Giustissimo andare da Lucio nel mare di Rimini, ma Jacopo Ticchi, executive chef e titolare, non è certo da solo lì all'ex Molo 22, così ben venga l'elenco completo di chi lo affianca, a iniziare dalla Brigata di cucina, così composta: Giacomo Imbalzano, chef; Stefano De Martin, sous chef; Stefano Gasperi, sous chef; Andrea Borroni, sous chef; Emanuele Olivieri, pastry chef; Enrico Fusi, chef de partie; Matteo Mehmeti, chef de partie; Tommaso Locatelli, chef de partie; Ihor Bishko, commis de partie; Diego De Raffale, commis de partie; Yally Al Hassane, plonger; Fatou Mbaye, plonger. Brigata di sala: Leonardo Carfì, maitre; Stefano Cairoli, head sommelier; Andrea Domeniconi, junior sommelier; Piero De Girolamo, bartender; Fabio Gaglianese, chef de rang; Giacomo Pruccoli, chef de rang; Mattia Contardini, chef de rang; Antonella Mottola, reservation manager. Comunicazione Camilla Ingoli, digital & events manager.
Jacopo Ticchi, romagnolo con natali a Cattolica e presente a Rimini, trent’anni, due figli e un ristorante da cinque, è per tutti Lucio perché ha chiamato con un nome proprio il suo locale ed è facile pensare che sia lo stesso che porta. Errore: è quello del primogenito. Lo sa lui per primo e non ci fa più caso. Piuttosto siamo noi che dobbiamo prestare attenzione a dove ci dirigiamo perché si è trasferito dal centro riminese, un ambiente facilmente dimenticabile, al molo che cinge la darsena come un abbraccio., accanto al porto canale.
Primo servizio il 18 settembre, un mese fa, in un ambiente spettacolare in viale Ortigara 80, telefono +39.0541.1612020, vetrate e spazi ampi alla prima curva che fa la banchina in quello che un tempo era il Molo 22. Impossibile non emozionarsi, soprattutto se uno vive in una realtà lontana dalla costa.
Jacopo lo sa bene, tanto che sul menù scrive “Benvenuti in mezzo al mare”. L’effetto è proprio questo, di distacco dalla città portandosi al largo.
E lì in mezzo al mare c’è un progetto davvero ambizioso, tanto che il patron non usa più il termine trattoria, non avrebbe più senso.
Trattoria da Lucio ha lasciato il posto a
da Lucio e basta.
Ticchi ha calato ogni maschera, ammesso se avesse una perché è un tipo franco e diretto, e lancia la sfida, a iniziare da quella legata alla struttura in sé. Nessuno ha mai avuto successo dove è lui ora perché non c’è passaggio, ci devi andare apposta, superando il controllo all’ingresso. E nei mesi estivi sarà tanta la folla e saranno tante le barche ormeggiate, dove si parcheggerà per dirne una?
Però
Ticchi lo sa benissimo, sogna con i piedi ben fissi a terra. Per ricordarne una, sta per inaugurare una pescheria che ricalcherà in pieno la sua filosofia messa al servizio anche dei suoi colleghi. Una fonte economica in più grazie anche a tutti i tagli che ora non può utilizzare in pieno. E se si usa dire che il pesce non faccia pasto, quello che lavora il romagnolo ha consistenze e lavorazioni che gli infondono una forza e uno spessore da carne.
Degustazione e carta. Il percorso, uno solo, a 130 euro, è scandito da sei momenti,

Razza in crosta di pepe nero, chef Jacopo Ticchi
sette se uno prende anche il dessert. Oppure si sceglie tra crudi, pescato del giorno, griglia e forno a legna, perfetto se si vive o si passa spesso sulla costa. Non è il mio caso, quindi menù fisso che poco fa prevedeva un benvenuto con Crescia sfogliata e alghe; Muggine, colatura di alici e tuorlo d’uovo affumicato; Prosciutto di spalla di maiale; Cipolle in agrodolce. Poi il primo atto, il
Crudo con Ricciola, le sue uova e pompelmo; Ombrina, mazzancolla e alghe bollite; Spigola al naturale; Fasolari, portulaca di mare e cachi; Porcini e limoni di mare, dal sapore troppo marcato, acido al

La razza viene servita in una salsa ai pinoli non tostati e alloro
punto da rendere sprecati i funghi; infine Polpo e caffè, polpo crudo, impegnativo come masticata, voluta per fare uscire il cliente da ogni ipotesi di confort zone. Anche no, almeno non così marcata come fuga.
E dal crudo al suo opposto il caldo, iniziando con Crosta perché arriva a tavola una porzione di razza cotta in crosta di pepe nero, salsa ai pinoli non tostati e alloro, accompagnata da una Misticanza al fegato di seppia. Avrei visto bene macinare al

Al momento del capitolo Guazzetto, Ticchi serve un formidabile Brodetto tradizionale
momento del pepe dalle note soavi, preludio ai lavori nel segno della
Brace con l’esaltazione di un Filetto di ombrina con la pelle particolarmente croccante e una Testa di spigola, finocchio e limone salato, che si apprezza ancora di più se mangiata con le mani per poi passare a un Fegato di rana pescatrice, nocciola e tartufo nero e una Cipolla cotta sotto la cenere.
E che esplosione di gioia quanto Jacopo arriva reggendo un grande coccio bollente.

Cappelletti vuoti alla panna e gonadi di seppia
Siamo al
Guazzetto, un Brodetto di pesce tradizionale di inaudita potenza e golosità, con il tutto nel segno di un intenso sugo rosso, al limite della bruciatura, nel quale lo chef aggiunge a crudo ogni possibile pesce da zuppa ma anche cozze & Co., tocchetti che prendono quel minimo di calore per sembrare cucinati, mentre nella fondina che ti verrà messa davanti prima sono disposte mazzancolle, seppioline e canocchie crude, poi versato il brodetto, un autentico e sincero capolavoro.
Mi spiazzerà, subito dopo, Carré di pecora al bbq per planare con l’Intermezzo su una

Carré di pecora alla brace, da Lucio a Rimini
granita al lime che accoglieva delle stratificazioni di pelli di pesci diversi pressati con cura. E la
Pasta arriverà solo allora, in chiusura con Cappelletti vuoti alla panna e gonadi di seppia, noce moscata e macis. Felicemente satollo, per dessert ho optato per un magistrale Gelato al fior di latte di pecora del Montefeltro. Sapendo di essere atteso a cena, mi sono frenato e non ho chiesto la metà rimasta del guazzetto con pane abbrustolito per fare scarpetta.
Da Lucio? Sì, fortemente sì.