Certo che se chiami un ristorante Trippa, sarà ben difficile pensare di trovare in carta qualcosa che non sia carne, al massimo una libertà in chiave trippe di baccalà, ma si torna sempre al punto di partenza: zero mondo veg. Disco verde per il suo esatto contrario, quinto quarto compreso, che a Milano non è poi così amato come a Roma. Sì, perché l’insegna di Diego Rossi e Pietro Caroli se ne sta nel capoluogo lombardo, in via Vasari angolo Muratori, e forse anche per questo ha subito avuto un successo straordinario. Un’eccezione, più che una regola.

Il Vitello tonnato secondo Diego Rossi. Lui assente al ristorante, quella sera non viene proposto
Trovarvi posto è sempre stata un’impresa. Figuriamoci adesso che bisogna prenotarsi da un giorno con l’altro, cosa che rafforza l’anima di trattoria del posto. Lo si capisce fin dalla lettura del menù che non abbiamo a che fare con un ristorante. Soprattutto quello in rete. Vago come deve storicamente essere in osteria e dintorni rapidi e sostanziosi. Sono davvero pochi i piatti scritti in chiaro: Vitello tonnato (capolavoro assoluto), Midollo alla brace e Trippa fritta. Stop. Questo è.

Diego Rossi: Melanzane alla romana, salsa cacio e pepe, menta
Per il resto nel sito è un trionfo di Zuppa del giorno, Pasta del giorno, Risotto del giorno, Secondo a base di carne, Secondo del giorno… Ci sono i prezzi, spesso delle forbici, da 11 a 13 euro, da 16 a 20, e questo è importante, ma si resta nel vago. Una volta che si è trovato posto, la carta di quella certa sera (sera perché Trippa apre solo a cena, da lunedì a sabato), è meno indeterminata. Lunedì 19 luglio ecco Melanzane alla romana, salsa cacio e pepe, menta; Pappardelle al ragù di capriolo; Coniglio arrostito alle erbe, “caponata” di melanzane perline;

Diego Rossi: Insalata di melone, barattiere, fagiolini, cipolla di Giarratana, basilico
Polpo brasato al vino rosso… I fuori carta sono regolarmente “in base alla disponibilità e all’umore dello chef” e le verdure di stagione “quello che passa il convento”.
In estrema sintesi: decide il mercato e Diego Rossi si adatta. Ma lo stesso chef va ben oltre e non si nasconde dietro luoghi comuni e ovvietà. Tanto che basta ben poco per fargli confessare che la carne la rispetta, la sceglie solo se di primissima qualità (per capirci, i suoi macellai sono Marco Martini in Piemonte e Michele Varvara in Puglia), la lavora e la rispetta. Però non l’ama visceralmente.

Diego Rossi: Zuppa di cipolla di Castrofilippo e Acquaviva, castelmagno e crostini
Il
dottor Trippa adora le verdure, senza per questo essere vegetariano: «Nel mio piatto non mancano mai. Mi affascinano, le studio, coccolo, esalto anche al ristorante. Non le nascondo nelle pieghe della serata, non le considero un contorno. Per me pesce, carne e verdure pari sono, si tratta di viverle in armonia con se stessi e con la natura».

Il Carpaccio di anguria, rucola e parmigiano di Diego Rossi
Lì al civico 1 di via Vasari, un carnivoro e un vegetariano possono cenare allo stesso tavolo, alzandosi sazi e soddisfatti. Il vero problema è uno solo: che i vegetariani non pensano affatto che
Trippa sia anche la migliore trattoria vegetariana di Milano: Melanzane alla romana; Insalata di melone, barattiere, fagiolini, cipolla di Giarratana, basilico; Cipolla di Acquaviva arrosto, pesche

Insalata di pomodori nasone, melanzane e pesto, ennesimo piatto vegetariano proposto da Trippa
nettarine, prezzemolo e nocciola tonda gentile di Langa; Zuppa di cipolla di Castrofilippo e Acquaviva, castelmagno e crostini; Mandilli de sea al pesto…
Poi capita che Diego arrivi al tuo tavolo e a un altro poco oltre con alcuni pomodori e si illumina: «Guardate, è un pomodoro nasone, arriva dal Cavallino, quella lingua di terra che guarda Venezia». Quasi non lo fermi. Ritornerà con un carpaccio, sottili fette tra il rosa e il rosso tenue, sopra rucola e parmigiano. Da

Mandilli de sea, fazzoletti di seta al pesto, un elegantissimo primo della tradizione ligure proposto da Diego Rossi a Milano
provare, una chiara provocazione della Milano da bere, ma anche un grande bel lavoro in cucina: sono fettine di anguria, cotte senza buccia a 180° per una quarantina di minuti, una sopra l’altra. Il peso gioca un ruolo importante e un signor pepe anche.
«Vecchio, sai qual è il mio vero sogno? Aprire un’insegna di Verdure con contorno di carne». Ci sarò.