Aperto è aperto, dopo dieci anni di lavori profondi e certosini, ma il cantiere non è stato ancora rimosso completamente, bisogna muoversi con passo attento nella seconda perla della collezione Romeo. Dopo Napoli è, comunque, quasi pronto il 5 stelle lusso di Roma, quello progettato dallo studio Zaha Hadid Architects, con il terzo previsto nel corso del 2025 a Massa Lubrense in Campania.
Il Romeo della capitale sta in via di Ripetta 246, ben pochi passi arrivando da piazza del Popolo. Di pronto c’è il ristorante Alain Ducasse, parte della

Il giardino dell'hotel Romeo a Roma
spa e diverse tra camere e suite, 74 in tutto, il resto sono lavori (di rifinitura) in corso.
L’edificio è del Seicento, ma scavando è riemerso un porto dell’epoca romana, la testa di Livia Drusilla, moglie dell’imperatore Augusto, e molto altro ancora. Gli architetti hanno dovuto superare circa 250 vincoli paesaggistici, monumentali, artistici e così via. E dire che quando nel secondo dopoguerra gli spazi vennero occupati da uffici dell’Inail nessuno

Particolare della sala da pranzo del ristorante Alain Ducasse all'hotel Romeo di Roma
ebbe da eccepire su pavimenti in linoleum e altre sciccherie, si sono invece messi in moto non appena è arrivato chi avrebbe messo mano al tempo e riportato in vera vita tutto.
Davvero un lavoro impressionante perché è come se a Roma fosse atterrata un’astronave. Alfredo Romeo non ha voluto l’ennesimo belvedere dal quale ammirare la città eterna, da terra al cielo. L’esatto contrario. La natura, e tutto quanto costruito nei secoli tra il Tevere e i sette colli, rimane fuori. A parte il terrazzo sul tetto, che non avrà più la

Carpaccio di carciofi violetti della Puglia e ostrica
piscina, nel segno di
Krug, chi vi entra e vi soggiorna è perché intende isolarsi da Roma, in pratica non vederla proprio.
Marmi, pietra lavica e legni pregiati, opere d’arte che attraversano il tempo, gli angoli ridotti al minimo per lasciare più spazio possibile a onde su pareti, muri e soffitti, un vedere e non vedere, movimenti difficili da immaginare senza avervi mai messo piede, cosa che sarà per pochi. Escluso il ristorante Ducasse, aperto a tutti, esterni e interni, cinque sere la settimana, da martedì a sabato, chef francese, Stéphane Petit, in una brigata di dieci figure, tutti italiani salvo un danese, ogni altra attività è

Puntarelle della campagna romana, colatura di alici e crema di bufala
riservata a coloro che alloggiano lì. Dalla prima colazione, curata dal team
Ducasse, al bar, dal centro benessere al ristorante dell’albergo, con tutt’altro cuoco, e via così.
Una curiosità tra tante, legata al numeri delle stanze, di quattro cifre e la prima non indica il piano, come ovunque, bensì lo stabile. Uno pensa infatti sia unico, invece è la somma di tre tetti. Per conoscere il piano bisogna quindi considerare il secondo numero. Quindi la 3209 sta per la camera 9 del secondo livello della terza parte.

Tagliolini e tortellini, senza e con tartufo bianco
Il
Romeo stupisce e riserva tante belle sorprese e verità, molto marcate. Nulla sottotraccia. Chi lo ha voluto, ama parlare di lusso consapevole che io leggo come intelligente, non pacchiano e poco ostentato. Chi è abituato a sbandierare i loghi più luccicanti meglio scenda altrove. Il
Romeo va capito. La stessa cena di lunedì 16 dicembre aveva alcuni protagonisti evidenti,
Stéphane Petit ad esempio e la sua pasticciera,
Giorgia Compagnoni che, a dispetto del cognome, è marchigiana e non

Sella di capriolo toscano "grand veneur", cavolo verza e oxalis
valtellinese, e altri più discreti:
Martin Pitarque è il corporate chef del gruppo
Ducasse,
Douglas Oberson il pastry corporate chef,
Bernard Neveu l’executive chef sommelier e
Olivier Guénot il tableware manager con una passione per i coltelli, che colleziona.
In pratica, quando il genio francese apre un suo nuovo luogo chiama sul posto la sua guardia perché nulla sfugga. Certo che sarà impegnativo far capire a chi si accomoderà che il menù è uno e uno solo, nove portate più

Cioccolato e caffè della Manufacture Alain Ducasse a Paris, gelato al grano saraceno
tante coccole salate e dolci all’inizio e al termine. Due piatti da incorniciare e uno da applaudire per la sorpresa. Il migliore in assoluto, non solo per il sottoscritto, le
Puntarelle della campagna romana, colatura di alici e crema di bufala, con l’insalata grigliata, lontanissima dalla tipica insalata aglio e acciughe. Poi ha brillato il
Carpaccio di carciofi violetti della Puglia e ostrica Scordovari del Delta del Po.
Ma aperto il menù tutti a chiedersi cosa fosse mai quel primo di Tagliolini
e tortellini al tartufo bianco. Tagliolini o tortellini? O uno o l’altro, di regola. Per una volta no, siamo all’eccezione che poteva arrivare solo da chi non è italiano, con ravioli finissimi, dei bottoni grandi come l’ultima falange di un mignolo. Il connubio è risultato simpatico, due consistenze diverse, un giocare oltre il gusto in sé.
E la mattina a colazione, guai non ordinare la Cookpot di uovo "come una carbonara", un inno alla scarpetta, con un gusto che va oltre alle classiche
uova strapazzate con il bacon, che trovi ovunque.
Meno di un mese, il cantiere chiuderà definitivamente e il Romeo si alzerà in volo.