Raccolgo con piacere l’invito di Paolo Marchi per parlare di un tema a me, viste la mia passione e la mia condizione, molto caro: la prenotazione, l’accesso e il trattamento delle persone portatrici di handicap nei ristoranti.
Mi muovo su sedia a rotelle da ormai 24 anni, da quando, a 20, sono stato vittima di un incidente stradale. Mi capita spesso di parlare con chi ha la mia stessa passione per la scoperta di un ristorante nuovo, magari dei menu, delle mise en place, dei piatti, e se ci si mette d’accordo per andare a provarlo il quesito finale per i miei interlocutori è obbligatoriamente il seguente: «Ci saranno scale? Ci saranno gradini alti?».
Devo premettere che non ho mai, all’atto della prenotazione, trovato ostracismi sul fatto che io sia su sedia a rotelle. Nei ristoranti super stellati, nei bistrot o nelle trattorie (ma anche nelle pizzerie, hamburgerie ecc.) non ho mai avuto problemi di sorta, anzi simpatia e accettazione totale.

Davide Oldani e Felice Marchioni
D’altronde sono un cliente normale, solo con qualche difficoltà in più. Per quanto riguarda l’accesso, il problema diventa più complesso. Nei ristoranti di nuova costruzione non ci sono problemi. Esiste una normativa precisa che obbliga all’abbattimento delle barriere architettoniche .
Per quanto riguarda le ristrutturazioni e le strutture più datate i problemi talvolta esistono. In questo caso però, esempi di totale inaccessibilità non ne ho mai trovati. A parte un caso, fra l’altro nella mia città, nel bistrot di uno Chef molto mediatico e in questo periodo famosissimo, dove tre anni di ristrutturazione non hanno fornito una soluzione sull’accesso ai piani superiori. Posso accedere solo al bar ma non al bistrot. Nel 2018.
Le toilette, nella stragrande maggioranza dei casi, sono accessibili. Si sono radicate alcune consuetudini, fra le quali mi piace ricordare
Davide Oldani che mi aiutava a uscire dal suo
D’O per superare il piccolo gradino d’uscita. Adesso nel suo nuovo locale non è più necessario.
I tre gradoni all’entrata dell’
Enoteca Pinchiorri di Firenze, solo un cameriere, e adesso? Cosa facciamo? Un suo cenno e sono arrivati altri 5 camerieri (non sto esagerando, 5!), in pochi secondi eravamo dentro al ristorante. Con gli amici del
Luogo di Aimo e Nadia di Milano,
Nicola,
Alberto e gli altri, i tre gradoni di entrata non sono praticamente mai esistiti.

Felice Marchioni con Fabio Pisani, Alessandro Negrini e Alberto Piras
L’unica volta in cui mi sono veramente preoccupato è stato al
Jules Verne di Parigi, situato al 2° piano della Torre Eiffel. Sul sito internet informano che esiste un ascensore privato che porta direttamente nel ristorante e che per accedervi sono necessari solo alcuni gradini. I gradini in effetti sono 10, poi 4 e poi 2. Sono stati necessari: l’addetto alla sicurezza, alcuni camerieri, mia sorella, mio nipote e alcuni turisti impietositi che stavano facendo la fila per salire sulla Torre Eiffel.
Questo ha creato, durante il pranzo, un po' di tensione, perché pensavamo a quando avremmo dovuto scendere. Alla fine è andato tutto bene, per fortuna. All’
Osteria Francescana, finito il pranzo, di solito vado a salutare in cucina. C’è un gradino abbastanza alto da scendere. Mi portano loro. Sono grandissimi anche in quello.
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