Creativa, molecolare, tradizionale, nordica, vegetariana, fusion, tradizionale... Potrei andare avanti ore ad elencare i tipi di cucina. Potrei andare avanti ore con prodotti, ricette, cotture, tecniche...
Staremmo sempre parlando di "come" si fa cucina, di quali sono le tecniche, di materie prime, di ingredienti e lavorazioni. Colori, cotture, impiattamenti, accostamenti: tutto denota un'attenzione morbosa alla presentazione. Tutto deve essere instagrammabile, facebookabile. Il piatto come feticcio, il disegno della pietanza come ennesimo post sui social.
Io qui oggi vorrei parlare invece di "cosa" è la cucina. O perlomeno di uno dei sui fattori principali, fondanti e giustificanti. Vorrei parlarvi della cucina come "piacere". E non sto parlando semplicemente del crapulonico gustare il piatto per ricavarne un piacere Gastro-sublimante.
Vorrei parlarvi del piacere del "cuoco-madre" che nutre con le sue creazioni il nostro stomaco ma anche e soprattutto la nostra mente, che ci fa felici creando a volte qualcosa "solo per noi", che soddisfa il nostro ego seguendoci al tavolo con particolare premura, e di noi, "clienti-figli" che ci lasciamo guidare in piatti della nostra memoria o in sentieri di innovazione gastroludica dal cuciniere di turno.

Vorrei insomma parlarvi del lato psicologico del rapporto cuoco-cliente, ma anche del ristoratore-cliente. Tutto il ristorante partecipa a questo rito, e il maître, i sommelier, i camerieri tutti sono officianti fondamentali di questa cerimonia.
Si sta molto riparlando finalmente di "sala" in questo periodo. Ecco, credo che la sala sia di importanza primaria nell'esperienza di un pasto al ristorante. Al ristorante "vai per la cucina, torni per la sala", si suol dire. Ed è vero.
Sono cambiati i parametri. Oggi il pranzo non è più uno chef e un menu: è, appunto, un'"esperienza". E officianti non sono solo il sacro chef e i suoi sottoposti chierici: è l'ecclesia tutta. Grande lode a chi fa sala bene, dunque. Grande apprezzamento e considerazione.
E per chi fa sala, il fattore umano diventa di fondamentale importanza, con clienti che ti riconoscono, soppesano, apprezzano e considerano. La relazione col cliente si fa più stetta, umana, calda e reciproca. L'impeccabilità della tecnica si fonde con la stretta di mano o lo sguardo veloce ed attento.
Da "feed" a "care". Da "ti nutro buono" a "ti nutro bene".
...e così sia.
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