C'è molta, moltissima Italia, in uno dei ristoranti londinesi del presente e del futuro, one to watch, direbbe la 50Best, un indirizzo in ascesa da tener d'occhio: il Core di Clare Smyth, una nordirlandese classe 1978 che ha passato la sua esistenza professionale in cucine tristellate o giù di lì, chef-patron sotto l’ala di Gordon Ramsey nel ristorante ammiraglia dello scozzese, sulla Royal Hospital road, quartiere Chelsea a Londra; vi entrò 24enne, nel 2002, per poi spostarsi per un triennio al Louis XV di Montecarlo con Alain Ducasse e ancora frequentare tirocini più brevi al Waterside Inn dei Roux e al French Laundry e Per Se, sulle due coste statunitensi al fianco di Thomas Keller (poi il ritorno "a casa" da Ramsay, nel 2008. E se quando se n'è andata per affrontare la sua prima avventura da solista, nel 2016, il locale conservava ancora il massimo riconoscimento della Rossa, una buona fetta del merito è da ascrivere a lei, una ragazza di ferro).

Davide Franco, Clare Smyth e Antonio Acquaviva con Gabriele Zanatta, che ha presentato la lezione
Ma questo è il passato. Dallo scorso primo agosto la
Smyth ha aperto il suo
Core, appunto, dove dicevamo la presenza italiana è assai qualificata. Ha i volti sorridenti e determinati di due pugliesi classe 1986, quello barbuto di
Davide Franco da Trani, che in 92 Kensington Park Road è restaurant manager, e l'altro, di
Antonio Acquaviva da Bisceglie, una delle colonne portanti della cucina.
Li abbiamo incontrati a
Identità Milano 2018, emozionati e orgogliosi sul palco, a raccontare lo stile dell'insegna e un po' - a margine, ai nostri taccuini - anche la loro storia: erano compagni di scuola all'Alberghiero di Molfetta, poi
Davide Franco ha scelto la sala (e si sono persi di vista, ritrovandosi nella capitale inglese) inanellando indirizzi prestigiosi: per tre anni al
Villa Feltrinelli con
Stefano Baiocco, poi il
Trussardi milanese a cavallo tra
Andrea Berton e
Luigi Taglienti, quindi molto oltre confine, al
Dinner londinese di
Heston Blumenthal, al
Marcus di
Marcus Wareing, all'
Helene Darroze.
Acquaviva a sua volta ha tanto estero nel curriculum: dopo l'
Altro Mastai a Roma, ha frequentato le cucine di
Le Gavroche con
Michel Roux jr, del
Metropole di Montecarlo con
Joël Robuchon, quindi al
Fat Duck.
Ora sono entrambi nell'indirizzo di Nottingh Hill, nei rispettivi ruoli. «Da tempo volevo aprire un indirizzo mio proprio, ce l'ho fatta - ha spiegato la
Smyth - L'ho chiamato
Core perché allude al cuore, al centro, al nucleo, al rapporto con le 38 persone con le quali lavoro, tra le quali
Davide e
Antonio, che fa parte della mia stessa brigata ormai da sei anni».
Premessa necessaria prima di raccontare la sua cucina, esemplificata in due piatti, con altrettanti elementi vegetali come protagonisti. Per iniziare, la patata, «sono nordirlandese, la patata fa parte della mia storia. La mia è una famiglia di agricoltori, grandi produttori di patate. La nostra azienda si trova vicino al mare, così i tuberi ne prendono l'aroma». Lei lo recupera aggiungendo bottarga di trota e aringa a una patata Charlotte del Suxxex, «è meravigliosa», poi chips di patate fermentate in aceto, per ottenere
Potato and roe - dulse beurre blanc, herring and trout roe, dove "roe" sono invece le uova dei due pesci, più un beurre blanc all'alga dulse (o kombu) ed erba cipollina.
Dalla patata alla carota, protagonista della seconda preparazione,
Lamb carrot - braised lamb, sheep’s milk yoghurt, ossia
Carota d'agnello - agnello brasato, yogurt al latte di pecora, perché anche in questo caso la
Smyth porta in primo piano l'elemento vegetale. «Quando lavoriamo in cucina, a volte le parti migliori finiscono a noi, o vengono buttate. Un esempio: facciamo un mirepoix di verdure, lo usiamo per stufare o brasare, poi si getta. È un peccato e uno spreco!». La chef lo recupera e lo esalta, «l'agnello diventa quindi solo un accompagnamento. Diamo un nuovo status alle verdure in cucina: sono al centro, con lo stesso impatto degli altri elementi, e ci regalano il medesimo piacere».

Il piatto a base di patata
Per far questo, occorre che siano d'eccellenza assoluta, e infatti la
Smyth non manca di sottolineare l'importanza della sua rete di fornitori, «
Alan, Nick, Patrick, che io chiamo "l'uomo del bosco". E
Chris, colui che mi procura le patate Charlotte, lavoro con lui da tanti anni, è in grado di dirmi per ognuna da quale campo è stata selezionata. Il fattore umano, la relazione con le persone è importante, avevo il dovere di proporre un piatto a base di patata nel mio menu. Le carote invece vengono dalla mia stessa fattoria, le usa in parte per creare una sorta di terra con prezzemolo e aceto di Barolo, l'altra parte viene glassata con una riduzione d'agnello» che nel frattempo è stato cotto classicamente in casseruola, «noi cerchiamo di riportare tutti i gusti alla loro origine. Non vogliamo essere pretenziosi, ma far sì che il commensale stia bene. Sono contenta quando accade, c'è un cliente che è venuto da noi 32 volte in sei mesi».
Lamb carrot, come anche
Potato and roe, fa parte del menu degustazione, «lo proponiamo appena prima del piatto principale. Vogliamo che presto proprio una ricetta di questo tipo, con il vegetale in primo piano, diventi essa stessa piatto principale, ma non ci siamo ancora riusciti. Così come non siamo ancora riusciti a farne uno a base di cipolle. La gente non è ancora abituata».
Clare, Antonio e
Davide ci stanno lavorando.