«Vuoi capire se uno chef stellato è veramente il numero uno? Fagli preparare uno spaghetto al pomodoro!». L’adagio di un vecchio volpone fra i critici gastronomici si traduce nella capacità di rendere grande la semplicità, in realtà solo apparente. Nel mondo della mixologia la frase potrebbe essere tradotta in: «Vuoi testare un barman? Chiedigli un Daiquiri». Tre ingredienti: rhum, succo di limone, sciroppo di zucchero. Facile no? E invece in giro per il mondo si bevono quintalate di Daiquiri, che sanno solo di limone, oppure sono eccessivamente pungenti causa troppo rhum, o sgradevolmente dolci per una sovrabbondanza di zucchero.
Il cocktail, reso famoso da
Constantino Ribalaigua Vert a
La Floridita de L’Avana, è dunque una specie di esame di maturità per i barman. Eppure la sua fortuna sembra essersi spenta nel corso degli anni, dopo i fasti del dopoguerra. A riportarlo in auge ci provano
Luca Gargano, patron delle genovese
Velier, insieme all’amico
Richard Seale, proprietario della distilleria
Foursquare di Barbados. L’idea è semplice: rilanciare un Daiquiri di qualità. Esattamente come è successo al Gin Tonic, grazie alla miriade di prodotti eccelsi spuntati come funghi negli ultimi anni.
Il messaggio è diretto a clienti e bartender. Questi ultimi fanno, giustamente, a gara nella ricerca di gin eccellenti e di nicchia, costosi e ricercati, da proporre a clienti curiosi e interessati alla sperimentazione. Lo stesso non avviene con i rhum. Quelli usati nei principali cocktail a base del distillato di canna da zucchero e in particolare nel Daiquiri, sono spesso prodotti da battaglia, fatti in serie per ottenere grandi quantità e numeri da bevande gassate. Ed ecco nascere
Veritas, un mix di due rhum: il primo di Barbados, distillato da Foursquare in colonna, il secondo jamaicano, da alambicchi discontinui (
Pot Still), della distilleria
Hampden, aggiunto in percentuale, assolutamente segreta, da
Seale.

Ernest Hemingway e il Daiquiri
Tutto viene affinato a Barbados per due anni in botti ex Bourbon. Il risultato è un rhum da “linea” - come lo definiscono i barman - di alta qualità e soprattutto con una spiccata personalità, capace di mettere l’accento al cocktail tanto amato da
Hemingway. Così il Daiquiri assume carattere, profumi e aromi che ne possono fare innamorare i bevitori neofiti e più distratti.

La distilleria Foursquare di Barbados
Ma la sfida non finisce qui. Con il marchio
Habitation Velier sono stati immessi sul mercato prodotti unici – tutti rigorosamente ottenuti da
Pot Still, definiti Pure Single Rum. Nella versione
white, quindi non affinata, sono espressione pura della canna da zucchero e della melassa. Rhum pieni, ricchi di aromi, una nuova generazione per la mixologia. Dalla Jamaica arrivano
Long Pond,
Hampden e
Forsyths prodotto delle distilleria
Worthy Park, da Reunion il rhum agricole
Savanna.
Tutti sono contraddistinti da un alta percentuale di esteri presenti nel distillato: «Gli esteri sono la parte nobile dell’alcol – spiega
Daniele Biondi di
Velier – e conferiscono corpo e sapore. E proprio loro vogliamo ritrovare nei cocktail preparati con questi rhum. La sfida è offrire ai bartender prodotti miscelabili artigianali, non omologati, per superare i liquidi che servono solo a dare apporto alcolico. Con
Veritas e con gli
Habitation Velier bianchi vogliamo proiettarci nel futuro delle miscelazione guardando al passato, che in questo caso significa qualità, tradizione, lunghe fermentazioni e distillazioni sapienti. Prodotti con una precisa identità che possono creare una nuova tendenza: quella dei rhum cocktail di pregio e per tutti i gusti, oggi, purtroppo, ancora poco frequentata. E tutto può ripartire dal Daiquiri. Stesso cocktail con rhum diversi. Per apprezzare il particolare e non farsi omologare».