Varrebbe la pena andare a Lisbona anche solo per la luce magnifica che fascia i colli e la brezza che increspa il fiume Tago in questi giorni. Ma noi siamo spinti da una missione: entrare nel regno di José Avillez, il ragazzo che sta ridisegnando i connotati della cucina portoghese.
A soli 39 anni, l’atteso relatore di Identità Milano (domenica 24 marzo in Auditorium, ore 10.45) è a capo di un gruppo che oggi comprende 20 ristoranti e 600 dipendenti. È accaduto tutto vorticosamente dal 2011, l’anno in cui l’allora enfant prodige di Cascais lasciò Tavares – il ristorante storico (1784) che due anni prima aveva condotto alla stella Michelin - per mettersi in proprio.
Nel gennaio del 2012 apre Belcanto a Chiado, uno scenografico dedalo di stradine tra la Baixa e il Bairro Alto, celebre per aver dato i natali al poeta Fernando Pessoa. Sarà sempre più facile associare il nome del quartiere ad Avillez perché, all’insegna ammiraglia (una stella arrivata quasi subito e una seconda nel 2014), il ragazzo ha aggiunto in breve tempo, nelle stesse viuzze, una pletora di altri locali: poche settimane prima di Belcanto, era arrivato il Cantinho do Avillez, un magnifico locale informale di cucina portoghese (ah, quella tartelletta di pernice!) ricavato in un ex internet café e negli anni successivi triplicatosi al Parque das Naçoes, sempre a Lisbona, e a Oporto.

Belcanto, l'insegna ammiraglia del gruppo Avillez. Da maggio si trasferirà nel civico accanto

Il via alle danze di Belcanto: cocktail Porto Tonic

Belcanto: mini-sandwich di grasso di maiale

Belcanto: Gamberone Carabineiros in due servizi. Prim servizio: con salsa di teste del crostaceo e vescica di baccalà

Belcanto: Carabineiros secondo servizio: testa cotta al tavolo sotto a una crosta di sale e alghe. Da mangiare con le mani

Belcanto: Triglia brasata con riso di seppia, salsa di fegato, caviale di verdure e aioli al nero di seppia
Nel 2013 apre
Café Lisboa, elegante dopo-teatro con gazebo esterno in un’ala del Teatro Nazionale San Carlo e
Pizzaria Lisboa un’insegna di semplice cucina italiana, con tanto di forno Marano, installato per infornare una discreta pizza sottile «Che mio padre, scomparso quand’ero piccolissimo, mi cucinava sempre per farmi felice». Il 2014 è l’anno di
Minibar, accanto a Belcanto:
petiscos (tapas portoghesi), grandi cocktail e musica a stecca, un format 4 anni dopo replicato anch’esso a Oporto, per la gioia dei cugini.
La calma del 2015 è solo apparente perché il 2016 è l’anno del più spettacolare dei suoi locali di Chiado: è il
Bairro do Avillez, una porticina sulla rua Nova da Trindade che schiude un mondo tripartito di oltre mille metri quadri, percorsi da una centinaio di cuochi e camerieri: appena dentro c’è la
Taberna, cucina semplice di prodotto e prosciutti e formaggi di grande lignaggio da portarsi via. Nella stanza dopo il
Patéo, un’agorà che serve meravigliosi pesci e frutti di mare (assaggi un gambero
Carabineros e non vorrai mangiare altro crostaceo in vita tua) e, ancora oltre un’anonima porticina,
Beco, il più originale di tutti. È un cabaret gourmet stile anni Venti ricavato sotto archi a volta, con un grande murales al bancone che ricorda
Dita von Teese. Sul palco frontale si esibiscono cantanti e commedianti e a tavola plana un menu degustazione a sorpresa, sulla falsariga di quello del
Belcanto.
Avillez è dunque un teorico della diversificazione: «La gente ha sempre più voglia di vivere esperienze e di divertirsi, non solo mangiare. È sbagliato sostenere che il fine dining sia morto; semplicemente, sarà sempre più solo una delle tante strade percorribili». Pare di sentire
Ferran Adrià, non a caso stella polare nella primissima formazione del ragazzo e artefice, col fratello
Albert, di un progetto di quartiere simile a Barcellona (
elBarri). Certo, fa impressione vedere oggi il Chiado così tirato a lucido: anfratto un tempo poverissimo, oggi offre infinite possibilità di svago, gastronomico soprattutto.

