Tre hotel cinque stelle lusso, tre ritratti per usare l’italiano, tra Roma, Firenze e Milano e uno pensa a chissà quante stanze. Errore: 124 in tutto, 14 nella capitale, poi 37 nel capoluogo toscano, infine 73 in quello lombardo, comprese una ventina di suite. Non sono pochissimi vani a livello di ultima apertura, ma bisogna tenere conto che la famiglia Ferragamo non ha mai pensato per i Portrait a chissà quali volumi. La parola chiave dell’intera filosofia è composta da quattro lettere: casa. I clienti devono sentirsi come a casa, come piedi infilati in una comoda pantofola.

Valeriano Antonioli e don Roberto Rossi, loro la trattativa nel segno di Lungarno collection
E che pantofola, un quadrilatero dalle notevoli dimensioni tra corso Venezia e via Sant’Andrea che dal Cinquecento è stato un seminario, ma che da tempo aveva perso la sua vocazione anche se sempre di proprietà della Diocesi meneghina. Chi era solito passare tra San Babila e corso Venezia avrà di certo notato per quanti anni è stato un parcheggio, e poi quell’ultrasettantenne,
Pedro, che sembrava avesse messo radici lì al civico 11. Bel tipo
Pedro. Sfoggiava un cartello con sopra scritto “Io non sono comunista”, ma forse nemmeno lui sa perché. Lo hanno festeggiato e adesso che la realtà del Portrait è operativa, pur se il cantiere non è ancora chiuso, lui si è spostato altrove.
Difficile se non si entra nella piazza avere idea delle dimensioni, un quadrato di due piani che ospiterà anta negozi del lusso, con l’hotel posto entrando sulla destra, gli spazi comuni al piano terra e le camere al primo. Il tutto da corso Venezia, l’esatto contrario da Sant’Andrea. Si sta allestendo per le feste in arrivo, un albero di Natale alto una quindicina di metri ad esempio, maestranze ovunque ma anche tanti punti e soluzioni che stupiscono per eleganza e bellezza.
La casa del
Portrait meneghino ha aperto in totale sordina mercoledì scorso 23 novembre. Primissimi a prenotare una suite è stata una famiglia svizzera di quattro elementi. Soft opening si dice oggigiorno. Le stanze e i tavoli. Settimana dopo settimana, con il nuovo anno avremo anche il ristorante gourmet che non ha ancora un nome. Lo ha invece quello che tutti, o quasi, chiameranno il bistrot, ma che la proprietà preferisce di gran lunga chiamare casual dining, sulla falsariga del pret-a-porter nella moda. Bistrot sa di fretta, di confusione e anche di ambienti oramai non troppo autentici. Quello che i
Ferragamo e l’amministrazione della realtà alberghiera,
Valeriano Antonioli, proprio non desiderano.

La suite 210 del Portrait Milano, una delle primissime stanze ultimate
Una seconda parola d’ordine è inclusività. E questo concetto legato a uno spazio con due ingressi da due distinte strade, spiega il nome del ristorante presentato ieri. Di nuovo numeri: 10_11. Da pronunciare in inglese:
Ten_Eleven. Numeri civici per un ambiente e una proposta casual che a pieno regime, quindi sia dentro sia fuori, tra giardino e porticato, toccherà i 250 coperti. Anche il bar, dalle prime colazioni al bere lungo la notte passando il pomeriggio per cocktail al caffè e poi quelli alcolici, gran cerimoniere
Andrea Maugeri. Ma è tempo di accomodarsi a tavola, presi per mano da
Alberto Quadrio al quale è stata data una formula uno, con
Andrea Ribaldone, consulente sfumato all'orizzonte. Questo chef piemontese,
Quadrio, ha sviluppato un progetto all’insegna del piacere della condivisione. Ogni piatto viene posto al centro, anche due distinte ordinazioni, lei che chiede salmone marinato all’aneto e composta di mele, lui involtini di verza, ceci e uvetta. Ovvio che se ognuno ordina per sé, basta avvisare e a ciascuno il suo.
Alberto arriva da Gattinara dove è nato nel 1990, una crescita la sua sulle orme di Gualtiero Marchesi, Narisawa a Tokyo e Oriol Castro a Barcellona, Leemann a Milano e Niederkofler in Alta Badia fino a Ducasse che lo avrebbe voluto a New York. Con lui il pasticciere Cesare Murzilli, romano, una laurea in medicina, poi la chiamata della gola. Cuoco all’Osteria Arbustico a Valva (Salerno), Metamorfosi a Roma e Joia a Milano, quindi la svolta, dal sale allo zucchero fino al Portrait Milano.

La mia idea di pasta in bianco
Bel menu ieri, anch’esso ancora un cantiere ma con alcune certezze a iniziare dal condividere e da prezzi tutt’altro che lusso: quattro antipasti 35 euro, dieci in più se vi aggiungi un primo. In particolare, nessun menù degustazione. Tutto alla carta. Ieri una pasta secca iconica per
Quadrio:
La mia idea di pasta in bianco, fusilloni per la precisione, cotti nel brodo di parmigiano 36 mesi e zero burro, cosa che ha stupito tutti.

Filetto di manzo in crosta, chef Alberto Quadrio

Zucca al forno con fonduta di taleggio e patate
Poi
Filetto di manzo in crosta,
Zucca al forno con fonduta di taleggio e patate (valdostane, quota 1200 metri, ndr) cotte intere, quasi una crema.
E per concludere, un ripensare la carta dei dessert. Ieri cinque, sei con bottoni di babà. Si segnala un
Tiramisù alla milanese, per via dello zafferano, e, in particolare, una
Crostata di mele, crumble ai semi di papavero. Golosa, piena e schietta. E così si torna al via: si scende al
Portrait per sentirsi come a casa.