Nato piemontese e naturalizzato torinese, Matteo Baronetto ha la carne impressa nella memoria del gusto e in quella delle mani. Farne il cemento per la costruzione di un’altra memoria, nuova e solida, vuol dire quindi per lui semplicemente «ricordarsi come si fanno le cose che negli ultimi vent’anni ci siamo dimenticati di fare». Restare sintonizzati con la natura, per esempio. «Rispettarne i tempi e gli equilibri, senza mai azzardare forzature».
Anche lui tra gli ospiti di Identità di Carne - nel programma della XV edizione del Congresso di Identità Golose - seppur con un approccio che, rispetto a quello dell’istrionico Diego Rossi (abbiamo raccontato qui la sua lezione), si conferma più classico in cucina e più sobrio nell’eloquio, lo chef del ristorante Del Cambio di Torino si posiziona subito tra i grandi portavoce del buon senso rispetto a questo tema: «Niente caccia alla streghe, per carità. Ma nemmeno eccessi, come per l’alimentazione in generale. Usiamo e sosteniamo solo le carni prodotte in un certo modo, rispettando la filiera».

Matteo Baronetto con Fabrizio Nonis, che ha presentato la sezione Identità di Carne
La “materia prima” per argomentare gliel’ha data - in tutti i sensi - un ingrediente che nessuno è abituato a pensare come tale, e che se però è figlio di un progetto tutto ispirato dalla naturalità ha bene il diritto di acquisire un nuovo passaporto per l’alta cucina: la bresaola.
Il Congresso è stata infatti l’occasione di rinnovare, non certo di inaugurare (il primo approccio era stato proprio nelle cucine di
Identità Golose Milano), l’incontro tra Baronetto e
Giovanni Porro, che nel cuore della Valtellina ha brevettato il suo
Metodo Zero per produrre
una bresaola senza additivi, conservata solo grazie ad una lenta e attentissima salagione.
Lo chef ha scelto quella di Wagyu e le ha costruito attorno un brodo caldo, nel quale intingere ogni fetta di bresaola «per rinvigorire la carne e anticipare l’effetto del suo incontro con la saliva, nel momento in cui sprigiona più aromi», con accanto solo l’assaggio acido ma delicato di una fettina di pomelo.
Non contento, ha tentato un secondo esperimento brasando la bresaola attraverso una lunghissima cottura, con carote e sedano ma senza vino, per condensarne in una salsa tutti gli aromi di carne matura. Mica male, per uno che aveva appena confessato di non averla quasi mai usata, la bresaola.

Giovanni Porro e Matteo Baronetto
Nel suo menu al
Del Cambio, dove è stato chiamato a misurarsi con la secolare tradizione della
Finanziera e di un patrimonio tutto da ripensare con l’equilibrata fermezza del suo pensiero moderno - proprio quell’
Improvvisazione ragionata del suo menu più famoso -,
Baronetto conserva infatti un’interpretazione della carne devota ai tagli classici, che però solo qui non hanno mai smesso di contemplare quell’uso ineludibile delle frattaglie che altrove sembra una miracolosa ri-scoperta del palato e della coscienza: vitello tonnato e agnolotti, sì, dunque, ma sempre anche rognoni e animelle.
Perché anche se a casa lui di carne non ne mangia - «preferisco verdura e frutta e tutto quello che può esser poco cucinato» - e anche in cucina non ha mai tenuto segreta la predilezione per il pesce, quell’occhio di riguardo che ogni giorno rinnova nei confronti della carne se lo porta dietro non solo grazie alle origini iscritte all’anagrafe ma anche a quelle iscritte nella carriera che continua a far di lui uno dei migliori allievi di prima e seconda generazione di Marchesi: basta andare un po’ indietro nel tempo, infatti, per ricordarlo dietro ai fuochi di quel Cracco-Peck dove con la selezione delle carni non si scherzava neanche un po’.

Brasato di bresaola con carote e sedano
E dove Baronetto ha iniziato a intuire le possibilità dell’alta cucina di farsi mediatrice di messaggi verso il pubblico spesso ben prima e ben meglio della ristorazione che si muove ad altri livelli. «Questo al
Del Cambio non è sempre semplice - ammette - perché i numeri sono notevoli e la continuità da parte di fornitori selezionati non è scontata. La natura ha i suoi ritmi, ci crea per fortuna anche degli intoppi. Ma tutto è un’opportunità: bisogna saper cogliere il momento giusto e saperlo spiegare e raccontare».
Adattarsi ai prodotti e alle stagioni, del resto, è un allenamento che a Matteo Baronetto non manca e ancor meno mancherà ora che si prepara alla grande novità del suo 2019: «Portare un pezzo della Farmacia Del Cambio al nuovo Mercato Centrale che dopo Firenze e Roma aprirà anche a Torino».

Bresaola Gio' Porro di Wagyu, brodo e pomelo
L’inaugurazione è già stata preannunciata per questa primavera al
Palafuksas, nella zona di Porta Palazzo, e per
Baronetto - che con
Scabin ne sarà la punta di diamante - si tratterà anche di un esperimento per se stesso e per la squadra: «Varchiamo per la prima volta la soglia di
Del Cambio per una seconda apertura. E lo facciamo a Torino proprio per testare i nostri limiti e le nostre possibilità. Dopo, si vedrà!».