A Barcellona, in Paseo de Gracia 132, quasi all’angolo con l’Avenida Diagonal, abbiamo Casa Fuster, la somma di tante, brillanti voci: storia, bellezza e bontà. La qualità nei piatti la dobbiamo a Paulo Airaudo, ristoratore e chef italo-argentino con le radici, e il conseguente tronco, a San Sebastian nei Paesi Baschi, mentre i rami e le foglie spaziano in più direzioni tra Catalogna, Firenze, l’Asia. La storia la dobbiamo invece alla famiglia Fuster che, a inizio secolo scorso, commissionò all’architetto Lluis Domènech i Montaner una casa in puro Modernismo catalano. Fu l’ultimo suo lavoro, arrivato a noi dopo diversi passaggi di proprietà

La Rosa di tonno con petali di ravanelli e una salsa di pomodoro
destinazione. L’attuale versione data 2004 ed è un delizioso hotel di intenso e rispettoso fascino delle soluzioni iniziali.
Airaudo ha chiamato il suo ristorante Aleia in memoria di una figlia Fuster. Occupa al primo piano la sala da pranzo originaria, con da un lato una stanza più raccolta per l’orchestra che allietava famiglia e ospiti e, all’opposto, la sala per il dopo cena, tra distillati e sigari, pensieri e parole. Ai giorni nostri, ci si siede e si lascia il mondo fuori dall’albergo. E proprio per questo che, pian piano, ho iniziato a pensare alle note di un sax, strumento principe per le mie emozioni, che prendevamo forma per

Zuppetta di funghi, anguilla affumicata, foie gras e brodo di prosciutto iberico
scivolare tra le colonne in marmo bianco, le poltrone, le varie sale, le luci e le ombre, e un soffitto unico, jazz sereno, suonato con la mente mentre gusti le portate di un menù unico, più corto a pranzo e più sviluppato a cena, 134 o 172 euro.
Lo cura Rafa de Bedoya, 32enne chef con radici a Jerez e crescita costante e sicura, ad esempio con tappa dai fratelli Roca a Girona. La loro cucina è mediterranea, elegante e ricca, piena di echi della Francia. Non aspettatevi essenzialità e minimalismo, tratti precisi, angoli retti e spigoli. Tutto è fortemente suadente, pensato per far sognare in uno spazio architettonico speciale, figlio di un periodo

Un altro piatto di Rafa de Bedoya: Dentice, uova di salmone
architettonico ben preciso, arrivato a noi perché nessuno vi ha messo mano in maniera arrogante, scriteriata. La bellezza di centodieci anni fa è giunta a noi pressoché intatta e permea ogni momento, un prezioso valore aggiunto.
Dopo cinque deliziosi assaggi, come un gambero in salsa mignonette e una croquette di mare; quindi una stregante Rosa rossa di ravanelli e tonno; Zuppetta di funghi, anguilla affumicata, foie gras e brodo di prosciutto iberico; Dentice, uova di salmone; Rana pescatrice, funghi e tartufi; Quaglia di Bresse in doppio servizio,

Formaggio e patata dolce, un sole nel piatto
prima la sezione centrale farcita, poi le cosce; Formaggio e patata dolce dove abbiamo come un sole adagiato in una ciotola…
Un unico, vero piatto del quale non ho compreso il senso visto in quale città mi ritrovavo e davanti a quale mare: Scampi grigliati con delicatezza e salsa al burro bianco, troppa e troppo coprente, poteva essere tante cose diverse. Cambiando portata, la prossima volta, e questo è un mio eterno desiderio, gusterei tutta la quaglia farcita, collo e sedere compresi. Il piacere continua.

Un curioso ritratto di Rafa de Bedoya, lo chef di Aleia, il ristorante di Casa Fuster a Barcellona