Il senso di Yannick Alléno per la pasta è l'omaggio di un "Signore" francese, con la S maiuscola, alla cultura gastronomica italiana. Non è usuale che un prestigioso chef d'Oltralpe si metta al servizio della pasta come ha fatto, per ben due volte, Alléno nell'ultima edizione di Identità Milano.
«L'Italia e la Francia sono due paesi vicini che devono camminare insieme perché hanno molte cose in comune da condividere», ha spiegato il tristellato del Pavillion Ledoyen di Parigi e dello Cheval Blanc di Courchevel.

Yannick Alléno e Riccardo Felicetti
E così cucinare la pasta, prima un timballo di spaghetti dal ripieno spiccatamente "français" di spugnole, fegato grasso e tartufo nero, e poi spaghetti mantecati con il tuorlo recuperato da un uovo per 4 giorni nell'aceto di vino bianco, non è un peccato per
Alléno. Uno che già da piccolo aveva eletto
Paul Bocuse come suo idolo, e oggi, a 49 anni, porta a spasso le sue 6 stelle Michelin insieme a un portamento elegante e a quell'aura da "maestro".
«Sono 32 gli chef che ho avuto la fortuna di avere nella mia cucina e adesso sono stellati», sottolinea con orgoglio. Alléno, infatti, non è solo lo chef che ha rivoluzionato ammodernandolo a forza di ricerca il concetto di "sauce" nella gastronomia francese, ma anche quello che non ha alcun timore di dire: «Ci sono cuochi molto più bravi di me».

Alléno con Eleonora Cozzella, che ha presentato l'intero programma di Identità di Pasta
Non può stupire, quindi, il suo concetto di brigata. «Avere una buona equipe, far sentire sempre la presenza dello chef è fondamentale per una squadra che funzioni perfettamente in gran sintonia con lo chef. Nella gestione della brigata non bisogna essere duri, ma esigenti. Il limite, però, è essere rispettosi».
E non è un caso che il suo chef adjoint al Pavillion Ledoyen è Martino Ruggieri, che rappresenterà l'Italia alla finale europea del Bocuse D'Or, un concorso dove la precisione di tecnica e gesti è fondamentale. «Spero che vinca», ha detto sorridendo lo chef ben sapendo che Ruggieri quella precisione l'ha appresa perfettamente.

Alléno con Maddalena Fossati, che ha presentato la sua lezione in Auditorium
Alléno, però, oltre a essere un grande chef e anche uno che sa raccontare e raccontarsi. C'è il racconto di sua nonna, «una donna con 13 figli da sfamare che s'invento il "pollo alla bottiglia" infilando con un ferro da calza il pollame dentro le bottiglie vuote che il nonno, gran bevitore, si lasciava dietro. Bottiglie di cui poi tagliava il collo con una punta di diamante per poi servirci la carne all'intorno».

L'uovo marinato nell'aceto di vino bianco
Ricordo che il francese ha trasformato in uno dei suoi piatti, «ed è incredibile – ammette - vedere la reazione degli ospiti davanti quelle bottiglie». E poi c'è il foie gras. «Lo amavano anche gli antichi egizi – ha spiegato -. L'unica cosa da cambiare per renderlo più sostenibile è l'alimentazione forzata degli animali. Come? Le oche sono molto golose, amano molto mangiare e c'è chi sta lavorando per un ritorno agli antichi metodi di ingrasso in linea con la loro natura con percorsi obbligati disseminati di cibo».

Timballo di pasta con spugnole, foie gras e tartufo nero

Spaghetti mantecati con tuorlo d'uovo marinato nell'aceto di vino bianco
Un pensiero di uno chef che ha deciso di andare controcorrente. «Ho iniziato a lavorare a 15 anni e fino a un certo punto della mia vita non mi sono mai fermato – ha continuato -. Poi ho lasciato Parigi e mi sono chiuso a Courchevel dove mi sono messo a riflettere e studiare in una bolla con pochissimi tavoli dove ho sviluppato con un nucleo di ricerca che si è dedicato alle fermentazioni e alla ricerca sul territorio, un nuovo concetto».
Concetto trasferito a Parigi nel 2014 al Pavillion Ledoyen, ristorante nel cuore dell'Avenue des Champs-Élysées, aperto nel 1792, dove ora impera la cucina francese moderna di Alléno.