Dai Best Restaurants ai Best Bars non era semplice: due mondi diversi, regole simili ma dinamiche ed equilibri di altro genere. Eppure il passaggio è riuscito. Nella prima edizione in cui la straordinaria macchina del The World's 50 Best Restaurants ha preso completamente in gestione la notte degli awards targati The Worlds 50 Best Bars 2018, svoltasi l'altroieri al Roundhouse di Londra, la solida formula sul palco che caratterizza il primo evento si è trasferita piuttosto bene sul secondo. Solo qualche sbavatura qua e là, ma il presentatore ha saputo tenere il palco e l'indisciplinata platea dei bartender, sicuramente più caotica di quella attenta e concentrata degli chef.
Cambia la gestione certo ma la classifica non si è spostata più di tanto. Londra vince di nuovo ma stavolta con il
Dandelyan che si alterna al primo posto all’intoccabile
American Bar del Savoy, l'uno e l'altro distano poco più di un km, sulle opposte sponde del Tamigi, nei pressi di Waterloo Bridge. Dal palco
Ryan Chetiyawardana, cuore del team del
Dandelyan, ringrazia e annuncia cambiamenti nel bar, come dire
non ci fermiamo. Terzo sul podio il
Manhattan a Singapore, che di conseguenza trionfa anche come
Best in Asia.

James Wheeler, general manager, e Alex Lawrence, bartender del Dandelyan

Un cocktail del Dandelyan
Si guarda a Singapore - Londra e New York occupano decisamente la parte alta della classifica entrambi con ben 10 presenze e i bar che contano. Come il
Bar Termini a Londra (6°) e a New York, il
NoMad, al numero 4,
Best in Usa, e il
Dante, salito al numero 9. Ma Singapore continua a incalzare. Già presente da tempo nel cuore e nella mappa del bere bene, in questa edizione la città asiatica piazza ben 5 indirizzi e non c’è dubbio che sarà la nuova protagonista del mondo
50 Best. È di soli due giorni fa l’annuncio che la città ospiterà i
World’s 50 Best Restaurants 2019, gli
Asia’s 50 Best Bars nel 2019 e nel 2020, e nel 2021 persino i
World’s 50 Best Bars, che per la prima volta dopo oltre dieci anni lasceranno Londra per diventare così davvero globali.

L'American Bar del Savoy a Londra, giunto secondo

Il maestoso Manhattan a Singapore, terzo in classifica
Tale importante accordo con il
Singapore Tourism Board non solo lancerà definitivamente la città nell’empireo mondiale della gastronomia, ma le ha già consentito di poter essere dichiarata capitale asiatica della miscelazione. Svecchierà una certa impostazione eurocentrica (New York non conta. New York è New York) per guardare a più continenti. Ne vedremo insomma delle belle. Non è un caso se tra tutti i nomi che sono emersi, uno decisamente continuerà a crescere: al numero 13, vincitore del riconoscimento come
Highest Climber con un salto di ben 34 posizioni, è il singaporiano
Native, guidato dal talentuoso
Vijay Mudaliar.

Il bancone del Native a Singapore...

...e quello del Tippling Club, sempre nella città-stato asiatica
Bello il concept con cocktail realizzati esclusivamente con ingredienti e spirits asiatici. Una sfida, con qualche curiosità da scoprire in carta. Persino il drink a base di formiche locali, per raccontare sostenibilità e cucina del futuro. Un link con la cucina che potrebbe creare un crossover velato tra le due classifiche (anche se le
academy dei votanti sono diverse). Altro premio che guarda a Singapore è di certo quello a
Joe Schofield, parte del team del
Tippling Club, creatura dello chef Uk
Ryan Clift (58° in lista).
Joe collabora con lui anche sul progetto di consulenza
Sensorium ed è stato premiato come “
Bartender dei bartender”. Nel 2019 aprirà un bar che porta il suo nome a Manchester. Anche qui aleggia il legame con la cucina.

