Parliamo da una pizza storica, quasi un cliché nella sua essenza, ma imprescindibile nell'intraprendere questo nostro viaggio tra i formati e le tipologie. Stiamo parlando della pizza fritta, la "parente povera" (?) della pizza napoletana, definita l’oro di Napoli - e non a caso protagonista dell’omonimo film del 1954 girato da Vittorio De Sica, che in un certo qual modo ha riportata in auge questa icona dello street food partenopeo.
In uno degli episodi di cui si compone il lungometraggio troviamo la prorompente Sofia Loren nei panni di una pizzaiola che vende pizze fritte per strada, con la formula “oggi a 8”, ovvero con pagamento dopo 8 giorni. Trasposizione realistica della Napoli del Dopoguerra, quando le mogli dei pizzaioli aiutavano il bilancio familiare vendendo le pizze fritte fuori dai bassi (le abitazioni napoletane con affaccio per strada) e, nello stesso tempo, offrivano ai passanti un pasto economico e nutriente. Nulla di più semplice, anche perché quello che occorreva era una padella solitamente posta fuori dall’uscio, dove friggere le pizze con lo strutto (ovviamente, più a buon mercato dell’olio). Le pizze si ottenevano dall’impasto avanzato della classica napoletana, si mangiavano così appena scolate sulla carta o ripiene di ciccioli di maiale, ricotta e pepe.
In poche parole, nella sua lunga tradizione da street food, potremmo definire la pizza fritta una sorta di cibo di recupero, che nel tempo è stato ed è diventato una vera specialità napoletana con radici profonde nella tradizione gastronomica della città e con una storia affascinante che la rendono unica.

Sofia Loren pizzaiola (di pizza fritta) ne L'oro di Napoli
Nell’immaginario collettivo la pizza fritta si lega alla figura della
Loren in rappresentanza di un mondo femminile che si appropria di questo tipo di lievitato. E le donne pizzaiole rappresentano infatti una parte fondamentale della storia della pizza fritta, avendo contribuito a diffondere questa specialità per le strade della città e mantenendo viva una tradizione che si tramanda da generazioni. Tra i tanti falsi storici del cinema, il film in questione svela un’importante verità: a preparare le pizze fritte nei vicoli di Napoli per integrare i magri introiti famigliari, a quei tempi erano soprattutto le donne. Eppure oggi quello della pizza sembrerebbe a prima vista un mondo sostanzialmente maschile, ancor più di quello dell’alta cucina.
Tra le pizzaiole storiche e più celebri dell’epoca c’era Concettina Flessigno Oliva, la bisnonna di Ciro Oliva, che vendeva pizze fritte fuori dal suo basso e a cui il bisnipote ha dedicato il noto locale Concettina ai Tre Santi, nel rione Sanità; un altro celebre esempio è zia Esterina Sorbillo, anche lei pizzaiola specializzata fin dall’età di 14 anni e capostipite dell’impero di famiglia. E poi c’è il nome di Fernanda Miano, detta ‘A Pizzaiola, una delle figure iconiche dei Quartieri Spagnoli a Napoli, da poco scomparsa all’età di 85 anni. Capostipite di tutte le pizzerie fritte a Napoli è però l'antica pizzeria De' Figliole a Forcella, fondata addirittura nel 1860 da una donna e ancora oggi gestita da donne, le tre eredi, Giuseppina, Immacolata e Carmela Apetino.
Nel tempo, questo binomio donne-pizza fritta non è mutato, anzi si è rafforzato con protagoniste moderne che hanno continuato a lavorare e valorizzare la tipologia, rivisitandola anche in chiave gourmet e facendola diventare un vero e proprio capolavoro gastronomico. Basta chiedere a Isabella de Cham.
Lei, napoletana verace (non fatevi ingannare dal cognome), solare e sorridente, è da sempre innamorata della pizza. Non la classica: proprio quella fritta. E tanto per complicarsi la vita ha deciso di dedicarsi “anema e core” a questa preparazione. Si racconta così: «La pizza fritta è sempre stata considerata la sorella povera della
Margherita, così la mia scelta in modo istintivo è caduta sulla pizza meno nobile. Sapevo che avrei dovuto fare il doppio della fatica per portarla ad avere piena dignità. Così ho iniziato un mio percorso, cercando di sviluppare una tecnica personale, quella che avrebbe dato carattere e personalità alla mia offerta». Dopo un periodo di studio e di pratica tra le varie pizzerie di Napoli il grande salto è avvenuto nel 2017, quando ha deciso di tornare nel suo quartiere, Sanità, per aprire una sua locale, esclusivamente di pizza fritta che porta il suo nome:
Isabella De Cham.
Oggi possiamo dire che
Isabella è la regina indiscussa di un settore già considerato di serie B ma ora, grazie al suo lavoro, pienamente rivalutato. La
De Cham è approdata anche a Capri, a Ibiza e partecipa a eventi sparsi per l’Italia; nel 2022 è stata inserita tra le otto friggitorie certificate dall’
Associazione Verace Pizza Napoletana. Anche
Isabella è sostenitrice del girl power: «Ho voluto circondarmi di donne perché in questo mestiere sono sempre poche e non riconosciute. Facciamo un lavoro "maschilista", ma a mio avviso lo facciamo anche meglio, anche perché sappiamo di dover dare il massimo, di dover dimostrare che siamo forti. E noi donne siamo anche veloci, più precise, perfezioniste, quasi maniacali... Non manderemmo mai a un tavolo una pizza venuta male!».
Ma
Isabella De Cham non è la sola, con lei a Napoli c’è anche
Teresa Iorio, una delle prime pizzaiole partenopee a diventare mediatica ben prima dei social grazie alla sua pizza fritta. Figlia d’arte, come molte pizzaiole campane del resto, ha scelto a sua volta di dedicarsi alla pizza fritta e portarla nel mondo, ed è titolare del locale
Teresa Iorio Femmena e Fritta a via Olivares. Ma sulla
Iorio non ci dilunghiamo oltre perché ne abbiamo già parlato recentemente, qui:
Teresa Iorio, due volte iridata e una certezza: «La pizza è femmena».
(5, continua)
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