Bairro do Avillez, tre locali in uno: all'ingresso, la Taberna, charcuterie e formaggi (di pecora, soprattutto)

Bairro do Avillez, secondo ambiente: il Pateo, patio, con piatti di cucina tradizionale di grandi materie prime...

...per esempio, il Carabineiros, cotto all'olio con coriandolo e peperoni

Pastel de nata, simbolo dolce lisboeta
Ma siamo bel lungi dall’esaurire le colonie di
Avillez: un anno fa ha aperto a Campo das Cebolas
Cantina Zé Avillez, due stanze e una terrazza con vista giardino che apparecchia cucina tradizionale portoghese. E tra pochi giorni varerà l’ultimo nato, un altro locale dall’anima duplice: il semplice bancone
Rei da China e il più ambizioso
Casa dos Prazeres, cucina del sud-est asiatico, in partnership col vulcanico argentino
Estanislao Carenzo. Tutto questo accanto al
Pita, due vetrine immolate al celebre pane greco, con condimenti di matrice mediorentale…
E’ finita? Macché. Settimana scorsa ha varato la sua prima insegna all’estero, il ristorante
Tasca, contenuto nel
Mandarin Oriental di Dubai, a Jumeira Beach: «L’ho fatto perché, in termini di cucina, Mandarin è il gruppo di hôtellerie
che dà più garanzie al mondo». Cucina portoghese ambiziosa in un contesto iperscenografico.
Tasca, peraltro, è anche il nome di un altro locale di proprietà, contenuto nel centro commerciale
El Corte Ingles, quartiere São Sebastião. Poi ci sono tutte le partnership allacciate coi colleghi da tutto il mondo:
Cantina Peruana, con l’amico limeño
Diego Muñoz, ex delfino di
Gaston Acurio e vecchia conoscenza di Identità; il messicano
Cascabel, con
Roberto Ruiz e
Za’atar, un concept medio-orientale, tessuto assieme al libanese
Joe Barza.
In tutto questo, è impressionante il fatto che sia lo stesso
José Avillez a occuparsi della creatività dietro a ogni singolo piatto: «È quel che mi tiene vivo», s’illumina, «la mia ragione di vita, con la mia famiglia naturalmente». Un fuoco di tradizioni inesplorate ai più, tenuto vivo da grandi gastronomi maestri come
Maria De Lourdes Modesto o
Manuel Bento dos Santos. Un continuo scavare nel passato per plasmare la materia prima del futuro.

José Avillez fuori dal Minibar di Lisbona: petiscos (piccoli piatti) e cocktail

Avillez è anche produttore: di vino (JA rosso e bianco) e di pesce in scatola (foto)
«Lo sapevi che la tempura è una tecnica portoghese?», ci avevano rivelato i nostri due ciceroni, il braccio destro
David Jesus, un altro cuoco dal futuro radioso e
Monica Bessone, la ragazza che cura sorridente ogni aspetto della comunicazione. E chi lo sapeva. «Siamo stati i primi d’Europa a sbarcare nel Sol Levante. Ma per natura il nostro popolo non ama sbandierare le sue conquiste». Come il Pollo con foie gras e tartufo cotto in vescica, un grande classico della cucina francese del Novecento, che i gallici avrebbero copiato dal Convento di Sao Pedro d’Alcantara, senza però citare la fonte.
Una famiglia di gente riservata, illuminata ma lontana da ogni forma di divismo. Gente che ha colonizzato un intero quartiere: «I locali sono così vicini», spiegava
Avillez, «che ogni tanto vedi i nostri camerieri in strada, portare un dessert da un ristorante all’altro». Li tiene in fila questo stakanovista visionario, amante del rischio, ossessionato dal mestiere. «L’altro giorno ho sognato che non riuscivo a cucinare. Mi sono svegliato tutto sudato».