Per tutti, anche lontano da Roma, Luciano Monosilio è sinonimo di carbonara prima grazie alla collaborazione con Alessandro Pipero, poi all’avere aperto Luciano Cucina Italiana in piazza del Teatro di Pompeo, telefono +39.06.51531465. Tradizione e ancora tradizione. Ma l’autunno scorso, questo chef, che ho sempre stimato molto, ha imboccato anche un secondo sentiero che, in comune con il primo, ha solo il trovarsi anch’esso nella capitale. Per il resto diverso il quartiere, diversa la collocazione e diversi il locale e la cucina proposta.

Riso ajo e ojo con riso dell'azienda Oschiena mantecato con olio extra vergine d’ oliva, salsa al peperoncino sotto sale, lastra di aglio dolce e spuma al prezzemolo
Si passa da una situazione pranzo e cena, un posto altamente pop, che lo sarà ancora di più per l’apertura nell’interrato di una enoiteca e cocktail bar aperti fino a notte fonda, a una tutta innovazione e lusso. Il
Follie, questo il nome della novità, è il ristorante gourmet di
Villa Agrippina, il
Gran Hotel Melia al Gianicolo, un 5 stelle lusso che va cercato con un minimo di attenzione, uno spazio dove gli ospiti si rintanano quando nel pomeriggio hanno finito di visitare Roma.

Tagliolini alle erbe di campo e cicoria, con cannolicchi e brunoise di sedani e carote; pasta fatta con soli albumi
Quanto al
Follie, ha bisogno di un rodaggio attento e costante, zero fretta di stupire e di bruciare le tappe. La regola dovrebbe valere per tutti, lì ancora di più poiché non è facile raccogliere clienti perché o uno risiede lì o lo si deve raggiungere apposta, in auto. Non esiste clientela di passaggio e anche questo dettaglio spiega la chiusura a pranzo. E nel capitolo passo giusto e ragionato, è bello sapere che
Monosilio non ha creato due brigate distinte, una per
Luciano Cucina Italiana e una per il
Villa Agrippina. Cuochi e sala girano secondo un calendario prestabilito. In soldoni: tutti sanno fare tutto, ognuno secondo il proprio talento che, purtroppo o per fortuna, non sono mai uguali da persona a persona.

Rolle di coscio e sella di agnello con disco di alici marinate, emulsione di alici e lamponi, servito con il suo fondo
Conosciamoli, a iniziare da
Andrea Fiorentini, direttore dell’albergo. Quindi lo chef, con
Andrea Zucchi chef de cuisine,
Roberta La Piana pasticciera,
Francesco Minotti restaurant manager,
Mario Garofalo maitre e
Valerio Erba sommelier. Appuntamento in una sala vasta il giusto, soffitti alti, librerie, tavoli distanziati il giusto, sedie comode, sembra di cenare nella libreria di un palazzo nobile, molto rilassante. Il resto lo fa quello che il patron ha battezzato
Not ordinary fine dining. E lo è per davvero, con l’ospite invitato a scegliere tra il percorso da 4 portate a 110 euro o quello da 8 a 160. Con una chiara differenza. Il primo si chiama
Per me perché è il tavolo

Panna cotta piselli e wasaby con brodo di cipolle arrosto e sorbetto al rafano
che dà indicazioni alla cucina; il secondo
Per te, perché è lo chef che decide cosa portare in sala.
Lungo e convincente il mio viaggio tra ingredienti nostrani - la spesa è sostanzialmente romano-laziale -, impreziositi da profumi o da classiche preparazioni, come il mole messicano, presi in prestito dal varie parti del mondo. E proprio il Mole, uovo e coratella è stato il solo piatto che non ho trovato in perfetto equilibrio di sapori, con la salsa a coprire tuorlo e frattaglie di agnello. E proprio l’agnello si è rivelato il filo conduttore della serata un po’ come un fiume carsico. Non evidente, però ecco il Tortello d’agnello, panna, pecorino e
menta, l’agnello al tè lapsang, alici e lamponi, lo spiedino con maionese di ostrica e salsa al curry verde. Doppio gran finale dolce con la Panna cotta di piselli e wasabi, poi la Cacio e pere, pere e non pepe… Il piatto che mi ha entusiasmato di più? Il Riso carnaroli ajo e ojo, con salsa al peperoncino e spuma di prezzemolo. Potente e suadente, nulla di gratuitamente aggressivo, i chicchi ben sgranati da loro.
Nota finale per chi a Roma ama celebrare, sempre, ovunque e comunque, almeno un classico pastaiolo: sì, in carta c’è anche la Carbonara Monosilio style.