Esaurito l’applaudito prologo di Davide Rampello (“Tutto ebbe inizio lungo il Po”), la mattinata televisiva di Identità Milano ha aperto un’ampia parentesi su Masterchef. Sul palco sono saliti il volto simbolo dell’edizione italiana Antonino Cannavacciuolo e Dante Sollazzo, responsabile dell'Intrattenimento di Endemol Shine Italy, da sempre società di produzione del programma. Li moderava il conduttore Federico Quaranta.
«Masterchef», introduceva Sollazzo, «è un format nato nel 1990. In quasi 3 decenni ha costruito una platea di 300 milioni di spettatori da 200 paesi. Lo ha fatto con una mossa molto innovativa per l’epoca: l’assenza di un conduttore. E la fedeltà a una filosofia particolare perché inedita fino ad allora: Ordinary people doing extraordinary things under real pressure, cioè ‘gente ordinaria che fa cose straordinarie sotto una grande pressione’».
Tre i punti chiave del successo, elencava Sollazzo: «Per la prima volta la cucina non è raccontata alla maniera di un tutorial: il racconto è espresso da gente normale che sogna un riscatto. Hanno fatto scuola anche la riconoscibilità look & feel dell’atmosfera e dello studio coi suoi colori arancio, rosso, legno e lo stile industriale. Così tanto che oggi diversi bistrot ricordano l’impianto visivo di Masterchef. E poi abbiamo contribuito al dilagare del concetto di food porn, inventato un nuovo lessico, imposto da persone comuni che vengono e cucinano».

Il professor Davide Rampello, primo relatore della mattinata
Il momento di
Cannacciuolo: «Fare tv è tremendamente complesso ma anche molto appagante. C’è dietro un gruppo di 150 persone, che lavorano ininterrottamente per noi. Inizialmente temevo un po’ ad accettare perché la tv ti dà tanto ma ti può anche ammazzare: oggi sei un eroe, domani ti affossano. Di sicuro è importante stare bene, a livello mentale ma anche fisico: io mi tengo in forma correndo 50 km a settimana, ho tolto alcol e sigarette. Ho 25 kg in meno ed è tutto il frutto di lavoro, dedizione, allenamento».
«Un altro dubbio che avevo», aggiunge, «era relativo alla possibilità di coniugare tv e ristoranti. La verità è che grazie alla tv ho potuto creare lavoro, educare tanti ragazzi che stanno con me in cucina e che, in qualche caso, sono finiti chef, come Vincenzo e Nicola, i due ragazzi al timone dei nostri Bistrot a
Novara e a
Torino (entrambi con una stella Michelin dal dicembre scorso,
ndr)».
Cosa fai ora che abbiamo finito di chiacchierare? «Torno a
Villa Crespi a fare il servizio».