atto cedroniano una ricciola, magnificamente declinata, superfemmina, che si sdraia sensuale nel piatto e in bocca conquista con erotica carnosità. Il Blanc des Blancs non si sottrae, e come si potrebbe di fronte a tanta procacità? Si finisce con un omaggio alla Francia, a quell'ostrica che, come ricorda Panaïotis, si accompagnava allo Champagne nel pasto che fu ritratto nel primo quadro con lo Champagne, nella prima metà del Settecento. E quindi un'ostrica in forma di sorbetto, di granita. Cedroni vuole conquistare anche chi la regina dei frutti di mare proprio non la ama (ce n'è, non sappiamo come ma ce n'è), vuole "unire guelfi e ghibellini" e quindi la esalta con dell'aceto di lamponi, e poi ci mette anche la perla, al tè affumicato ed erba ostrica. I guelfi sono felici. I ghibellini pure. Noi? Scriviamo una sola parola: yuppi!