E' Riccardo Gaspari, del ristorante El Brite de Larieto di Cortina d'Ampezzo (Bl), il vincitore della quinta edizione del Premio Birra Moretti Grand Cru, che si è tenuto poche ore fa al secondo piano di Eataly Smeraldo di Milano, nella bella sala del ristorante Alice. Il suo piatto era Pizza Moretti. Con lo chef ampezzano, sul palco dei vincitori anche Valerio Maceroni dell'On the Road di Avezzano (Aq), che con Pecora alla Cottora ha prevalso nel voto popolare (categoria introdotta quest'anno: era possibile votare la ricetta più interessante sul nostro sito, c'è stata una vera pioggia di consensi) e Matteo Rubini di Fm con Gusto di Faenza (Ra), miglior abbinamento con la birra grazie a Pane, birra e lampredotto. Una menzione speciale della giuria per Paolo Griffa, del Piccolo Lago di Verbania, per il suo originale Oink Oink! a base di naso di maiale.
Così Gaspari descrive Pizza Moretti, la cui ricetta potete trovare qui: «E' un piatto tradizionale. Cosa mangiano gli italiani la domenica sera? Birra e pizza! Credo molto nella nostra tradizione, penso che nessuno come noi abbia una storia gastronomica così vasta. Ho voluto "sfidare" l'alta cucina proponendo un piatto che può sembrare banale».

Valerio Maceroni al lavoro. Ha vinto il premio assegnato dalla giuria popolare
Due le novità più rilevanti alle quali hanno dovuto approcciarsi i dieci finalisti, tutti cuochi under 35: da un lato, il tema dell'edizione, ossia l'interpretazione delle ricette regionali - «un territorio rischioso, perché il confronto con la tradizione è un tema complesso, difficile anche per uno chef scafato - commentavano
Heinz Beck e
Andrea Berton, due dei tredici membri della giuria presieduta da
Claudio Sadler - Si rischia di sbagliare». Però, a compensare un maggior grado di difficoltà iniziale, c'era lo spettro più vasto di abbinamenti possibili, grazie all'ampliamento della gamma targata Birra Moretti, «quest'anno abbiamo lanciato sul mercato ben sei nuove birre, quattro regionali e due radler» aveva esordito
Alfredo Pratolongo, altro giurato nonché direttore Comunicazione di Heineken Italia. Insomma: nuovi colori per accrescere le potenzialità del quadro («Ora aspettiamo la birra marchigiana con il finocchietto selvatico», suggeriva
Moreno Cedroni). Sintetizzava
Cristina Bowerman: «Tante potenzialità significa avere davanti a sé un'autostrada. L'importante è non andare a sbattere per aver voluto correre troppo. Per evitare di schiantarsi occorre conoscere perfettamente il mondo della birra».
L'esito, va sottolineato, è stato più che felice: «Abbiamo notato una netta crescita complessiva rispetto alle altre edizioni - hanno osservato Sadler, Viviana Varese e lo stesso Berton - Gli chef che concorrono pensano meglio al piatto, si preparano di più, sono in generale più pronti». Sorrideva Beck: «E' la cosa più bella del ritrovarsi qui: vedere tanti ragazzi che hanno le basi solide per accogliere la nostra eredità». Al suo fianco sogghignava Davide Oldani: «Scopriranno sempre più quanto è duro questo mondo. Ma hanno passione, si impegnano, le premesse ci sono tutte».

A destra, Matteo Rubini, giovane sous-chef romagnolo. Sta impiattando la sua preparazione, premiata per il migliore abbinamento, con l'aiuto di Domenico della Salandra
Un banco di prova importante era quello relativo alla presenza dell'aromaticità della birra nel piatto e all'abbinamento ideale nel calice. Il parola allora ai due sommelier in giuria,
Marco Reitano e
Nicola Dell'Agnolo. «Avrei voluto più tipologie in abbinamento - ha commentato quest'ultimo - Quasi tutti hanno scelto la "regina" Grand Cru, ma non necessariamente puntare sul blasone risulta vincente, non è che il Barolo si abbini con tutto... Perché non si è vista la Zero?». D'accordo
Reitano: «E' stato questo lo scoglio vero, l'abbinamento giusto nel piatto e nel calice». Assentiva anche
Giancarlo Perbellini, un esperto del tema, ha vinto nel 1992 il premio
Chef Européen du poisson con un piatto a base birra, «era una
Zuppa di pesce con sogliole e trota marinata, poi ravioli alle cozze e vongole e ravioli all'astice», ricorda.
Berton secco: «Alcuni hanno proposto ottimi piatti, ma senza che la birra emergesse a sufficienza. Chi invece ha azzeccato il connubio, ha preso il largo in classifica».
Il commento di Sadler, al tavolo vicino, non si discostava: «Qualità alta, ragazzi preparati. Ha vinto chi è rimasto di più nel tema» senza lasciarsi vincere da un entusiasmo giovanile, un po' troppo sperimentatore, che inteneriva però Pino Cuttaia: «Dai piatti si capisce l'età del cuoco. Sono tutti under 35, quindi in un'età in cui si abbandona la fase acerba e si inizia a mettere struttura. Non sono più bambini che giocano con la sabbia, non sono ancora professionisti formati. Ma devo dire che sono complessivamente migliori di quanto fossimo noi alla loro età», merito del maggiore accesso alla formazione e all'informazione.

La giuria pluristellata sul palco dell'Eataly Smeraldo
Contento, ovviamente,
Pratolongo: «Rispetto agli anni scorsi abbiamo voluto chiedere agli chef un solo piatto, in modo che potessero concentrarsi di più. La qualità ne ha giovato. Le nostre nuove birre regionali consentivano poi di giocarsi carte diverse. E abbiamo introdotto la possibilità di fare domande allo chef man mano che i piatti venivano presentati, questo ci ha aiutati a orientarci».
Paolo Marchi in apertura aveva evidenziato i numeri del
Premio Birra Moretti Grand Cru: «Quest'anno abbiamo avuto 125 partecipanti (634 nelle cinque edizioni) e 131 ricette (oltre 800). Si andava al piatto tutto-maiale al vegano. Bene così». E bene per
Gaspari, che succede a
Giuliano Baldessari (2011),
Christian Milone (2012),
Luigi Salomone (2013) e
Davide Del Duca (2014).