Un cocktail del Jerry Thomas a Roma
L’Italia c’è ma non si vede - L’Italia c’è ma non si vede a questi
50 Best Bars 2018. Siamo nella seconda parte della classifica. Nelle posizioni tra la 51 e la 100, già svelate nei giorni scorsi, il pioniere
Jerry Thomas di Roma era sceso di parecchie posizioni al numero 52 (era al 33 nel 2017), mentre lo storico
Nottingham Forest meneghino di
Dario Comini, per anni nei primi 50, resta appeno al filo del 99° posto. Segnale della volontà di un rinnovamento in classifica. E in effetti qualche scossone c’è stato, con l’ingresso al numero 80 del
1930, lo speakeasy di Milano della premiata famiglia del
Mag.
Nei giorni scorsi avevamo sentito
Flavio Angiolillo, uno dei cuori pulsanti del progetto:
«Siamo molto contenti di essere entrati in lista, ma è il risultato del lavoro di alcuni anni e di tutta la squadra. Di sicuro pensavamo che il
1930 fosse unico al mondo e siamo contenti sia stato riconosciuto il lavoro di qualità che stiamo facendo e che continueremo». Sul motivo per cui i bar in Italia siano così pochi nelle classifiche internazionali,
Angiolillo ha una idea precisa: «È un momento importante, questo in cui dobbiamo far accendere i fari su Milano e Roma e non solo Londra e Parigi o l’Asia. Per ora non è accaduto, e quindi nessuno sa quanti bar ci sono in Italia al livello di alcuni che vedo in lista e che meriterebbero l’ingresso. Manca a volte una visione più ampia da parte dei nostri locali, che preveda un investimento nel management da una parte e nelle pubbliche relazioni dall’altra e che faccia conoscere il locale e il lavoro che fa. Noi con i nostri locali da anni abbiamo lavorato su questo».
E se di bar italiani ce ne sono pochi in classifica, tanti invece sono gli italiani che lavorano all’estero, e nella parte alta della lista. Tra tutti spicca il team italiano di
Agostino Perrone al
Connaught Bar di Londra o il
dream team made in Italy del
Dandelyan con
Enrico Gonzato, Alfonso Califano e
Veronica Di Pietrantonio. O ancora
Cristian Silenzi del
Savoy, ve lo abbiamo raccontato qui, prima che il locale dove lavora scendesse di un gradino sul podio:
Chi è Cristian Silenzi, bartender italiano del miglior cocktail bar del mondo.
Bar sostenibili, leggende e nuove mete - Dai 50 Best Restaurants derivano alcuni premi come il sorprendente Sustainable Bar dato all’Himkok di Oslo, in Norvegia (19°), impegnato contro lo spreco. Il Best New Entry va a Hong Kong con The Old Man, al decimo posto, segno che la città è ancora competitiva nonostante un certo appannamento su scala globale. Londra registra anche 4 nuovi ingressi in classifica con il Coupette (18°) appena aperto, lo Scout al 28° posto, Three Sheets 29° e infine Swift al 46° posto: è chiara la dinamicità del panorama britannico. L’America Latina resiste con alcuni importanti riconoscimenti come il One to Watch al Carnaval di Lima in Perù, che è in classifica al 68° posto. Al Connaught di Londra, sceso di un posto e quinto in classifica, va il premio Legend of the List.

Il Connaught di Londra, premio Legend of the List
E a proposito di leggende, c’è stato anche un momento di commozione sul palco per il riconoscimento come
Icon of the industry a
John Lermayer, fondatore dello
Sweet Liberty (21°) di Miami, e uno degli animatori della città americana dall’anima latina, purtroppo venuto a mancare nei mesi scorsi. Miami non è la sola città Usa presente, San Francisco ha 4 bar in lista e Chicago fa il suo esordio con
Lost Lake al numero 50. In Europa, la Spagna si difende bene con l’ottimo
Paradiso di Barcellona che entra nella top 50 al posto 37, e il
Salmon Guru di Madrid (47°) guidato dal bravo
Diego Cabrera. Parigi è alta in classifica con 3 bar:
Le Syndicat al 24°,
Little Red Door (33°) e
Candelaria al 42°. Atene rimane presente con ben due locali, il
Baba Au Rum (22°) e il fenomeno
The Clumsies (7°).