A trovarlo quel nome, ci ha messo un anno intero. Pensa e ripensa, e poi tac, Spicchi d’arte. Gli è parso un colpo di ingegno e un manifesto programmatico insieme. Certo, un sacco ambizioso. Come del resto la nomenclatura delle pizze: Il bacio di Klimt, Van Gogh. Per fortuna ci sono la Polpo scoppiato e la Tricase porto, a riportare i piedi del menu per terra dando tregua al genio austro-olandese. Ma quel nome, piaccia o no, un senso per il pizzaiolo che l’ha partorito ce l’ha eccome. Per Ippazio Ricchiuto misura il desiderio di emancipare la pizza dalle sciatterie che rendono il rapporto numero di pizzerie-qualità delle stesse, eternamente deficitario. Di ribaltare i termini di quel rapporto e di mettere le mani in pasta, ma anche il cuore e la testa, producendo un capolavoro di pizza. Di riscattare il simbolo del cibo italiano nel mondo, troppe volte inabissato nelle riproduzioni seriali di stampo industriale. Perché se è vero che niente rende più felici di una pizza – vedi l’indagine Doxa/Deliveroo condotta nel 2019 in occasione della Giornata mondiale della felicità – è vero anche che quella felicità non è perfettamente rotonda se il disco di pasta è biscottato, gommoso, e farcito con materie prime così così. Come spesso accade.
Siamo a Tricase, capitale salentina che conta un ragguardevole numero di indirizzi golosi che da soli varrebbero il viaggio, se non fosse che anche il mare non scherza. Spicchi d’arte si trova fuori dal perimetro del centro storico, lungo un’arteria urbana che non è ancora periferia. Il pizzaiolo, classe 1990, porta il nome del patrono di Tiggiano (Lecce), poco distante da qui. È il paese natale di Ippazio Ricchiuto. Sposato a 21 anni. A 18 era già papà di Arianna. In mezzo alla farina, mozzarella e pomodoro, praticamente c’è nato. Spicchi d’arte è il suo sogno realizzato, un anno prima di compiere i 30. “La mia pizzeria è nata il 21 marzo 2019, il primo giorno di primavera. Centoventi posti, pieno tutte le sere, dal primo giorno in cui siamo aperti. Un miracolo”. Anche feriali? “Feriali, di quelli parlo. Nel fine settimana quei posti si moltiplicano per tre turni. Una cosa che mi commuove. E che ogni volta, quando alzo la testa dal pass guardando la sala davanti a me, ancora fatico a credere”.

Chardonnay: crema di zucchine, fiordilatte, porcini trifolati, gamberi sfumati allo chardonnay, aria di gamberi, riduzione di chardonnay, julienne di zucchine

Il Bacio di Klimt: crema di zucchine, crema di patate gialle e viola, crema di barbabietola, pois di crema di peperoni gialli, datterini aromatizzati, melanzane zucchine e peperoni grigliati, germogli e birrata barese
Il segreto dello chef, mica troppo segreto? Cornicione alto, aereo, dalla testura incredibilmente
crunch. E poi le super-farciture, abbondanza super-meridionale. “Il nostro è un impasto diretto, con il 68 per cento di idratazione e un minimo di 48 ore di lievitazione. È l’unico impasto che facciamo e chiaramente non è di fattura napoletana: abbiamo cercato una via mediana per saziare il gusto del croccante che da queste parti è molto spiccato. C’è tanta tecnica, nella fattura dell’impasto, nel controllo delle temperature, nella stesura”.
Ricchiuto, come spesso si legge nel curriculum dei pizzaioli, ha cominciato ad allenare i muscoli al mestiere che era ancora un ragazzino. Con due
Luigi a fargli da maestro:
Ricchezza, il primo,
Luigi Conti l’altro, presidente della scuola nazionale italiana pizzaioli. Lesto di mano, ma anche di piedi e di bacino, sulle prime ha unito la passione per la
breakdance in cui si esercitava da bambinetto per le strade del paese ai lanci del disco di pasta, acrobazie da
freestyler che lo hanno portato a girare il mondo fino agli States e collezionare una manciata di premi. Ma la scuola, quella vera, è stata tutta italiana. “Educazione siberiana”, la chiama, due anni a Udine in una piccola pizzeria da asporto e delivery: “Facevo tutto, dico tutto, da solo. Impasto, stesura, topping, confezione, proprio tutto. Tranne le consegne (
sorride). Numeri da matti quante le ore di lavoro giornaliere. Di quelle esperienze, superate le quali, sei pronto ad affrontare il mondo”.
Il giro del mondo, per Ippazio Ricchiuto, si è compiuto entro il perimetro delle coste salentine. Tornando a casa. E la pizzeria che non è proprio centro ma nemmeno periferia, stracolma tutte le sere, è il capolavoro compiuto insieme a un team che conta dodici bomber fra sala e cucina, fra cui Alessandra, compagna di vita e di lavoro del pizza-chef. “Quando sento dire tutti importanti nessuno indispensabile, mi stringo nelle spalle. Che frase è? Dove mai sarei arrivato io senza tutti loro?”.

Giuseppe Alessio: fiordilatte, mortadella, stracciatella, punte di cicorie croccanti, glassa di aceto balsamico, spolvero di tarallo pugliese

Il pizzaiolo Ippazio Ricchiuto, titolare di Spicchi d'arte dal 21 marzo 2019
Superfarciture, dicevamo. Come definire altrimenti la
Van Gogh, ovvero un fuoco di fila di crema di zucchine, fior di latte, capocollo di Martina Franca, crocchette di patate (fritte) e burrata barese al centro? Una prova muscolare, dietro al pass ma anche al tavolo. O la
Polpo scoppiato: crema di stracciatella, polpo piastrato e glassato, spirale di rapa rossa, crocchette caserecce, capperi scoppiati, germogli di basilico, datterini aromatizzati. Ovvero la
Figliata: pomodoro, crudo di Parma, datterini gialli, olive nere disidratate e Figliata al centro (ovvero 250 grammi di mozzarella con un cuore di circa sette mozzarelline inside). Un troppo che stroppia? Non per gli avventori di
Spicchi d’arte, che apprezzano quel cornicione che non s’ammoscia nemmeno con lo Scirocco, la golosità del topping e la qualità dei latticini – l’azienda è
La Saracina di Noci. Un mix che misura la differenza, a partire dall’impasto: quello ha meritato il plauso di
Antonio Guida, salentino di Tricase. “
Guida? Lui ha ordinato una
Marinara”, Ricchiuto sorride, “me lo aspettavo che avrebbe fatto una richiesta per sottrazione”.
Less is more, diceva quello.
Spicchi d'Arte
via Papa Pio X, 3
Tricase (Lecce)
Prezzi: pizze 4/18 euro
Chiuso martedì, aperto solo la sera