«Il gusto è certamente la componente più importante. Se poi c’è anche un’estetica decente, tanto meglio». È salito con queste parole sul palco Paco Torreblanca, pasticciere di Alicante, classe 1951, professionista dolce numero uno in Spagna.
«La vita mi ha dato molto: ho lavorato con Ferran, con Andoni, con Quique…», si esprime in un efficacissimo italiano, ingentilito qua e là da una lieve e piacevole cantilena castigliana. «E’ un onore essere su questo palco. Faccio il pasticciere ma il mio lavoro è anche pulire per terra con dei pezzi di carta in mano». L’umiltà del fattore umano. E sì che potrebbe delegare: «Ogni anno ho 1.400 richieste di colabborazione al Torreblanca Cero, ma scelgo solo 10 stagisti all’anno».
Il viaggio di
Torreblanca in Auditorium parte da Alba: «Vorrei tributare un omaggio alle Langhe e al Piemonte, terre che amo. Farò questo pandispagna al vino rosso; non Barolo, che quello preferisco bermelo. Poi tartufo nero, un pralinato 60/40 alla nocciola di Valrhona». Ne esce un
Savarin alla glassa di praliné, preparazione candida in cui il savarin è bagnato con sciroppo d’acqua e zucchero aromatizzato con cannella, anice stellato, pepe di Sichuan, vaniglia, cardamomo, scorza di limone e pepe.
«Quando arriviamo alla fine della cena, non deve esserci un dolce grasso e con troppi ingredienti: qui ci sono solo 3 elementi». Specifica cui segue un'altra dedica a sorpresa: «
Blanco su
blanco,
negro su
negro, è un omaggio anche a un pittore che amo,
Vasilij Kandinskij».
Menos es más, sottrarre è meglio, è anche il titolo del libro di pasticceria «senza decorazioni», presentato a fine lezione. È la summa del apere di un signore che ha sempre dialogato col lato “salato” della ristorazione, «anche se nella pasticceria tutto è perfetto e pensato al milligrammo, e a me piace così».