«Stiamo vivendo un momento storico particolare, che evidenzia come il fattore umano sia un argomento molto attuale: oggi è sempre più difficile fidarsi e accettare gli altri»: questo è stato il messaggio di Matias Perdomo sul palco dell’Auditorium a Identità Golose. Ancora: «Non ci può essere percezione del valore della libertà se non c’è l’esperienza della costrizione».

Matias Perdomo e Simon Press

Perdomo e Niccolò Vecchia, che ha presentato la lezione
Con questa frase che sembra quasi un aforisma da fissare nella memoria, lo chef racconta come è nato il suo ristorante
Contraste, un posto «dove
costringiamo i clienti a mangiare ciò che noi facciamo, come una dittatura (ma sempre dopo aver scandagliato a fondo i loro gusti e le aspettative, sia chiaro,
ndr). Lo specchio che abbiamo messo come simbolo del locale ci ricorda, ogni giorno, quello che siamo e chi siamo». Prendere coscienza e accettare sé stessi quindi; non avere paura di continuare a fare quello in cui si crede e ciò che si predilige. Nel caso di
Perdomo - e per fare un esempio gastronomico – la sua predilezione per i piatti soprattutto proteici: «Io amo la carne».

Il pesce in crosta di sale e mannitolo, con ninfea di carciofo, crema dello stesso ortaggio, sferificata, pil pil di acqua di vongole e trippe di pesce cotte in olio
A
Identità propone invece un pesce in crosta di sale “con costrizione” perché lo cuoce appunto con il sale, ma gli crea attorno anche una seconda crosta, questa volta dolce, di mannitolo (lo zucchero della manna), molto sottile, che fa un passaggio di pochi minuti nel forno fino a diventare quasi una maschera, un sarcofago.
La parte vegetale la lascia all’argentino
Simon Press, l'altro chef del
Contraste, che ama le verdure e propone una ninfea di carciofo con crema dello stesso ortaggio, sferificata. Il contorno si trasforma e diventa parte integrante del piatto così da avere una «convivenza in un contrasto armonioso» con la materia ittica; spaccata la crosta di zucchero, si esalta col pil pil di acqua di vongole e trippe di pesce cotte in olio.
Fattore umano per
Perdomo è anche dare spazio ai propri tanti collaboratori e alle loro storie:
Ale ad esempio, che faceva l’odontotecnico e in cucina ha portato l’uso del silicone e della cera odontoiatrica per realizzare tanti e diversi stampi a seconda delle varie esigenze; il canadese
Frederick, che si occupa dei dolci e usa l’isomalto per modellare l’ingrediente nella foggia che desidera;
Andrea il ragioniere, che assembla il piatto… Lo chef presenta quindi con loro un dessert, la
Mano de Dios, rievocando la famosa rete segnata di mano, quindi irregolarmente, da
Diego Armando Maradona nei quarti di finale del Mondiale 1986, decise così una sfida ad alta tensione tra Inghilterra e Argentina.
È una zuppa inglese, ma dall’aspetto molto particolare: con la
hierba mate viene realizzata una spugna verde, che rievoca il prato di calcio; un flan alla vaniglia ricorda una zolla di terra, che viene spolverata con la stessa spugna per ricreare una parte del campo… Si aggiungono infine dei puntini di crema pasticcera al cioccolato, una grattata di spugna, una palla di calcio argentata piena di alchermes e, come posata personale, una mano… da mangiare.