Parte sulle note di Smoke on the Water dei Deep Purple la performance di Marco Pedron: milanese, classe 1981 e head pastry chef del ristorante Cracco in Galleria. Il che significa seguire anche il lato dolce e lievitato degli eventi firmati Carlo e Camilla in Segheria. «C’è davvero molto da fare e la musica, il rock in particolare, mi accompagna ogni giorno. È il mio integratore naturale. E poi questo brano è diretto, grezzo, senza fronzoli, facile da ricordare. È nella memoria di tutti. Lo impara a suonare chi comincia a strimpellare. Perché si nutre di sole tre note», racconta Marco. Tre, come gli ingredienti principali - farina, burro e zucchero - che vanno a creare gli speciali baci messi a punto dal pasticcere. «L’idea mi è venuta perché volevo fare un biscotto semplice ma non banale. Poi un giorno ho visto Carlo che dava un bacio a Rosa… ». E così sono nati i Baci di Cracco. Una nuova memoria da consegnare al futuro.

Pedron al lavoro sotto gli occhi di Cristina Viggè, che ha condotto le lezioni di Pasticceria Italiana Contemporanea a Identità Milano 2019

Tutte le foto sono Brambilla-Serrani
Baci che prendono spunto dagli arcinoti e iconici baci di dama. Dalle origini piemontesi, ma ormai entrati nell’immaginario comune. Baci che dismettono i loro panni tradizionali, per diventare colorati. Baci che somigliano ai macaron, ma che macaron non sono. Baci che rivendicano il loro essere autenticamente made in Italy. Anzi, nati nel cuore di uno dei simboli di Milano e del Belpaese: la Galleria Vittorio Emanuele II. Alla base della frolla: farina
Petra 9, la “tuttograno” di
Molino Quaglia, e farina di mandorla. «Perché la nocciola sarebbe stata
too much. Invece la mandorla conferisce struttura ma pure delicatezza», precisa
Pedron. Le diverse tonalità sono invece date dai frutti in polvere aggiunti all’impasto, nonché dalle farciture. Che tengono ben salde le due frolle e che sono realizzate con la serie
Inspiration di
Valrhona.
Frolle fragranti, fondenti e fruttate, complici i ripieni alla fragola, al passion fruit, allo yuzu, al lampone e alla mandorla. Con l’aggiunta di un bacio al
Gianduja Noisette Lait. «Come poteva mancare? Però cambia colore e da chiaro diviene scuro, grazie alla presenza del cacao», puntualizza
Marco. Affiancato dalla sua band:
Ilaria e
Carlotta. «Inoltre i baci sono
funny ed
easy. Anche da preparare e da gestire. L’impasto viene steso, quasi fosse una ganache. Poi viene congelato e coppato. Per risultare regolare e puntuale», continua il pastry chef. Che presenta la magnifica mezza dozzina in un cofanetto elegante e minimale. Semplice da trasportare. «È importante che il prodotto non subisca stress. Perché lui viene preparato prima. Fa il sound check. Ma il suo momento rock è quando arriva in bocca. E deve essere in perfetta forma».
Ma rock è anche la brioche di
Pedron. «In realtà si tratta di una via di mezzo fra una brioche e un croissant. Perché sfogliamo quattro chili e mezzo di pasta con un solo chilo di burro. Così risulta più leggera. All’impasto, a base di farina
Nova, poi do la forma di un triangolo rettangolo, che è più semplice da stoccare, e lo arrotolo lungo un lato. In modo da ottenere un’ariosa cornucopia, col rollò ben in evidenza», spiega
Pedron. Che all’uscita dal forno dà anche un po’ di lacca - una soluzione di acqua e zucchero - alla sua brioche. Non solo affinché risulti lucida e brillante, ma perché non sbricioli eccessivamente quando la si mangia.
Si avvicinano più al rock psichedelico e sofisticato dei
Pink Floyd invece i sette (come le note) bisco-cioccolatini che vanno sotto il nome di
Black Notes. «Si tratta di prodotti più complessi. Perché racchiudono tanti concetti in un boccone. Sì, compatto due ricette in una.
Roger Waters diceva sempre: ogni tre battute lasciane una vuota. Ecco, noi abbiamo colmato quel piccolo spazio vuoto». Nasce così una
capsule collection di cioccolatini di carattere. Che esibiscono la medesima forma ma svelano differenti personalità: caffè, marsala e tartufo; banana, whisky e miele; mirtilli, cocco e salvia; limone, lime e basilico; arancia, curcuma e cannella; tè nero e bergamotto; pane e cioccolato. «Uso il pane al farro monococco bio e lievito madre che facciamo in
Galleria», afferma
Marco, rendendo onore alla bellezza e al non spreco.

Foto finale di Marco Pedron con le sue due collaboratrici Ilaria e Carlotta
Ama l’ordine, la linearità e l’essenzialità il pasticcere. Che lavora là, nel laboratorio al primo piano dell’headquarter di
Cracco. Dietro quelle tre lunette che si scorgono alzando gli occhi in Galleria. Una fucina in perenne fermento, dove nascono pure le delizie destinate alla rinata insegna di via Victor Hugo. Che torna in attività, trasformandosi in un bistrot dinamico e contemporaneo (leggi
Primi assaggi al nuovo Carlo Cracco, che torna in via Victor Hugo). Perché la memoria può avere una pelle tutta nuova.